Che la storia sia magistra vitae è uno spezzone di un concetto di Cicerone che voleva dire tutt’altra cosa rispetto a quelle – moltissime – che hanno cercato per secoli di fargli dire. Qualcuno ha replicato che non solo la storia non insegna un accidente, ma che avrebbe bisogno d’esser lei a imparare un sacco di cose. Ma non è questo l’argomento del giorno. Io direi piuttosto che uno splendido magister vitae è il paradosso.
Tempo di apocalisse?
Prendete gli ultimi mesi. Viviamo in tempi apocalittici. O quanto meno apocalittici sono alcuni segni che vediamo attorno a noi. In quindici mesi, sono andate a fuoco due cattedrali francesi, Notre-Dame di Parigi e Pierre-et-Paul di Nantes. Nell’intervallo c’è stata una pandemia come ai tempi del Boccaccio e a quelli dei Promessi sposi, o comunque molti hanno detto che di ciò si trattava; e gli infedeli saraceni sono rientrati in possesso di Santa Sofia di Costantinopoli, anche se per la verità ne erano padroni da più di mezzo millennio. Potremmo anche aggiungere che, altro segno mirabile, il Popolo d’Israele sta tornando pienamente padrone della Terra Sancta Promissionis, anche se in modo diverso e inaspettato rispetto alle attese apocalittiche degli ultimi duemila anni.
Ma io, anche se come medievista dovrei intendermene un po’, non ho mai capito granché di letteratura escatologico-apocalittica. Mio intento è un altro. Voglio solo con molta umiltà ringraziare il Signore per aver voluto che la cattedrale di Nantes andasse in fiamme. E mi spiego.
Non sapremo mai com’è andata
Decisamente, viviamo tempi densi di simboli. Poco più di un anno fa è andata in fiamme parte almeno di Notre-Dame di Parigi, che aveva passato indenne anche la tempesta della seconda guerra mondiale. Quindi, alcuni mesi fa, siamo stati sfiorati dall’ala nera della pandemìa: e la sua ombra cupa sembra ancora indugiare fra noi senza voglia di andarsene. Poi, alcuni giorni fa, quel meraviglioso monumento che è Santa Sofia di Costantinopoli è tornato ad appassionarci com’era accaduto otto secoli fa quando la presero i crociati, un mezzo millennio fa quando fu conquistata dagli ottomani, una novantina di anni or sono quando un generale turco che aveva studiato in un’Accademia militare tedesca e ch’era un ateo appena appena travestito da musulmano la trasformò in museo. E ora ecco un altro incendio, a poco più di un anno da quello della cattedrale cara a Victor Hugo e ad Ernest Hemingway. Fiamme sulle chiese, pestilenza nelle città. Che sia l’inizio dell’Apocalisse?
Se davvero si sia trattato o no, a Nantes, di un incendio doloso, forse non lo sapremo mai. O forse salterà prima o poi fuori un responsabile esecutivo, vero o presunto. Gli autentici mandanti, pur ammesso che ve ne siano, probabilmente non li conosceremo mai. E tantomeno le ragioni – o dovremmo dire le “sragioni” – dell’insano gesto. Protesta? Intimidazione? Ricatto? Fanatismo religioso o antireligioso?
Erostrato e i suoi nipotini
E se fosse il gesto di un frustrato e annoiato al limite del “sublime della banalità”? Ne ha parlato anche Jean Paul Sartre, ne Il muro. Duemilatrecentosettantasei anni fa, più o meno oggi – era un 21 luglio –, tal Erostrato dette fuoco al tempio di Artemide in Efeso. Era un vanitoso perseguitato dalla sua pochezza, un anonimo che si chiedeva assicurare il suo nome alla posterità ma era ben conscio del suo non esser Nessuno. Allora ricorse a un incendio sacrilego: e ce la fece. Quanti nipotini di Erostrato vagolano per le strade e i vicoli della Megalopoli del ventunesimo secolo?
Ma, quanto a me, sia chiaro che non voglio né provocare né indignare e tanto meno scandalizzare nessuno. Parlo sul serio: ascoltatemi bene, senza fraintendere.
La sacralità del tempio
La cattedrale di Nantes è bruciata. Non credo e voglio sperare che non vi siano state vittime e che i danni siano lievi. Certo, è stata comunque una tragedia; i restauri saranno lunghi e costosi. Abbiamo imparato da quel ch’è successo a Parigi il 15 aprile dell’anno scorso che queste cose sono tutt’altro che indolori.
Ma in realtà e in sostanza, dobbiamo dirlo alto e forte e chiaro. Sia resa lode a Dio. Non solo per ringraziarLo perché tutto poteva andare molto peggio, ma anche e soprattutto per quel che è successo subito dopo e sta accadendo ancora. L’avevamo già provata, questa sensazione confortante e quasi esaltante, all’indomani del rogo di Notre-Dame di Parigi. Il 18 luglio la cattedrale dei Santi Pietro e Paolo di Nantes ha ripetuto il miracolo; del resto, per tutt’altra ragione, avevamo provato qualcosa di analogo quando magicamente tutti gli occhi del mondo si sono puntati su Santa Sofia d’Istanbul che – dopo essere stata nove secoli cristiana di rito greco, un po’ meno di un secolo (fra 1204 e 1261) cristiana di rito latino, poi di nuovo cristiana greca un paio di secoli, quindi moschea per mezzo millennio, poi ancora museo per una novantina di anni – ci ha comunque ricordato che, in un modo o nell’altro, essa è casa di Dio e della preghiera; e che in questo mondo che, “secolarizzato”, sembra aver finito col perdere ogni senso identitario, c’è sempre prima o poi una dimora divina che ci ricorda chi siamo.
Non sappiamo chi siamo
Una chiesa, una cattedrale: non un palazzo del potere, non la Borsa di Wall Street, non un parlamento, non una banca, non una fabbrica, non una stazione, non un aeroporto, non uno stadio, non caserma, non una clinica. Noi possiamo esserci anche “laicizzati” e magari perfino ateizzati: ma a ricordarci chi e che cosa siamo nel profondo riemerge sempre, prima o poi, una domuns orationis.
Non sappiamo chi e per quale motivo o per quale aberrazione abbia appiccato il fuoco alla cattedrale di Nantes. Se c’è un responsabile, e non ci spiegherà il motivo del suo gesto, esso resterà inesplicabile e quindi inutile. Se ce lo spiegherà, esso si proporrà dinanzi a noi in tutta la sua insignificante pochezza. Il piromane ha già perduto; l’incendiario si è incenerito dinanzi alla storia ben prima dell’edificio che avrebbe voluto distruggere.
Ma noi, dinanzi a quel rogo, abbiamo capito che senza cattedrali non si vive. E ci siamo gettati a capofitto nell’inebriante, costosissima avventura dell’immediata restaurazione, anche se in realtà ci vorranno anni. Perché? Perché ci siamo d’un lampo resi conto di che cosa sono le cattedrali e di quanto e fino a che punto siamo legati a coloro che le hanno edificate. Ci siamo resi conto del senso profondo di un’opera ciclopica. La cattedrale è un monumento alla follia: non a quella banale e insignificante di chi si è illuso di distruggerla, ma a quella santa e sublime di coloro che, edificandola, hanno inteso fondare un luogo calcolato esattamente perché, nei giorni di grande solennità, tutto il popolo di una città potesse trovarvi posto. Questo era il senso della cattedra episcopale, dalla quale il vescovo era chiamato a svolgere il suo còmpito di Padre, di Maestro e di Pastore. Questo era il senso delle dedicazioni che, nelle cattedrali, erano sempre non solo ai patroni ma anche, insieme, alla Vergine Maria come simbolo sacro e unitario della Chiesa.
Il risveglio
In questi anni di disorientamento, sembra che l’Europa stia svanendo. Le istituzioni dell’Unione che ha ben due capitali, fra Bruxelles e Strasburgo, non ci convincono e l’idea di esserne cittadini – dopo essere stata un sogno per qualche generazione, compresa la mia – non riesce purtroppo più a entusiasmarci. Ma quando l’Europa era un giovane sogno di primavera, fra XI e XV secolo, il suo simbolo identitario era duplice: la cattedrale e l’università, lo spirito e lo studio, la fede e il sapere. Per decenni e decenni abbiamo inseguito l’esangue fantasia di un debole fantasma, l’Europa dei litigi inutili e dei conti che non tornano, l’Europa che si lascia calpestare dagli eserciti stranieri guardando da un’altra parte e non riesce mai a dire una parola concorde sui temi che contano.
Poi succede un fatto inaudito e incomprensibile. Brucia una cattedrale. Perché? Forse nessuno ce lo spiegherà mai. Noi però ci svegliamo dal nostro insano dormiveglia e ci accorgiamo che quelle pietre, che quelle guglie, che quegli archi siamo noi: è il nostro passato, il nostro linguaggio, la nostra forza, la nostra gloria.
Diciamo la verità. I bislacchi motivi d’un gesto del genere, se è stato doloso e premeditato, possono anche incuriosire qualcuno: ma appartengono a quel genere di gesti che, in realtà, finiscono sempre con il sottolineare la ridicola pochezza di chi li commette. Non sono interessanti.
Dalle ceneri si rinasce
Invece qualche altra cosa c’interessa moltissimo. Al di là del comprensibile scalpore e della ridda delle ipotesi mediatiche – taluna di sconsolante imbecillità –, avete notato il rinascere dell’interesse intorno a qualcosa che quasi tutti noi pensavano di aver dimenticato e credevano irrilevante? Si è scoperto che la cattedrale dei Santi Pietro e Paolo di Nantes fu il prodotto di un gotico ormai maturo, arrivato quasi alla fine della sua parabola. Il duca di Bretagna che edificò il castello a difesa del porto nel 1466, ne affidò il disegno a un architetto ben noto, Mathelin Rodier, che ben da trentadue anni dirigeva i lavori della cattedrale edificata in stile gotico “internazionale”. Ma i cantieri, al pari di quelli del duomo di Colonia in Germania, rimasero aperti ben quattro secoli: e quando si conclusero, nell’Ottocento, il gotico (divenuto “neogotico”) era tornato di moda in tutta Europa. Ci siamo stupiti tutti del candore abbagliante di quella chiesa (che, intendiamoci, è stata restaurata e ripulita di recente). Qualcuno ha ricordato quell’espressione di un cronista dell’XI secolo, Rodolfo il Glabro, che ricordava il “candore delle cattedrali” del suo tempo: un’espressione che tanto piaceva a Georges Duby, il quale però ricordava ch’essa non era poi così vera in quanto nel pieno medioevo le chiese venivano dipinte di dentro e di fuori a colori vivacissimi. Come facevano del resto gli antichi greci e gli antichi romani. Il candore immacolato del marmo è una passione settecentesco-illuministico-neoclassica. Quello della cattedrale di Nantes è bel tufo di Bretagna, candido anch’esso. Com’è bianco il calcare di Parigi e anche quello della “pietra di Giudea” di cui è costruita Gerusalemme.
Riscoprire queste cose significa riscoprire sul serio le nostre autentiche, profonde radici. Forse chi voleva distruggere quella cattedrale col fuoco voleva propri colpirle, quelle ardici, e distruggerle. Si era dimenticato che il fuoco diventa cenere. E che la cenere è un ottimo fertilizzante.
La cattedrale di Nantes rinascerà più bella, come sta rinascendo più bella Notre-Dame di Parigi. Se assicureremo alla giustizia il piromane, tanto meglio: ma egli non c’interessa. C’interessa tornar a godere di quelle guglie, c’interessa tornar a pregare sotto quelle altissime volte: e là riscoprire noi stessi. Gloria a Dio nell’Alto dei Cieli e, sulla terra, pace agli uomini che non temono le fiamme.
*Da Minima Cardiniana
Mi limito a Santa Sofia. Meglio una moschea di un museo che ricorda il peggior stalinismo comunista. I templi devono essere luoghi di culto, non solo di turismo ciabattone o di laicismo fuori luogo. In quanto all’Apocalisse….forse avrebbero avuto più ragione di scriverne al tempo della Peste Nera, nel ‘300… Le cattedrali son sempre bruciate, per le cause più diverse. Lo spirito religioso residuale non ne uscirà né rafforzato né ulteriormente indebolito…
Non è stato un francese a incendiare la Cattedrale di Nantes, ma un ruandese, lo sa l’autore dell’articolo?
Ho l’impressione che questi atti incendiari, lo scorso anno a Notre Dame e ora a Nantes, siano dolosi. E non è un caso avvenga nella Francia giaconina e laicista, la prima che in Europa con la sua rivoluzione del 1789 ha avviato l’opera di scristianizzazione. Non è da escludere che si vogliano convertire le chiese cattoliche in luoghi multireligiosi ed ecumenici, in nome dell’indifferentismo tipico dello Stato francese. Se così fosse, l’Argentino al Vaticano darebbe il suo placet.
Werner. Dubito che il ruandese faccia questi ragionamenti raffinati. Per secoli cristiani, musulmani, ebrei, si son combattuti ma senza toccare, se non episodicamente, i luoghi sacri, anche perchè l’effetto boomerang lo sconsigliava… Non c’è alcun placet di don Lasagna… I luoghi multiecumenici semmai interessano alcuni credenti, non gli scettici…
Ricordiamo Fiamma Morini, ausiliaria della X MAS, deceduta a 94 anni. R.I.P.
@Guidobono
Beh sì gli africani sanno solo copulare e figliare in maniera irresponsabile, poi per il resto sono inutili e buoni a niente. E dirlo non é razzismo, é verità. Ma infatti penso che il ruandese abbia agito di sua iniziativa, ma che abbia agito su commissione.
Appunto, Werner, chi commissiona un crimine ad un ruandese? Un esempio. In Paraguay, dove son vissuto, il sicario è un agente dell’ordine, che può essere usato con criterio o in modo ingiusto. Di per sé è considerato neutro, come un’arma, della quale è l’umano e logico proseguimento… Ebbene, dicesi in Paraguay: se cerchi un buon killer incarica un brasiliano, ma se vuoi un killer di assoluta fiducia devi rivolgerti ad un italiano nato in Italia, non hai scelta…
Il cristianesimo , almeno in occidente, è morto. Io sono pagano e quindi me disinteresso, anche se ricordo la religiosità che pervadeva ancora una gran parte della popolazione , soprattutto contadina, fino agli anno settanta. Non era raro anzi che sopravvivessero antichissime usanze pagane (mio nonno metteva il Vischio nella stalla) insieme alla religione cristiana. La domenica era l’unico giorno di festa per i contadini che , messo l’abito buono, percorrevano molti chilometri a piedi per andare in chiesa dove incontravano gli altri abitanti delle varie frazioni.Come diceva il prof. Signorelli , oramai le nostre donne oramai si inginocchiano solo al supermercato.
Gallarò: donne in ginocchio. Per la verità credo più nei Drive-in della da noi sognata adolescenza americana, con la macchinona a 16 anni ed una biondina prosperosa, che sotto la Luna chiedeva solo di non essere messa incinta…
Caro Werner, dal mio punto di vista la laicizzazione del 1789, già preceduta dal ‘giuseppinismo’ austriaco, dal regalismo che aveva fatto sopprimere i gesuiti nel 1767, secolarizzò giustamente la pubblica istruzione e la società. Se per quasi 20 secoli il cristianesimo è campato (e ha fatto ricca ‘la casta’, la gerarchia, gli ordini, l’alleanza tra trono ed altare, che disponeva di doviziosi benefici ecclesiasti ecc.) su storielle misteriose, ciò lo si deve al monopolio della cultura, fino al ‘700 detenuto dalla Chiesa. Che si opponeva ferocemente, a suon di scomuniche e di ostracismi sociali (in Spagna ancora negli anni ’30 del 900) all’istruzione statale, libera e gratuita, inaugurata in Europa dalla Prussia di Federico II; che fu una grande conquista civile promossa dalla massoneria, le si renda merito almeno per questo… Lo Stato moderno è storicamente debitore del pensiero massonico e del riformismo illuminista.
Pardon: istruzione gratuita ed obbligatoria.
@Guidobono
Non tutto il male viene per nuocere. La rivoluzione del 1789 é anche conseguenza dell’ottusità di chi non si rende conto che alcune cose vanno necessariamente modificate. Riformare sì, rivoluzionare no, ma se uno si rifiuta a riformare, e si ostina a mantenere l’esistente anziché eliminare le cose che non vanno, allora certo che poi fomenta le ribellioni.
Da conservatore quale io mi autodefinisco, non posso che sostenere la politica limitata e al contempo rifiutare i cambiamenti troppo radicali. Ho sempre scritto che non tutto quel che c’era in passato era giusto, e che percio bisognava correggere le poche storture esistenti, e la politica limitata serve pproprio a questo scopo, ovvero riformare ma non rivoluzionare.
La separazione tra politica e religione, dunque tra potere temporale e potere spirituale, é uno degli elementi cardine su cui si fonda la civiltà europea. E se vogliamo anche del Cristianesimo: fu o non fu Gesù a dire “Dare a Cesare quel che é di Cesare, dare a Dio quel che è di Dio”? Una cosa inaudita per gli Ebrei (come i musulmani), per i quali politica e religione sono intrecciate. L’esistenza stessa dello Stato Pontificio, oltre ad aver impedito il processo di unificazione politica della nostra penisola già nel Medioevo, essendo stato una teocrazia, andava palesemente contro quel principio enunciato da Gesù. Ma separare politica e religione non significa cancellare ogni riferimento, soprattutto etico-morale, verso la seconda, ma semplicemente contenerne la presenza, perché qualsiasi religione che ha il primato sulla politica, ha fatto sempre danni. E lo dico da cattolico credente, o da laico di cultura cattolica. L’obiettivo della rivoluzione giacobina in Francia, essendo stata una rivoluzione massonica, aveva come principale obiettivo cancellare il Cristianesimo dal paese e poi dall’ Europa, non separare politica e religione. Le massonerie sono luciferine e dunque anticristiane.
La scuola pubblica e obbligatoria sarebbe stato un fatto che prima o poi sarebbe accaduto. Il problema sono state le degenerazioni sorte nel Novecento, in particolare col Sessantotto, dove si é imposto il concetto di “diritto allo studio” che ha reso le scuole superiori e le università accessibili a tutti, somari compresi. Quando invece la scuola dell’obbligo va imposta fino a 14 anni, e non a 16 come da un paio di decenni, perché la cosa più importante é che tutti sappiano leggere e scrivere, poi i diplomi e le lauree devono averle coloro che studiano davvero ed hanno vocazioni culturali.
Werner. Il pensiero massonico non è nemico del cristianesimo o del cattolicesimo. Pensa solo De Maistre o a Guglielmo I di Germania o ai reali inglesi, massoni e capi della Chiesa anglicana ecc. La massoneria è un livello iniziatico e superiore di conoscenza e di interpretazione. Non sono massone, non sono difensore della massoneria come tale. Certo un conto è essere Clemenceau, che voleva distruggere in basa alla sua interpretazione del pensiero massonico Austria-Ungheria e Germania Imperiale nel 1914, un’altra è essere Federico II o Cavour ecc. Ripeto: la massoneria non è una struttura gerarchica ed operativa. Questo la Anselmi (e non solo!) non vollero capirlo quando condannarono la P2. Nella massoneria c’è un po’ di tutto, furfanti compresi, come nel cristianesimo, anche se non sono alternative ed escludenti…
Per quanto ne sappiamo finora “è bruciata”, non “hanno bruciato”!
Per quanto ne so io, il ruandese, che poi era una specie di aiuto sagrestano (“benevole”) dicono i francesi, è stato prosciolto dalle accuse. Anch’io avevo pensato che avesse potuto appiccare il fuoco per dispetto, visto che la prefettura non voleva rinnovargli il permesso di soggiorno. Non escluderei comunque la tesi dell’attentato di matrice islamica, così come nutro molti sospetti anche sul rogo di Notre Dame. Chi esclude che a provocare il corto circuito sia stato un lavoratore musulmano incaricato dei restauri? L’odio islamico nei confronti del Cristianesimo e dei suoi simboli non è un mistero.
Non è questo però il centro della questione sollevata, con un sottile gusto del paradosso, da Cardini nel suo sito e ripresa da Barbadillo. Cardini sostiene che dobbiamo essere grati al rogo perché ha ricordato l’importanza e la sacralità delle cattedrali a un Occidente immemore, lo stesso Occidente, aggiungerei, che sconsacra le chiese per trasformarle in discoteche, ristoranti, e qualche volta in moschee (è successo in Sicilia). Tutto vero, del resto anche la fama internazionale della Gioconda è cresciuta dopo il suo furto da parte di un operaio italiano. Ma dopo questa raffinata provocazione intellettuale sarei tentato di parafrasare la famigerata frase di Bertold Brecht, “beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”: beate le fedi che per essere ravvivate non hanno bisogno di roghi…