La terza edizione di Libropolis, il Festival del giornalismo e dell’editoria è ormai giunto al termine. Ma non è tempo di bilanci: quelli, lasciamoli ai contabili. Piuttosto, è giunta l’ora di fare un serio approfondimento sul Festival e le sue innumerevoli potenzialità. Partiamo col dire che è stato un successo da molti auspicato e da molti osteggiato. Per quale motivo? Innanzitutto, tra gli spazi occupati dagli editori -tranne che dall’editoria prezzolata- si è intrattenuto un pubblico di lettori dal notevole humus culturale.
Di certo non i soliti curiosi alla ricerca di un nome noto, dei soliti intrattenitori delle collane dedite alla commercializzazione degli autori abbarbicati alla merceologia del personaggio che è stato costruito. Basta già questo per decidere di salire sul primo treno e raggiungere Pietrasanta. Il visitatore di Libropolis è un lettore à la page, nel vero senso del termine, che dialoga con gli ospiti del Festival, i relatori – tra questi Marco Tarchi, Alain de Benoist e Stenio Solinas, e soprattutto con gli editori.
Ed è proprio questa alchimia, il successo più fecondo, l’amalgama organica che lega indissolubilmente chi scrive un libro, chi lo edita e chi lo legge: un confronto ed un dialogo tra le parti, chiamate in causa, che fa ben sperare per l’editoria italiana. Diciamo pure che è ormai un punto fermo, per le tre componenti principali che danno vita all’evento.
Il pensiero va a quegli editori definiti a torto e con mestizia “minori”, i quali continuano a sfornare dei piccoli capolavori quasi del tutto censurati dai magheggi di Amazon et simila, dalle librerie fighette dove un testo deve seguire lo stesso canovaccio: mai scrivere cose che possano oltraggiare la narrazione standard di una certa “letteratura di qualità”, non pubblicare cose che ostacolerebbero le campagne crossmediali che utilizzano diversi media e mezzi di comunicazione tradizionali e di nuova generazione -quadruplicando la veicolazione del messaggio che si vuol dare- e quelle transmediali, in cui viene aggiunto uno stralcio nuovo o aggiuntivo per rendere appetibile la narrazione del libro-prodotto, a seconda delle piattaforme che si utilizzano.
Una forza d’urto che dovrebbe far impallidire chiunque, alla luce delle demonizzazioni subite da Libropolis, dagli editori e dagli autori ritenuti “scomodi”. Il Presidente della kermesse Alessandro Mosti ha deciso con coraggio, perché è ciò che occorre, assieme alla volontà, di proporre un tipo di cultura che ne non sia quella egemone; portando avanti un discorso in divenire che si discosta dalle sponsorizzazioni di una letteratura che decanta le lodi e la “libertà” di una società, totalmente amministrata.
A Pietrasanta non troverete le tavole dei dieci comandamenti della gauche caviar e né quelle liberal e neocon. Sono assenti i guru e le firme dell’editoria convenzionale e del pensiero dominante. Tra gli appuntamenti letterari, è forse l’unico dove si riesce a discutere di iniziative culturali, dove è possibile confrontarsi sulle tematiche che concernono la filosofia, la metapolitica, l’antropologia, l’archeologia, l’ecologia, la storia, i romanzi d’autore, la musica e le arti. Scusate se è poco!
Ma Libropolis per spostare l’ago della bilancia a per cambiare le sorti di una cultura che non si arrende, ha bisogno della partecipazione e dell’aiuto di tutti. Soprattutto delle tre componenti che ne caratterizzano la personalità. Non basta parlarne e neppure scriverne le lodi. Bisogna confrontarsi e dire la propria per far sì che un evento come questo, possa crescere maggiormente e dar modo di adempiere al suo compito, che è anche quello di far dialogare tra loro l’editoria e le intelligenze culturali, incentivando i lettori ad un confronto costruttivo che non è quello delle sale da tè. Proprio come è già successo in quest’ultima edizione.
Un discorso, quello su kultur-zivilisation, che serve per riflettere sul destino della cultura e dell’uomo, pensandoli nel presente ed elaborandoli, proprio domani.
Libropolis-Festival dell’editoria e del giornalismo
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Info: info@libropolis.org