La sentenza della Corte di Cassazione sul suicidio assistito e sul fine vita, merita un dibattito oltre che politico, sociale. Nella società consumistica vige un principio: fin quando si consuma si sta bene, si vive. Ciò implica che solo se si è soggetti “economici” si può avere una vita degna: qualora, quindi, esistano impedimenti di ogni natura che deviano da questo status, nulla vale e tutto si mette in dubbio.
Altro miracolo della società del benessere è il dogma della felicità: se sei felice, vivi. Se puoi raggiungere il livello di benessere imposto dalla società dei consumi, allora riesci a raggiungere l’estasi. è il mantra del “Produci-consuma-crepa”. Uscire fuori dal cerchio della felicità implica arrivare al terzo vocabolo del jingle e non vivere.
Per raggiungere tali livelli, si è partito da un presupposto: eliminare la sofferenza, perché tutto deve essere perfetto. L’uomo felice non deve soffrire. Nella società economica la fatica, lo sforzo non conta: è importante il cosa, non il come.
In questo senso anche la morte diventa una soluzione e non più il compimento di un percorso di vita. Oltre a ciò anche la libertà cambia prospettiva: poter disporre di se stessi, del proprio io in modo autonomo da individuo perfettamente distaccato dalla società. Da, possiamo dire, mezzo. è diventato il fine stesso della propria vita.
Tale descrizione, socialmente pericolosa, è stata alla base, credo della decisione della Corte: partendo da questi presupposti, hanno stabilito che non è reato aiutare a morire. Anzi si sono spinti oltre: una commissione medica, potrebbe intervenire sul suicidio medicalmente assistito. Hanno portato le lancette degli orologi nei pericolosi anni Trenta tedeschi o russi. La chiamano libertà, forse è semplicemente la morte dello Stato
Sono d’accordo fino ad un certo punto.
Un paralitico, sofferente o meno, è effettivamente inutile allo Stato e quindi sbarazzarsene non vedo come sia “la morte dello Stato” – invece che la sua massima, forse eccessiva, affermazione.
Il suicidio assistito o eutanasia non è una scelta economica, ma di pietà e di civiltà.
Chi è contro l’eutanasia perde. Nessuno (non chi qui ha scritto) politicamente ci guadagna. Quindi, lasciamo la libertà di coscienza dov’essa ha il diritto di esercitarsi e lo Stato – così come lascia vendere sigarette, alcol e droghe, e se uno si vuol suicidare con esse non è colpa sua – non si faccia parte attiva e contraria di una opzione squisitamente personale, di libertà personale. Lo Stato non deve imporre assurdi ‘diritti alla vita’, sia come sia, ma lavorare per ‘vite degne di essere vissute’ semmai…
Se a destra si continua su questa strada ipocrita, assurda, demenziale, sulla stessa linea di quando ci fu il referendum abrogativo del divorzio, certo che vince la sinistra!
Tema estremamente complesso che tocca non solo l’etica ( da cui dovrebbe discendere tutto) passando per la politica la scienza , il diritto e, anche , l’economia purtroppo
L’etica se è vero che è personale, dell’individuo non può che riverberarsi e produrre effetti nella comunità in quanto , anche solo semplicemente somma degli individui. La politica non può che avere il diritto/dovere di gestire il comune sentire del tempo ma non come semplice ragioniera ma cercando di dare un senso al suo tempo.
Il diritto solo allora deve intervenire creando il tetto legislativo per la gestione del “comune sentire”
Ci troviamo, invece, a convivere con una estrema confusione di ruoli, di responsabilità o meglio di de-responsabilizzazione dove si pensa e si spera che qualcuno decida per te per levarti le castagne dal fuoco.
La politica non ha coraggio , perchè l’individuo (elettore) non ha la forza delle proprie idee ( quando ne ha). Neanche chi simbolicamente dovrebbe urlare il proprio no a determinate derive fa sentire la sua voce ( Ho appena letto del Papa che in Mozambico ha redarguito una missionaria che aveva portato all’incontro 2 cattolici da poco convertiti perchè a detta sua bisognava predicare ma mai fare proselitismo!)
Per fermare determinate derive ( per me spacciate come libertà) è vero che si dovrebbe dare senso e dignità alla vita ma si dovrebbe avere ben chiaro quello che si è ed avere vogli ( qui si ne varrebbe la pena ) sporcarsi le mani
Si dovrebbe lavorare per rovesciare il paradigma per il quale determinate vite non sono degne di essere vissute con l’intervento qui si dello Stato che aiuti , appoggi e finanzi nella quotidianità le famiglie di chi è portatore di queste patologie. Senza non può che esserci la solitudine e, conseguentemente, la disperazione.
Ma tutto ciò costa . Quindi non è economicamente sostenibile. quindi meglio spacciare l’ignavia della politica, dello stato come libertà individuale ( si ripete lo schema di tante altre ” conquiste” nei diritti civili o no?)
La breccia è aperta la china intrapresa e la palla di neve diventerà la valanga che tutti ( più o meno consapevolmente) ci aspettiamo
In Canada un paio di anni fa è comparso uno studio sul Medical CanadianJournal che aveva quantificato un risparmio di 140 Mln di dollari annui con l’eutanasia a regime.
Ed allora mi chiedo se esiste una politica che non solo a parole sia contraria a questa deriva e che non faccia finta di nulla solo perchè tra un po si vota.
Io la penso così tutto il resto non è solo noia ma tanto altro…
In estrema sintesi per non annoiare
Don Lasagna Pampero è un emerito cialtrone, sempre!
Bravo Valter, concordo al di là della specifica questione su cui ho un opinione un pò complessa che non è rappresentata ne dai “pro” ne dai “contro”…
Stefano. Ovviamente chi può pagare si paghi l’eutanasia o il suicidio assistito, ci mancherebbe… Ma se la mettiamo in termini grettamente economicistici o di società dei consumi ecc. non abbiamo veramente capito nulla. Io sarei felice, felicissimo di vivere in uno Stato che mi consentisse in un domani tale libera scelta. Voterò in Italia per chi prenderà tale impegno (e non solo allo stato terminale o vegetativo, ma in qualsiasi momento della vita, indipendentemente dalle cause o ragioni). No alla condanna alla vita ad ogni costo! È barbaro, inumano, assurdo. Chi vuol vivere, soffrire, magari pregare, liberissimo di farlo…
Felice messa così sarei sostanzialmente daccordo, purtroppo però le implicazioni sono molteplici, ognuno è libero di scegliere hai ragione ma lo Stato ha il compito anche di regolare certi eccessi… Io per esempio sono contrario ad ogni forma di accanimento terapeutico quindi da questo punto di vista ti appoggio, però allo stesso tempo sono contrario ad un eutanasia indiscriminata e legalizzata per chiunque… Ci sono troppe implicazioni, è vero che è importante lasciare la possibilità di scegliere però incentivare certe pratiche può essere dannoso socialmente, così come dannosi si sono dimostrati aborto ed anche divorzio dal mio punto di vista, non lo dico assolutamente da moralista o bigotto che sono categorie lontanissime da me, ma è una semplice osservazione dei cambiamenti sociali che sono stati istigati da quelle riforme in senso libertario che però hanno contribuito a slegare la comunità e distruggere la famiglia… Per il resto se uno si vuole suicidare non serve una legge che lo autorizzi così come gli aborti si facevano anche prima della legge che però ne ha incentivato e facilitato troppo la pratica…Sono confini molto labili, è difficile legiferare su tali questioni ed io penso che ogni caso è diverso e quindi non possa esserci una giurisdizione livellante, in linea di massima sono contro qualsiasi riforma che vada ad intaccare l’unità del corpus sociale comunitario e di quei “freni” che sono necessari al popolino per non disgregarsi individualmente e collettivamente, diciamo che anche l’eutanasia legalizzata in modo indiscriminato e senza limiti può avere effetti molto negativi, per ora non è questo il nostro caso ma come ho già detto in altro commenti la finestra di Overton si sa come funziona…
Stefano. Lo Stato ha perso ogni valenza etica da tempo e viene normalmente visto come una sanguisuga non solo inutile, ma perniciosa. Purtroppo, si aprono le porte a istinti ed attitudini anarcoidi, ma visto que qualcosa continua, nonostante tutto a funzionare, sia pur male, trovo ripugnante che, volendo togliermi di torno, senza danneggiare nessuno, e disposto per questo pure a pagare il giusto, uno Stato sputtanato di profittatori ed ignoranti venga a farmi la morale (farisaica) e dirmi di no, che non è possibile, ‘perchè lo Stato difende la vita’! Quale vita poi? Quella di omicidi, spacciatori, ladri, mafiosi, corrotti, drogati, degenerati, scafisti, commercianti e speculatori di carne umana ecc., della feccia del mondo, forse quella sì, forse la difende.
Pur essendo conservatore, sono aperto all’eutanasia, purché sia limitata ai soli casi estremi, tipo coma irreversibile o malattia terminale, e consentita ai soli maggiorenni. Inoltre l’eutanasia è una scelta puramente individuale e che non reca danno a nessuno, e non la considero un atto criminale come l’aborto, dove invece viene soppresso un feto, che è persona fin dal concepimento, per decisione non sua, ma per l’egoismo o la superficialità di chi ricorre all’interruzione di gravidanza, che ricordiamolo, consiste nell’uccidere il neonato in grembo con un ago. Se la mettiamo sul piano religioso, l’eutanasia è fortemente condannata dalla morale cristiana perché essendo un suicidio, e dunque l’omicidio di sé stessi, è peccato perché viola il quinto comandamento che recita “non uccidere”.
Indubbiamente, se si ragiona in termini economici, l’eutanasia è fortemente voluta dai liberisti più accaniti per sopprimere soprattutto gli anziani, categoria che non produce e consuma poco, costosa in termini previdenziali e sanitari per le casse dello Stato.
Felice sfondi una porta aperta con il tuo ultimo intervento, su questo sono perfettamente daccordo per carità e non posso che sottoscrivere… Concordo anche con Werner, ed è chiaro che l’aspetto economico lo si voglia o no è parte integrante della questione e uno dei motivi principali per cui i cosiddetti “poteri forti” spingono per questa riforma, e su questo punto particolare sposo in pieno la lettura data da Paolo Caroccia nel pezzo.
Werner. Siccome sei giovane non riesci a capire quanto la vita possa essere un peso insopportabile da vecchi, tra malattie, sofferenze e solitudine. Chi vorrebbe finirla non lo fa certo per fare un favore a qualcuno, vuole soltanto mettere fine a ciò che non ha più senso e prospettive (e non è poi neppure tanto facile, a meno di buttarsi da un viadotto).
Werner. Macchè casi estremi. Solo la libera volontà!
@Guidobono
Sarò pure giovane, ma ti dico questo, che se la legge mi consentisse di decidere, che nel caso in cui diverrò troppo vecchio, non più autosufficiente o che non ragiona più, possa dare il consenso affinché mi si pratichi l’eutanasia per cessare le mie sofferenze o per non essere un peso per gli altri, sono favorevole.
Werner. Non basta!