In un mondo, quello occidentale, in cui lo schema vincente è, da tempo, quello della competizione sfrenata, dove il modello esemplare non è rappresentato da figure “umane” come il medico o il docente, bensì dallo spietato “manager” dedito al profitto, può essere utile rileggere un classico come Il mutuo appoggio, un fattore dell’evoluzione, di Pëtr Kropotkin, appena ripubblicato, in una nuova traduzione, da eléuthera (a cura di Giacomo Borella, pp 390 €20).
Padre nobile dell’anarchismo, nobile in senso letterale, vista la sua ascendenza aristocratica, Pëtr Alekseevič Kropotkin (1842–1921) è un poliedrico e irrefrenabile protagonista dell’Ottocento russo. A vent’anni lascia la corte zarista per esplorare la Siberia come geografo e naturalista, attività che non diventeranno una professione, ma che gli permetteranno di accedere a dati e informazioni utili a mettere a fuoco la sua visione del mondo. Per non abdicare alle sue idee, infatti, rinuncia alla cattedra di geologia offertagli dall’Università di Cambridge, nell’Inghilterra dove vive dal 1886 e dove pubblica nel 1902, in inglese, questo libro, prima di tornare in Russia dopo lo scoppio della Rivoluzione.
Il libro, va detto subito, nonostante sia stato ovviamente superato nelle parti più scientifiche, si conferma un “classico”, che si legge con estremo piacere e che, soprattutto, non risente del tempo trascorso per le considerazioni generali relative alla società. Kropotkin, con lo spirito tipico dello scienziato dell’Ottocento, esamina i comportamenti delle specie animali osservate durante i lunghi, terribili mesi trascorsi nelle steppe eurasiatiche, e nota che, contrariamente al pregiudizio darwinista, la conservazione e l’evoluzione della vita, di tutta la vita sulla terra, sono affidate a quella che definisce “la legge del mutuo appoggio”. La vera lotta per la sopravvivenza, dunque, non avviene affatto tra individui della stessa specie perché vinca il migliore, ma, al contrario, vede tutti gli individui di ogni specie animale partecipare, uniti e solidali, contro la natura inclemente o le altre specie. Lo studio, diviso nei vari capitoli che furono pubblicati inizialmente sulla rivista “Nineteenth Century” dal 1890 al 1896, esamina la funzione della solidarietà prima all’interno di ciascuna specie animale, per passare poi a riscontrare lo stesso comportamento nelle comunità umane, a partire da quelle più primitive, cannibali e barbari, per giungere infine alla società moderna, dopo quella medievale, che è considerata il modello esemplare dal pensatore anarchico. “Le città medievali hanno senza dubbio reso un immenso servizio alla civiltà europea”, sostiene l’autore, aggiungendo come sia “sufficiente indicare le cattedrali per ciò che riguarda la tecnica, e la lingua italiana e il poema di Dante per ciò che riguarda il pensiero”. Le gilde, la cooperazione, le leghe, le città sono state le basi su cui sono state create le unità nazionali, basi minate dal “potere schiacciante dello Stato centralizzato, dagli insegnamenti di disprezzo reciproco e di lotta spietata, ornati con gli attributi della scienza e impartiti da filosofi e sociologi compiacenti, che sono riusciti a sradicare il sentimento della solidarietà umana”. Dopo 120 anni, allo stato centralizzato si sono sostituite le burocrazie extranazionali e ai filosofi si sono aggiunti i giornalisti, ma la situazione non è migliorata, anzi.
*Il mutuo appoggio, un fattore dell’evoluzione, di Pëtr Kropotkin, eléuthera (a cura di Giacomo Borella, pp 390 €20)
Del principe Kropotkin vorrei sottolineare l’antibolscevismo…