Gli ospiti sono come il pesce: dopo tre giorni puzzano. E gli effluvi maleodoranti dei pentastellati – partiti in orgogliosa solitudine barricadera per poi ritrovarsi a fare appunto gli ospiti, prima in casa Lega e ora nel Pd – hanno invaso ormai distintamente le narici degli elettori. Il crollo verticale dei consensi registrato nei sondaggi e in tutte le più recenti consultazioni, lo certifica in modo indiscutibile: da quando Di Maio e gli altri scappati di casa amici suoi si sono acquartierati in pianta stabile negli sgabuzzini di quel Nazareno che avevano promesso di bonificare col Napalm, il tanfo per chi li votata s’è fatto irresistibile. Quasi quanto quello della famigerata scatoletta di tonno che i grillini avevano giurato di aprire non appena varcata la soglia di Montecitorio, e che invece dopo un anno e mezzo sta ancora lì. Beffarda e più fetente che mai. Una puzza che al confronto quella evocata qualche lustro fa nell’infelice coretto da stadio intonato da un Salvini ancora totalmente padanizzato, pare in confronto una fragranza di lavanda e vetiver. Perché il fetore dei grillini non sta nelle origini terroniche del loro leader Giggino, ci mancherebbe, bensì nella loro ossessione ittica. Detto in modo più chiaro: ai pentastellati piace troppo il pesce. Non lo ammetteranno mai, ma lo desiderano, ne sono golosissimi, non possono farne a meno.
Chiariamo subito che se tutti avete pensato a Rocco Casalino (e alle misteriose ragioni che gli garantiscono uno stipendio più alto del premier cui fa il portavoce) noi ci dissociamo. Ricordandovi che a pensar male si fa peccato (ma qualche volta ci si azzecca). In realtà il pesce sul quale sono scivolati gli eredi di Grillo è proprio il famoso tonno sopracitato, al quale proprio non hanno saputo resistere. L’olezzo della Casta contenuto in quella scatoletta che dovevano scardinare è stato per loro come una sorta di calamita. E appena sono riusciti, grazie al sostegno di milioni di elettori in buona fede, a ricavarsi un piccolo pertugio ci si sono tuffati dentro.
Così, coloro che ci avevano raccontato di essere portatori duri e puri di nuove (misteriose) categorie della politica, nemici giurati sia della Destra che della Sinistra, hanno finito per governare prima con la Destra e poi con la declinazione peggiore della Sinistra: quella schiacciata su posizioni ultra-liberiste – e di sottomissione alla Troika di Bruxelles – che di Sinistra non hanno più nulla e che i grillini dicevano di voler combattere. Quella spaccata in mille correnti, che vive perennemente sotto schiaffo di Renzi. Quella dello Ius-soli, delle porte aperte ai migranti, della demonizzazione dell’avversario politico che non si riesce a battere nelle urne.
La sinistra dei “gretini”, dei perenni “girotondi”, del movimentismo legato alla consapevolezza di non potersi più presentare agli elettori con il proprio nome. E qui riemerge la vocazione “pesciarola” del grillismo. Perché pur di restare barricati fino all’ultimo alle poltrone, Di Maio e compagni dopo il tonno in scatola hanno ingollato anche le “sardine”. Ossia l’ultima trovata Dem per riportare qualcuno in piazza, mascherandosi da società civile. Basterebbe guardare i curriculum di questi trentenni che animano il movimento da sedicenti “indipendenti”, per trovare recenti ruoli di responsabilità nelle file del partito. Uno di loro, tale Bernard Dika, era nientemeno che un pupillo di Renzi a Firenze. Già questo rende l’aria di quelle piazze irrespirabile. Poi senti che la loro parola d’ordine è “basta parlare di Bibbiano” e ti viene letteralmente da vomitare. L’elettorato anti-salviniano si prepari: stavolta, per votare questi signori, turarsi il naso montanellianamente non basterà. Le hostess del Pd distribuiranno in cabina le apposite bustine.
*Da Candido di dicembre 2019