Questa strana campagna elettorale di fine estate non nasce sotto i migliori auspici. Le candidature vengono selezionate con logiche di potere e non sempre tengono conto di quella che, con un vocabolo abusato, viene chiamato meritocrazia, né delle indicazioni degli elettori e dei militanti. A Firenze, per esempio, i vertici romani di Forza Italia hanno imposto come capolista alle Regionali Marco Stella, consigliere regionale uscente, al posto di Jacopo Cellai, preferito dalla base e capogruppo in Consiglio comunale. Per reazione i vertici del partito si sono dimessi, e il danno d’immagine è stato non indifferente.
Fin qui, nulla di scandaloso: la storia della politica italiana è ricca di candidati imposti dall’alto. Il problema è un altro: Marco Stella nei mesi precedenti aveva cercato una candidatura prima con Renzi, poi con la Lega. Quest’ultima ipotesi è saltata perché Salvini (secondo me sbagliando) ha scelto come capolista l’ex portiere Galli, che era già stato candidato senza successo al Comune, e quindi “non c’era più trippa per gatti”.
In comportamenti come questi c’è tutto il degrado della politica italiana, a destra e non solo, ma anche dell’intera società. Un tempo si disprezzava chi cambiava casacca, così come si cestinavano le lettere anonime. Invece si premiava la fedeltà: a un partito, a un’idea, a un lavoro, persino a un negozio, a uno sportello bancario, a una compagnia telefonica. Oggi invece si promettono condizioni di favore a chi lascia un’azienda per un’altra, e l’azienda abbandonata (vedi Telecom e dintorni) poi telefona promettendo al transfuga sconti che prima non aveva mai concesso per premiare la sua fedeltà. Forza Italia si è comportata con Stella come la Tim si comporta con i clienti che minacciano di passare a Wind (o viceversa). Sarà anche un partito, ma è un partito azienda. Più azienda che partito, ahimè.
Nonostante questo la voterò, non solo per dare la preferenza a Jacopo Cellai, che ha una grande storia alle spalle, ma anche per dare una risposta alle ignobili dichiarazioni di De Benedetti su Berlusconi. I migliori alleati del Cavaliere sono i suoi acerrimi nemici.