Pubblichiamo un estratto dalla quarta di copertina del volume “I generalissimi dell’Impero romano d’Occidente” edito da Ar
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“Il presente studio riguarda il periodo in cui la parte occidentale e la parte orientale dell’Impero romano iniziarono a percorrere strade distinte: questa lungo la direzione che l’avrebbe portata a diventare l’Impero bizantino, quella avviandosi verso la disintegrazione da cui sarebbero emerse le strutture politiche dell’Europa medievale e moderna […] In Occidente, a causa del prolungato distacco degli imperatori da un esercito in cui l’elemento germanico diventava sempre più imponente e della graduale crescita del potere dei Barbari entro le frontiere dell’Impero, grande rilievo assunse quella serie di influenti generali che, in assenza di un imperatore dotato di qualità militari, furono in grado di conquistarsi, e mantenersi, la lealtà delle truppe […] La presente ricerca circoscrive il fenomeno del trasferimento del potere supremo dall’imperatore al suo comandante in capo, al fine di osservarlo da un angolo visuale che consenta l’analisi sistematica sia del suo processo evolutivo sia dei metodi impiegati in successione dagli esponenti della nuova ‘autorità effettuale’ per consolidarla e formalizzarla […] Lo storiografo moderno avverte la necessità di impiegare una unica parola per descrivere l’unicità di questo fenomeno. Ai fini del presente studio, propongo dunque di applicare a questa incarnazione della nuova ‘autorità effettuale’ il termine ‘generalissimo’. Esso mi sembra particolarmente appropriato ad esprimere il ‘portamento’ di un supremo comandante militare che attribuisca a sé stesso l’autorità-potere di penetrare in profondità, attraverso strumenti assolutamente extracostituzionali, in dominii extramilitari, ossia ‘civili’, appellandosi esclusivamente al proprio arbitrio volitivo […]
I Signori della Guerra
Fra gli orientamenti cui si ispirano i vari approcci moderni, due rappresentano la polarità delle valutazioni dell’operato di questi ‘Signori della Guerra’. Da una parte vi è la propensione a considerare l’intera fase di questi officiers de fortune alla luce degli effetti che ne scaturirono, e pertanto a vedere nei generalissimi gli agenti della disintegrazione della pars Occidentis dell’Impero. Dall’altra parte si colloca l’orientamento di riconoscere ai generalissimi il merito di aver mirato a costruire un nuovo assetto etno-politico attraverso l’amalgama di elementi romani e di elementi germanici. In definitiva, entrambi gli orientamenti appaiono soggettivi e, come tutti i tentativi di emettere giudizi di valore sugli eventi storici, manifestano le ‘passioni’ di coloro che li esprimono: nel primo caso, una Sehnsucht per ciò che stava decadendo; nel secondo, una simpatia di fronte a ciò che stava emergendo dalla decomposizione di un organismo politico-sociale ormai estenuato […] Col presente lavoro mi sono proposto di esaminare il fenomeno della traslazione del potere supremo dall’imperatore al generalissimo, sottraendomi alla tentazione di giudicarlo: per confermare la propria validità, infatti, qualunque giudizio richiederebbe una visione del mondo secondo gli occhi di un autore di storia quale Stilicone, Aezio, Ricimero –non mediante gli occhiali di uno scrittore di storia…”.
*”I generalissimi dell’Impero romano d’Occidente” di Johon O’Flynn, pag. 272, euro 28, edito da Ar