È il libro che non ti aspetti, scritto addirittura da uno che ha militato (e lo rivendica con orgoglio) nel Movimento Politico Ordine Nuovo. Il terribile Ordine Nuovo. Roba che Matteo Salvini, in confronto, è il Mago Zurlì. Un confronto che non regge, ovviamente. Ma va posto, perché ci sono idee e idee. Percorsi e percorsi.
Salvo Ardizzone (classe 1952 e oggi redattore capo de ‘Il Faro sul Mondo’) manda alle stampe Pensiero Radicale (2019), pubblicato dalla meneghina Aga Editrice di Maurizio Murelli. Un testo di politica (ed è già un fatto importante). Al di là delle premesse o delle conclusioni (che si possono condividere o no), è un libro coerente con se stesso: ingrediente ancora più decisivo. Perché, se c’è una grande assente in questa epoca storica assai stordita, è proprio la volontà di fornire prodotti culturali che siano utili affinché il tempo attuale sia rappresentato in uno sforzo che sia totalizzante. Tuttavia, non abbiamo a che fare con un Manifesto, ma con uno strumento pensato al fine di stimolare un dibattito e produrre riflessioni successive.
Il problema di oggi non è soltanto il linguaggio banalizzante che accompagna politica, arti e giornalismo. E non è neanche l’estremizzazione del fenomeno dello hate speech da tastiera. Manca semmai la profondità, la riflessione. L’organicità. Ed è da qui che parte la sfida di Ardizzone: prendere di petto la questione sovranista e portarla alle estreme conseguenze pratiche e teoriche, in direzione di una «sovranità compiuta» (che non è non può essere la riedizione di vecchie spinte nazionaliste).
Lo fa a partire dalla cosiddetta destra, facendo leva sulle coordinate imperiali di quella desta radicale da sempre più raffinata e colta. Quella, cioè, più specificatamente anticapitalista, intransigente e ostile «all’unipolarismo» di marca Usa. Ma anche sfiduciata da un’Europa che, da grande sogno, si è rivelata un bluff privo di «autonomia» politica: un elefante sterile sotto il profilo dei valori e delle scelte strategiche.
Un testo che non t’aspetti, dunque. Le pagine sulle migrazioni, che richiamano il sistema Italia a fornirsi immediatamente di un «modello» proprio di gestione dei flussi, meritano particolare attenzione. Appunto perché mettono assieme le istanze di chi in Italia c’è già da tempo con le esigenze di sicurezza e autorevolezza dello Stato italiano.
Ardizzone va tuttavia molto oltre. Disegna un percorso e accompagna il lettore sullo scacchiere internazionale, proponendo una lettura eretica rispetto al «mainstream» ufficiale. Dall’Europa si va agli Usa, per passare dall’Ucraina al ginepraio mediorientale (con più di un approfondimento su Siria, Hezbollah, Rivoluzione islamica e quindi l’Iran). Un racconto diverso. Scottante.
L’ultimo tappa è in Russia (anzi, in Eurasia). Ardizzone si fa carico di mettere a fuoco la Quarta Teoria Politica di Alexander Dugin. E lo fa per segnalare le coordinate essenziali del pensiero del filosofo ritenuto ispiratore delle strategie di Vladimir Putin: «La 4TP propone la riscoperta della per-Modernità, intesa non come il passato, ma come un insieme immanente, a-temporale, di principi e valori che appartengono a un diverso mondo dove esistono l’Eternità, il Sacro, angeli, anime, il diavolo, la fine del tempo».
E ancora: «La Quarta teoria politica si oppone al Liberalismo e alla Globalizzazione che è lo strumento con cui soggioga il mondo; afferma il multiporalismo fra “Grandi Spazi” per come definiti da Carl Schmitt, rifiutando l’unipolarismo americano; vuole superare le esperienze precedenti, intende combattere il modernismo e le sue politiche di “governo in quanto azione” poste in atto dai manager del mondialismo, per riportare la politica (ma quella vera, ispirata a valori forti quali la giustizia sociale, ethnos, spiritualità e pieni libertà per perseguirli) alla guida della Storia umana».
@fernandomadonia