Araldo nasce il 19 maggio del 1892 a Bari, da Goffredo e da Maria Giuseppa Noya. Riceve un’educazione basata su norme di vita e di comportamento che lo porteranno ad avere un’efficienza fisica e intellettuale fino alla morte. Fin da giovane si dedica al giornalismo collaborando con la rivista Umanitas di ispirazione mazziniana e con i quotidiani Corriere delle Puglie e Gazzetta del Mezzogiorno. Nel 1915 diviene corrispondente del Popolo d’Italia di Benito Mussolini. Ciò determinerà la sua vita. Nel giugno dello stesso anno, infatti, il giovane interventista si arruola volontario nel 51° Reg.to Fanteria, reparto delle “camicie rosse” comandato dai figli di Garibaldi.
Il soldato
Ferito, viene decorato al valore e promosso sul campo Tenente, qualifica di Ufficiale che gli era stata negata negli anni ’10 alla leva perché schedato come “sovversivo”. Ritornato dal fronte, nel 1919 fonda a Bari l’ANC (Associazione Nazionale Combattenti) e il 23 marzo dello stesso anno incontra a piazza San Sepolcro a Milano il futuro Duce. Nel 1922 guida gli ex combattenti arditi e squadristi pugliesi nella “Marcia su Roma” e diviene segretario del PNF (Partito Nazionale Fascista) della regione Puglia e Lucania. Di lui afferma Carlo Scognamiglio Pasini: “nel fascismo vide l’occasione per un rinnovamento profondo dello Stato e una effettiva concreta politica di sviluppo del Mezzogiorno d’Italia”.
Nel 1923 viene nominato console generale della MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) e nel ’26 “podestà” (sindaco) di Bari, città che da questo momento, con la realizzazione della “Fiera del Levante”, si afferma come porto più importante del Mediterraneo favorendo il commercio e gli scambi con le altre genti. Fonda l’Università per la formazione degli Italiani per l’Era Nuova, fa costruire lo Stadio della Vittoria e l’Ospedale consorziale, il lungomare, diversi edifici pubblici e opere di difesa dalle alluvioni. Nel 1928 Mussolini, apprezzate le sue capacità organizzative, lo nomina Sottosegretario ai Lavori Pubblici e nel ’30 Ministro.
Da questo momento l’Italia diviene un immenso cantiere; la volontà dell’Uomo diviene opera per mezzo di Araldo. Egli realizza acquedotti, strade, impianti idroelettrici. Bonifica integralmente l’Agro Pontino, opera tentata dai Romani e dai Papi. È autore della fondazione di Littoria, Aprilia e Pomezia. Ottiene risultati efficaci, efficienti ed economici per il soccorso e la ricostruzione del Vulture in occasione del tremendo sisma del 23 luglio 1930. Sistema la rete stradale nazionale dando vita all’ANAS (Azienda Nazionale Strade Statali) e al Codice della Strada. Fa costruire la direttissima ferroviaria Firenze-Bologna e il ponte di collegamento tra Mestre e Venezia. Riadatta le procedure di intervento per la Protezione Civile, adottate in occasione dei sismi del 1930 nelle Marche, Puglia etc…
Tutte queste opere avvengono sotto la sua personale sorveglianza, vivendo nelle baracche dei cantieri o in un vagone ferroviario adattato. Nel 1933 nasce l’IRI per salvare dal tracollo le industrie colpite dalla crisi del ’29. Con lui e con altri uomini del suo calibro, quali Menichella, Beneduce, De Stefani, Serpieri, Volpi, l’Italia prospera. Pio XI lo onorifica per le opere previste dal Concordato. Nel ’35 viene sostituito alla guida del Ministero per il regolare cambio e viene nominato Presidente dell’ONC (Opera Nazionale Combattenti) con cui realizza, in tempi fascisti (brevissimi) ed economie notevoli, opere tutt’ora esistenti nel Tavoliere delle Puglie, nel Basso Volturno, nella Dalmazia e in Africa.
La guerra
Nel 1943 aderisce, da uomo d’onore quale è, alla Repubblica Sociale Italiana, divenendo commissario straordinario per il Senato e la Camera. Almirante lo definisce “la sacra testimonianza del sacrificio di innumerevoli italiani in buona fede per cui la RSI fu sinonimo di mantenimento della parola data nella fortuna avversa, disperata difesa degli ideali”. Alla fine della guerra viene arrestato ed epurato per “atti rilevanti” di ex gerarca durante il ventennio (sic!). Nel ’46 è liberato e nel ’50 completamente prosciolto in quanto il gerarca galantuomo non si è appropriato di una lira e non ha approfittato del regime. Afferma Indro Montanelli: “L’uomo che aveva costruito città e redento province non aveva una casa né un palmo di terra né un conto in banca”.Per vivere Araldo intraprende il mestiere di rappresentante di libri. Frattanto è riammesso all’Albo dei giornalisti, del cui istituto di previdenza era uno dei fondatori e diventa per merito capo ufficio del Giornale d’Italia.
Il Movimento sociale
Dal 1953 fino al 1986 il Popolo Pugliese dimostra gratitudine al suo figlio, eleggendolo “Senatore a vita” della Repubblica Italiana nelle liste del MSI (Movimento Sociale Italiano) e Consigliere Comunale. Sempre mattiniero, va al lavoro a bordo della sua vecchia auto Fiat 1300 verde bottiglia, fino a 90 anni. Nel 1982 riceve la Medaglia d’Oro dal Presidente del Senato del tempo Fanfani. Don Araldo di Crollalanza muore a Roma il 18 gennaio 1986. Sepolto a Bari nella tomba di famiglia, riposa il sonno di chi tutto diede senza nulla chiedere. “Gli spiriti eletti non muoiono mai” (G. Almirante). All’Uomo del Buongoverno, al dinamico onesto costruttore, al concreto servitore dello Stato, la città di Bari ha dedicato un piazzale, il lungomare, un monumento in piazza Eroi del Mare circondato da cento piantine tricolori e ha collocato il suo busto bronzeo nel Palazzo di Città. Aprilia gli ha intitolato una via.
L’Eredità
Di Araldo di Crollalanza si hanno testimonianze di stima da uomini onesti di diversa ideologia e collocazione culturale. Solo poche stonature si sono avute, tra cui da una certa Miriam, nota rossa giornalista anti, passata a miglior vita. Moro, Romita e Formica attestano: “Crollalanza è stato un grande ministro”. Partecipa alle esequie Alexander Wiesel, esponente della comunità ebraica, causando polemiche… Ma afferma Enrico Mattei ne Il Tempo del 19 gennaio 1986: “I galantuomini come lui finiscono per essere onorati per le loro qualità umane, indipendentemente dalla tessera di partito che portano in tasca. Sulla sua tomba potrebbe scriversi: fece a tutti il massimo di bene possibile, nessuno poté mai rimproverargli una cattiva azione”.
Di Lui e del suo tempo testimoniano perennemente le opere nonostante gli scalpellamenti dei simboli. Dice ancora Almirante: “quel ministro è l’attuale autentica significazione della parola e della qualifica di governante. La differenza, l’abissale distanza non è traducibile in ventenni o quarantenni”. Crollalanza in un suo ultimo intervento alla Camera afferma: “volli realizzare il sogno condivisibile di un’Italia forte, giusta, di avanzatissima socialità e progresso civile, rispettata nel mondo come parte integrante ed efficiente dell’unità europea”. Una sua fotografia lo ritrae mentre conduce per mano un bambino. Egli ci consegna il futuro.