
Il centrodestra alla Almodovar. Sull’orlo di una crisi di nervi. I tre transfughi da Forza Italia alla Lega hanno portato in superficie i conflitti sotterranei tra le varie forze politiche dell’area conservatrice. Il tema saliente però non è né lo scontro tra partiti e né l’intelligenza con il nemico: la vera partita è sul far pesare il proprio consenso politico oltre l’effimera gratificazione della Likecrazia.
Il governo, con il provvedimento su Mediaset, ha mandato segnali distensivi al leader azzurro Silvio Berlusconi, che ha ricambiato con una disponibilità al dialogo. Non è escluso che – stante i colpi di coda mediatici anti-Cav dei giustizialisti in servizio permanente effettivo – Forza Italia stia già condividendo una serie di passaggi politici con l’attuale governo, in nome di una compartecipazione che ha un senso soprattutto per i numeri risicati al Senato della maggioranza, a rischio se dovesse implodere il M5S e dovessero andare all’opposizione i parlamentari vicini a Di Battista.
L’irrilevanza dei sovranisti
Mai in Italia c’è stata una opinione pubblica così schierata a destra, su posizioni identitarie, anti-tasse, reazionarie in varia declinazione. Eppure questo 40% di italiani che guardano con favore a Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno un peso di governo nelle regioni ma non nelle dinamiche nazionali o europee. Non hanno abbastanza rilevanza sui grandi temi dell’attualità politico-culturale, sono corretti ad essere remissivi e senza strumenti nella contesa contro il politicamente corretto.
Sarebbe troppo facile richiamare la Prima repubblica e il ruolo centrale del Psi di Bettino Craxi con a volte nemmeno il 10% dei voti. I consensi non si contano, si pesano. E i sovranisti non pesano abbastanza.
L’arrivo delle risorse Ue da spettatori?
Nei prossimi mesi arriveranno le risorse europee per contrastare la crisi causata dalla pandemia. Perché i sovranisti si autoescludono da ogni ipotesi di condivisione di responsabilità? La strada maestra non è una bicamerale o un artificio parlamentare, ma il superamento dell’esperienza del governo Conte, per testate una formula politica che abbia al centro l’interesse nazionale: non un “inciucio” ma una divisione delle responsabilità che arginerebbe la conventio ad escludendo nei confronti dell’area patriottica e mitigherebbe l’ostracismo dei più partigiani a sinistra, nonché limiterebbe i danni degli improvvisati cittadini al governo.
La destra intellettuale per la svolta governista

Non a caso, Giulio Linguerri, pseudonimo di un intellettuale sovranista ora vicino alla Meloni, sulla rivista di Geminello Alvi, “La confederazione italiana”, già molti mesi fa postulava l’adesione al progetto Draghi, come poi configurato da Giancarlo Giorgetti, Rasputin della Lega. Il sentiero, stretto, di un nuovo governo pluralista o d’emergenza, o d’unità nazionale, merita una riflessione profonda, senza chiusure pregiudiziali.
“Perché è il momento di Mario Draghi? Rispondiamo -scrive Linguerri – con le parole ancora attuali di un antico munita con il senso dello Stato, Palmiro Togliatti: “Fuori i pagliacci del campo di battaglia”. Ecco, il momento per l’Italia infine è giunto: il Coronavirus non farà prigionieri in Italia e lascerà dietro di sé un cumulo di povertà senza neppure le rovine materiali necessarie a innescare un secondo piano Marshall, che infatti non ci sarà. Prima che l’Europa si trasformi per noi nel teatro delle crudeltà già preannunciato dagli Stati Nordici, con la passiva complici della commissione, occorre impedire che all’ultimo tavolo del negoziato continentale sieda questo governo imbelle, nella versione teratologico-televisiva del Grande Fratello al punto tale da dissolvere perfino il residuo istituzionale presente nei supposti eredi di Togliatti annidati nel Pd”.
Non si tratta dunque di concedere l’anima a compromessi squalificanti, ma di ricomporre una prospettiva patriottica, che presenta certamente dei rischi di contaminazione. Ma che, alla fine dei conti, potrebbe essere sempre meglio dell’irrilevanza.
I sovranisti non pesano perchè non hanno né programmi credibili, attuabili, né un leader. Raccolgono adesioni e malcontento e poi non crescono a tradurli in consenso politico effettivo per carenze culturali (la sciocca pregiudiziale anticapitalistica e social nazionalista ad esempio), scarsa comprensione del presente, delle sfide sul tappeto (pauperismi preindustriali, antieuropismo e Stati organici non sono opzioni condivise a destra, altro esempio) e delle sue logiche geopolitiche. Ben venga Draghi…
Si diventa irrilevanti quando si fanno scelte paleo-marx-leniniste… comunistoidi ed illiberali…
In pratica diventiamo europeisti; a questo punto tanto vale votare pd
Essere Europeisti è una scelta quasi obbligata, come usare la corrente elettrica. IL PCI è stato per decenni nemico acerrimo dell’integrazione europea. L’ ‘identitarismo’ (il sovranismo è una sciocchezza nella situazione italiana odierna) dovrebbe indicare chi meglio ci rappresenta (non alla Alberto Sordi) e per andare dove a fare che cosa…