In queste settimane di calciomercato, c’è una fetta del popolo juventino in Rete che ha preso a cuore una vicenda molto diversa da quelle legate agli arrivi di Tevez e Llorente: una vicenda legata, ancora una volta, alla memoria delle vittime dell’Heysel, dopo che poche settimane fa a Torino era arrivata la proposta del consiglio comunale di istituire nell’anniversario della strage una “giornata del ricordo”.
E’ sembrato assurdo che proprio in quella ricorrenza, lo scorso 29 maggio, il governo belga avesse annunciato la volontà di abbattere e ricostruire lo stadio Re Baldovino di Bruxelles, ovvero l’ex stadio Heysel, senza dire una parola sul destino della targa e del monumento che commemorano la mattanza di 39 tifosi italiani e stranieri, tra cui quattro cittadini belgi.
E così il Comitato “Per non dimenticare Heysel” si è mosso per evitare il rischio di seppellire tra le macerie dell’impianto anche il ricordo di quella che, pur non essendo stata l’unica, rimane nella memoria degli sportivi la più spaventosa tragedia legata al tifo calcistico: come ha scritto il giornalista Emilio Targia, uno dei sopravvissuti alla notte di sangue del 1985, “Heysel” è una parola che schiocca come una frustata. Che evoca solo e soltanto quella notte, quella strage. E’ un termine ormai svuotato del suo originario valore. “Heysel” non è più uno stadio, così come Ustica non è più un’isola, né l’Italicus un treno”.
Sostenuta dal tam tam di forum e social network, la petizione del Comitato su Change.org ha superato in breve le 4 mila adesioni, comprese quelle di alcuni familiari delle vittime. Insieme a loro hanno firmato anche tifosi del Notts County (la squadra di Nottingham a cui la Juventus deve i colori bianconeri) e del Liverpool. A Bruxelles, intanto, l’europarlamentare Fabrizio Bertot promuoveva un’interrogazione sul tema, mentre il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani si è rivolto direttamente al primo ministro belga di origini italiane, Elio Di Rupo.
A rassicurare tutti, lo scorso fine settimana, ha provveduto l’assessore allo sport di Bruxelles, Alain Courtois, facendo sapere che, qualunque sia il destino dell’ex Heysel, la targa e il monumento rimarranno al loro posto. “Ciò che è accaduto quella sera mi ha segnato per sempre” ha scritto Courtois, che fu tra i testimoni degli avvenimenti, in una lettera indirizzata a Bertot e all’ambasciatore italiano.
Le autorità belghe, del resto, portano un pesante fardello di colpe negli eventi che determinarono la strage, dalla decisione di disputare la finale di coppa Campioni in un impianto ormai fatiscente all’impreparazione dimostrata dalla polizia locale e dagli organizzatori. Un’eredità con cui il Paese, che ha ospitato insieme all’Olanda gli Europei del 2000 e si candida ora ad organizzare l’edizione 2020, ha sempre faticato a fare i conti: basti pensare che solo nel 2005 è stata inaugurata davanti al nuovo Heysel la meridiana dello scultore francese Patrick Rimoux, a ricordo della tragedia. Un ricordo che non può cristallizzare il corso del tempo, ma che nemmeno si può rimuovere strumentalmente o cancellare per incuria.