L’Italtennis gioisce e spera: a Wimbledon è nata una stella azzurra. Il 17enne Gianluigi Quinzi ha vinto l’edizione junior del trofeo tennistico più prestigioso del mondo battendo in finale il sudcoreano Hyeon Chung in 105 minuti. L’ultimo italiano a trionfare a Londra, nel torneo riservato alle giovani promesse, era stato il napoletano Diego Nargiso nel 1986.
Il ragazzo prodigio della racchetta italiana a diciassette anni è già un piccolo giramondo che ha abbastanza personalità da dichiarare che: “Il tennis in tv mi annoia molto, non riesco a vedere un match intero figurarsi un intero Slam che dura due settimane. Preferisco lo sci”. I suoi idoli sono Andrè Agassi e Rafa Nadal ma nel suo pantheon personale c’è spazio soprattutto per lo sci e per Alberto Tomba, Lindsay Vonn e Herman Maier.
Prima della finalissima che lo ha visto trionfare, intervistato dal Corriere dello Sport, Quinzi aveva detto: “Non mi diverto a giocare a tennis, faccio solo il mio lavoro”. Insomma, la nuova promessa del tennis azzurro, nato a Cittadella in Veneto ma praticamente ‘adottato’ da Porto San Giorgio nelle Marche, ha personalità da vendere. La sua avventura sportiva comincia da piccolissimo quando ad otto anni emigra negli Usa, all’accademia del tennis di Nick Bollettieri, dove hanno ‘studiato’ gente tipo Andre Agassi, Boris Becker e Pete Sampras, Maria Sharapova, Monica Seles e la ‘nostra’ Sara Errari. Un primo step, a quanto pare, praticamente obbligato per chi vuol mettere le basi per una carriera tennistica tra i Pro. Ma Quinzi e la sua famiglia non avevano pianificato proprio nulla: fu proprio il guru americano della racchetta, insieme ad Adriano Panatta ultima leggenda del tennis maschile italiano, a notare il talento del bimbo ad una manifestazione milanese per la promozione dello sport ed a chiedere al papà del giovanissimo tennista di farlo studiare in America. Dopo l’apprendistato in Usa, il ritorno in Italia dove lavora con il suo attuale allenatore, l’argentino Eduardo Medica, che lo segue con l’obiettivo di sviluppare tutto il suo talento: “A lui non interessa se vinco o perdo – ha detto Quinzi in conferenza stampa – l’unica cosa importante è che nelle gare faccia quello che faccio in allenamento”.
Il suo trionfo, a Wimbledon, deve essere solo una prima tappa. Lui l’ha quasi promesso: “Se continuo così vincerò un torneo dello Slam, quello dei grandi!”. E lo spera tutta l’Italia che, però, deve guardare pure al mezzo fallimento delle sue strutture: Quinzi, infatti, è seguito ed allenato, sin dalla più tenera età da allenatori stranieri. Parla perciò tre lingue: “Sì, ma quella che uso per pensare è lo spagnolo”, ha confessato lo stesso Quinzi.
Occorre evitare che si perda l’ennesimo talento italiano e, come accade negli ultimi anni, devono essere gli stranieri ad apprezzarlo ed a tirarlo fuori. Però, Quinzi, adesso deve solo lavorare sodo. Da parte sua ha un vantaggio: il tennis non è il turbinoso calcio moderno e, perciò, ha tutto il tempo per lavorare e maturare senza fretta. Se sbaglierà un match non finirà certo fuori rosa, sperando di strappare un ingaggio in serie B…