A Lione, venerdì 8 novembre 2019, lo studente di Scienze Politiche dell’Università di Lione, Anas K., si è dato fuoco riportando il 90% di ustioni su tutto il corpo: il ragazzo lotta tra la vita e la morte. Il gesto estremo del giovane francese è stato quasi del tutto ignorato dal mainstream. Eppure se lo stesso episodio, come ben sottolineato da Maurizio Blondet, si fosse verificato a Mosca o davanti all’università di Pechino o Hong Kong, gli stessi media – che oggi ignorano quasi del tutto il fatto in quanto accaduto nella democraticissima Francia di Macron – avrebbero sollevato un polverone in favore della democrazia, della libertà e dei diritti umani messi a repentaglio dalla ferocia del dittatore di turno.
Dalla lettura del post – a tutti gli effetti un vero e proprio testamento politico – comparso sulla sua pagina Facebook, tuttavia, emergono una tutta una serie di problematiche che, non solo attanagliano la Francia, ma anche e soprattutto tutta la società occidentale: precarietà, disoccupazione, assenza dello Stato e delle Istituzioni, mancanza di politiche sociali adeguate.
Il ragazzo si scaglia contro le istituzioni francesi in modo particolare contro le figure dei Presidenti (Sarkozy, Hollande, Macron), l’Unione Europea e Marine Le Pen. Lancia una forte accusa nei confronti del liberalismo, il quale non fa altro che creare ineguaglianze e, allo stesso tempo, dichiara la lotta contro il ritorno del fascismo, una lotta che, nonostante tutto, non fa altro che dividere. Lo studente, di chiara estrazione politica socialista, inoltre, fa sua la battaglia del sindacato studentesco di appartenenza: salario a vita e riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore.
Il gesto del giovane francese, per di più, non fa altro che riportare alla nostra memoria alcuni epidosi passati alla storia. Innanzitutto, il sacrificio di Jan Palach. Patriota che si diede fuoco in Piazza San Venceslao (Praga) e divenuto simbolo della resistenza antisovetica in Cecoslovacchia. In secondo luogo, rievoca Dominique Venner per la scelta oculata del luogo in cui compierlo: Anas ha scelto l’edificio del CROUS a Lione, ossia il Ministero dell’educazione e della ricerca; Venner scelse la Cattedrale di Notre-Dame, simbolo della cristianità e della civiltà europea.
Insomma, sulle parole e sul gesto del giovane Anas tutti noi dovremmo iniziare riflettere. Ogni giorno che passa, a causa di un contesto sociale sempre più nevrotico e di una classe politica dirigente inadeguata alla comprensione e risoluzione delle problematiche attuali, i giovani vedono svanire, davanti ai loro stessi occhi, ogni prospettiva di vita futura. Pertanto, l’unica strada per poter mettere fine a questo sistema – fondato sulla schiavitù e sulla subordinazione dell’uomo ai subdoli meccanismi della finanza e dei mercati – consiste nella immediata rinascita di una coscienza civica volta alla riconquista dei diritti sociali intesi quale forma di affermazione di una società più equa e solidale. (da Stanza101.org)
Non vorrei sembrare cinico, ma per me è solo stato un povero cojonazzo, morto inutilmente… RIP
Nessuno si suicida lucidamente per protesta contro il mondo… Il mondo non può che andare avanti…
Ma quale schiavitù! Parola invocata a torto dai fancazzisti ‘gretini’ di oggi per continuare la loro inutile esistenza fatta di tanti, postsessantottini ‘diritti a vita’ (perchè poi?), tempo libero a iosa e di nulla… I diritti sociali si conquistano rompendosi il c..o lavorando!
Parlo sull’onda emotiva di una tragedia successa stamattina in montagna dove il figlio di una cara amica ( compagno di classe di mia figlia alle elementari) è morto sotto una valanga.
Mi chiedo quale è il senso di una morte, quale significato si deve dare ad una vita e quale diritto abbiamo noi per giudicare ed etichettare un gesto. Quale può essere la valenza pubblica e quindi ” politica” di un suicidio.
Chi ha voglia risponda senza cadere nella banalità, nella approssimazione e tanto meno nell’insulto gratuito
La morte per chi non è credente è solo un avvenimento. Tutti o quasi, da sempre, han cercato di trovare o dare un senso alla morte. Nella continuità dello spirito o dell’ideale, nell’imperscrutabile disegno di Potenze divine, giacchè la mera fatalità è razionalmente compresa, ma emotivamente quasi inaccettabile, al di là del corso della natura. Noi giudichiamo perchè gli altri giudicano…ecc. Blondet e cento altri hanno scritto di Anas K., con maggiore o minore criterio. Perchè noi dovremmo esimerci dal farlo? Perchè Anas K. ha voluto lasciare un messaggio, forte, col suo gesto. Quindi tale messaggio noi abbiamo il diritto di commentare, così come, inevitabilmente, il suo autore.
In effetti non ho mai messo in dubbio la legittimità di commento. Ogni tanto mi nascono delle perplessità sulla qualità di certi interventi. Tutto qui