Napoleone Buonaparte (poi Bonaparte, dal 1796 circa), nasceva 250 anni fa, il 15 agosto 1769, ad Ajaccio, capitale della Corsica, da un anno passata dalla sovranità della Repubblica di Genova alla Francia, ancora durante l’Ancien Régime. L’Imperatore dei Francesi sarà certo ricordato da molteplici commemorazioni, convegni, simposî, cerimonie. Ma non è di lui che vorrei brevemente qui scrivere, quanto della Madre, Maria Letizia Ramolino, Madame Mère.
Pure Letizia Ramolino nacque ad Ajaccio, nel 1750, da Giovanni Gerolamo Ramolino, ispettore generale di ponti e strade della Corsica, e da Angela Maria di Pietrasanta. Il padre morì assai presto e la madre si sposò in seconde nozze con il capitano Octave Fesch, di origini svizzere, da cui nacque un fratellastro, Joseph Fesch, futuro cardinale, poi sempre legato alle vicende familiari e politiche dei Bonaparte. Dotata di una bellezza intensa e severa, che non mancò mai di colpire l’attenzione di chi ebbe occasione di incontrarla, Letizia sposò, a soli tredici anni Carlo Maria Buonaparte, figlio unico di una famiglia di Ajaccio di antico patriziato, ma di assai modesta fortuna. Lei apportò una dote di sette mila lire genovesi.
Il primo figlio, Giuseppe, nacque il 7 gennaio del 1768, dopo un paio, forse tre, gravidanze interrotte e parti seguiti da morti premature. Aspirante avvocato – aveva seguito gli studi di diritto a Pisa e Roma – Carlo, anche per tradizione familiare, era strettamente legato a Pasquale Paoli (1725-1807) ed alla lotta per l’indipendenza della Corsica, da questi condotta per oltre un decennio. Nel 1769 si trovò, quindi, coinvolto nella resistenza che l’esercito di Paoli oppose alle truppe del conte de Vaux, inviate da Luigi XV, re di Francia, diventato sovrano dell’isola l’anno precedente, giacchè Genova non voleva pagare il costo della richiesta azione militare francese per riportare ordine nella turbolenta, montuosa isola tirrenica.
Letizia RemolinoLetizia seguì da vicino il marito negli scontri armati che si succedettero nella primavera del 1769, fino alla sconfitta conclusiva dell’esercito paolista, avvenuta il 9 maggio a Ponte Nuovo. Si edificarono, in quelle circostanze, le prime pagine della leggenda di una sposa ‘bella come una statua antica’, in tutto degna dei modelli classici, coraggiosa, intelligente. A cavallo, correvano insieme attraverso il maquis, e poi in fuga sulle montagne, dove Letizia era incinta del suo secondogenito, Napoleone, che nacque il 15 agosto ad Ajaccio, all’indomani di un armistizio che consentì ai ribelli il ritorno alle loro case, mentre Paoli sceglieva la via dell’esilio in Inghilterra. Ebbero inizio anni di tranquilla esistenza domestica, favoriti dal riavvicinamento di Carlo, che nel frattempo si era laureato in Giurisprudenza a Pisa, ai nuovi padroni dell’isola ed all’amicizia che alla sua famiglia manifestò il Marboeuf, Luogotenente generale di Luigi XV. Alla condotta di vita piuttosto dispendiosa di Carlo si opponeva la parsimonia di Letizia senza, tuttavia, che ciò riuscisse mai ad allontanare dal ménage domestico difficoltà economiche destinate a farsi più gravi nel momento in cui, nel 1783, si manifestarono i primi segni del tumore che in due anni, il 24 febbraio 1785, condusse il giovane Carlo Maria (37 anni) alla morte. Solo dopo l’entrata alle armi di Napoleone la famiglia riprese una certa prosperità.
(Da Ramolino, Letizia di Luigi Mascilli Migliorini, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 86, 2018. http://www.treccani.it/enciclopedia/letizia-ramolino).
Maman Bonaparte era ‘une femme menue, mais très fine et très bien proportionnée’ (tuttavia alta 1,65). Scrisse anni dopo Pierre Loto, noto romanziere di stile impressionista:
‘Elle lui ressemble (a Napoleone); elle a les mêmes yeux impératifs et les mêmes cheveux plats en mèches collées; son expression, d’une intensité surprenante, a je ne sais quoi de triste, de hagard, de suppliant; elle paraît comme en proie à l’angoisse de ne plus être. La figure, on ne comprend pas pourquoi, n’est pas restée au milieu du cadre, et l’on dirait une morte, effarée de se trouver dans la nuit, qui aurait mis furtivement la tête au trou obscur de cet ovale pour essayer de regarder, à travers la brume du verre terni, ce que font les vivants et ce qu’est devenue la gloire de son fils’. (Le Livre de la Pitie et de la Mort, 1891).
Letizia fuggì dalla Corsica con i bambini più piccoli a causa di una nuova rivolta capeggiata da Pasquale Paoli, nel 1793, e si rifugiò prima a Marsiglia e, tre anni dopo, a Parigi. Letizia e Carlo avevano generato 13, o forse 14, figli, 2 o 3 nati morti, mentre altri 3 morirono nella primissima età, come era purtroppo comune in quel tempo. Gli otto sopravvissuti conobbero, peraltro, ebbero grandi fortune. Questa la loro successione:
Napoleone Buonaparte (1764/1765 – 17 agosto 1765);
Maria Anna Buonaparte (3 gennaio 1767 – 1º gennaio 1768);
Giuseppe Buonaparte (7 gennaio 1768 – 28 luglio 1844), prima re di Napoli e poi re di Spagna;
Napoleone Bonaparte (15 agosto 1769 – 5 maggio 1821), primo console di Francia, imperatore dei francesi, presidente della Repubblica Italiana, re d’Italia, protettore della Confederazione del Reno, mediatore della Confederazione svizzera e coprincipe di Andorra, omonimo del fratello maggiore deceduto;
Una figlia nata morta (1770);
Maria Anna Buonaparte (14 luglio – 23 novembre 1771), omonima delle sorella maggiore deceduta;
Un figlio nato morto (1772);
Luciano Buonaparte (21 maggio 1775 – 29 giugno 1840), principe di Canino e Musignano;
Elisa Buonaparte (3 gennaio 1777 – 7 agosto 1820), granduchessa di Toscana, principessa di Lucca e Piombino e duchessa di Massa e principessa di Carrara;
Luigi Buonaparte (2 settembre 1778 – 25 luglio 1846), re d’Olanda;
Paolina Buonaparte (Maria Paolina Bonaparte) (20 ottobre 1780 – 9 giugno 1825), principessa Borghese e duchessa di Guastalla;
Carolina Buonaparte (24 marzo 1782 – 18 maggio 1839), moglie di Gioacchino Murat, prima granduchessa consorte di Berg e Clèves e poi regina consorte di Napoli;
Girolamo Buonaparte (15 novembre 1784 – 24 giugno, 1860), re di Vestfalia.
I Buonaparte erano una famiglia còrsa d’origine toscana ed italiana. Secondo la versione accettata dallo stesso Napoleone, i Buonaparte erano originari di Firenze, dove si schierarono con la fazione ghibellina. Con la vittoria dei Guelfi, nel Duecento, dovettero lasciare la città andando in esilio, prima a San Miniato, ed infine a Sarzana, nell’allora Repubblica di Genova. Francesco “il Mauro” Buonaparte, nobile di Sarzana, mercenario (balestriere a cavallo) nell’Armata dell’Ufficio di San Giorgio, si recò in Corsica nel 1490 e di nuovo nel 1514. Molti territori della Serenissima Repubblica di Genova erano governati direttamente dal Banco o Ufficio di San Giorgio, una istituzione finanziaria fondada nel 1407, fra le più antiche d’Europa. Nel 1567 la famiglia lasciò definitivamente Sarzana,vendendo i possedimenti che colà aveva. Il legame con la penisola italiana non fu però mai rescisso: Carlo Maria Buonaparte studiò diritto all’Università di Pisa, così come altri Buonaparte. Ed attraverso i lontani parenti di San Miniato, nel Granducato di Toscana, riuscì a ottenere il titolo di nobile di San Miniato, che gli permise, il 13 settembre 1771, di essere iscritto nel libro della nobiltà còrsa sostenitrice dei francesi, diventati i nuovi dominatori dell’isola. Sarà Sostituto Procuratore del Re di Francia ad Ajaccio, X-1770, Assessore della Regia Giurisdizione di Ajaccio, II.1771, Deputato della Nobiltà negli Stati Generali di Corsica il 13-9-1771, Membro del Consiglio dei Dodici Nobili del Di là dei Monti (Corsica Occidentale), V-1772, e, infine, Rappresentante della Nobiltà di Corsica alla Corte Reale di Francia, VII.1777.
Il giovane Napoleone giudicherà severamente il genitore per aver abbandonato Paoli ed aver collaborato con i francesi. Eppure la rioccupazione francese della Corsica – quando nell’ottobre 1796 gli inglesi evacuarono l’isola – sarà per mano dell’Armata d’Italia, guidata paradossalmente proprio dal generale Bonaparte… Lui che, prima di nascere, suo padre aveva pronosticato come “le vengeur de la Corse!”. Ma il ritorno in Corsica della potenza francese vittoriosa in Europa non riporta né la pace, né la prosperità sull’isola. Le ribellioni e le rivolte si susseguono. Alla caduta di Napoleone gli ajaccini gettano in mare il busto del loro concittadino ed inalberano… i vessilli borbonici!
Carlo Maria Buonaparte aveva solo 18 anni quando lo zio paterno, l’arcidiacono Luciano, conoscendone il carattere focoso, la sensualità, che trasmise a tutti i figli, gli fece sposare, il 2 giugno 1764, Letizia Ramolino, di antica eppur modesta nobiltà di origine genovese e toscana: «un bel giovanotto, robusto come Murat» ricorderà la vedova nei Souvenirs dettati in tarda età; era intelligent et brillant, mais léger, versatile, joueur, libertin, poco interessato all’educazione della prole (alla quale si dedicava peraltro con grande impegno la giovane moglie), ma sì al loro futuro.
È con una certa difficoltà, ed usando straordinari doti di persuasione con il marchese Charles-Louis de Marboeuf, che Carlo Buonaparte riesce ad esibire i “quattro quarti di nobiltà”, necessari per ricoprire gli uffici pubblici menzionati e, soprattutto, per far assegnare ai figli maschi maggiori, Giuseppe e Napoleone, delle reali Borse di Studio. Così Napoleone sarà iscritto alla Scuola Militare di Brienne e Giuseppe entrerà nel Seminario di Autun, mentre il loro giovane zio, il canonico Joseph Fesch, otterrà un posto di rilievo nel Seminario d’Aix.
Dopo un’infanzia normale, il picccolo Napoleone sbarca sul continente nel 1779 (ad appena 9 anni) per frequentare il collegio di Autun, e l’anno seguente la scuola militare di Brienne. L’esotico isolano, che all’inizio non parlava una sola parola di francese, ma era bravissimo in matematica, era preso in giro dai suoi aristocratici compagni, per il nome e soprattutto per il suo povero vestiario, le stoffe lise, le scarpe guaste. Il ragazzino orgoglioso si isolò, ai giochi dell’età preferì allora la lettura dei grandi autori.
Dal canto suo, la consorte di Carlo allevò gli otto rampolli con una rigorosa disciplina. Intransigente in materia d’onore, ménagère modello e meravigliosa educatrice, Letizia meritò appieno l’affetto ed il rispetto che i suoi figli e figlie sempre le manifestarono, venne poi scritto. Il suo forte e deciso carattere, fondamenti religiosi saldi e principi morali elevati, faranno dire a Napoleone, certo non un femminista, che “ha una testa di uomo in un corpo di donna!”
Un carattere austero come quello di Letizia mal si accorderà con la stravaganza di Giuseppina di Beauharnais, che il figlio Napoleone sposerà il 9 marzo 1796, all’inizio della sua incredibile ascesa. Tre gorni dopo, il giovanissimo generale, al comando dell’Armata d’Italia, partirà alla conquista della penisola. Si definí allora il complesso rapporto tra Letizia e Napoleone, sul quale hanno insistito i suoi biografi. Sin dall’inizio, pur amando e ammirando questo figlio così straordinario (tuttavia, le sue simpatie andavano più al debole Giuseppe ed al ribelle Luciano), ne intuì l’eccesso dell’ambizione caratteriale e, dunque, la probabile rovina del progetto politico. All’opposto, Napoleone venerava la madre, della quale ammirava il temperamento coraggioso così simile al suo, pur soffrendo il controllo che ella esercitava sulla famiglia e che spesso intralciava i suoi disegni. Da buona còrsa, Letizia aveva il culto del clan familiare e faceva di tutto, sia pure con alterna fortuna, per mantenerlo coeso e socialmente elevato. Fino a che la “politica matrimoniale familiare” venne fatta propria da Napoleone.
A Marsiglia Giuseppe e Napoleone fecero conoscenza con la famiglia Clary, ricchi commercianti di saponi. Le loro due figlie, Julie e la minore, più graziosa, Désiré, con una dote di 150.000 franchi, attirarono l’attenzione loro e della maman. Giuseppe sposerà Julie, mentre Napoleone a Désirée preferirà poi la matura vedova Joséphine Tascher de la Pagerie. In una visione dove i sentimenti hanno poco spazio, conta il ‘buon partito’, per quattrini ed influenze. Ma Luciano, che Napoleone reputa il più dotato dei suoi fratelli, esce dallo schema, sposa Catherine Boyer, la sorella analfabeta di un albergatore e, prematuramente vedovo, la vecchia amante, Alexandrine de Bleschamp, già moglie di un modesto banchiere. La collera di Napoleone è terribile, anche se Alexandrine ha appena 25 anni nel 1803, è di origini aristocratiche, è simpatica e con stile, e darà al fratello ben nove figli. Per Letizia trattasi di un matrimonio non vantaggioso, una sorta di catastrofe per il prestigio del clan. Tuttavia, Madame Letizia sapeva conservare sempre il senso della misura e cercherà per anni la riconciliazione tra i suoi due figli, resa impossibile dal rifiuto di Luciano di rompere il suo matrimonio e per i pesanti apprezzamenti sul potentissimo fratello. Solo parzialmente Luciano si riconcilierà con lui durante i Cento Giorni, nel 1815. Già segretario particolare di Pasquale Paoli, Luciano fu giacobino, amico di Robespierre, poi giovane deputato e presidente della Camera, Ministro dell’Interno della Repubblica. Infine, egli sarà fatto prigioniero degli inglesi, mentre stava recandosi in America e, nel 1814, creato principe di Canino da Papa Pio VII. Sempre poi godette della protezione ed apprezzamento dei Pontefici e sarà l’unico dei Bonaparte, non avendo mai ricevuto un trono dal fratello Imperatore, a poter risiedere tranquillamente a Roma ed in Italia.
A partire dal coup d’état del 18 Brumaio (9 novembre 1799), con il quale venne abolito il Direttorio ed istituito il Consolato, con Napoleone alla sua testa, Letizia conobbe, comunque, un inaspettato e notevole benessere materiale, grazie alle pensioni accordatele. Il fratello Luciano presiedeva allora il Conseil des Cinq-Cents, la Camera Bassa legislativa, e svolse un ruolo fondamentale per il suo successo con Sieyès, Cambacérès e Talleyrand.
Contrariamente a quanto appare nel famoso dipinto di David, Madame Letizia non assistette nel 1804 all’incoronazione ad imperatore di Napoleone a Notre-Dame, a causa del perdurante disaccordo sul suo matrimonio e sull’incoronazione. Nel 1805 ella fu, tuttavia, insignita del titolo di Madame Mère. Lontano dalla corte, la donna si stabilì al castello di Pont-sur-Seine, offertole dal figlio, risiedendo all’hotel di Brienne durante le rare visite a Parigi. Da buona còrsa, imbevuta di cultura italiana, Letizia non imparò mai bene la lingua francese. Anche negli anni di maggior gloria di Napoleone, Letizia aveva conservato il senso della durezza e della imprevedibilità della vita e condusse vita modesta e ritirata. Contraria alla proclamazione dell’Impero, è rimasto celebre il suo «Pourvu que ça dure!», ad apprendere le mirabolanti vittorie militari del geniale figlio. Per quanto concerne il suo carattere, era, come accennato, una donna severa, rigida, che tuttavia si preoccupava e si curava moltissimo dei figli; a loro, come racconterà Napoleone più tardi, non fece mai mancare un grande affetto e neppure sculacciate e vergate sulle nude terga, secondo la pedagogia aspra dell’epoca: “Ma mère avait la main légère, était très crainte” (mia madre era di mano svelta e molto temuta) ricorderà a Sant’Elena il deposto Imperatore dei Francesi.
Inizialmente a Letizia venne conferito il titolo di Altezza Imperiale con l’appellativo di madame mère. Successivamente, nel 1808, venne incoronata come imperatrice mère. Il nuovo matrimonio di Napoleone – al quale consigliò ripetutamente, ma invano, di sposare una francese – con Maria Luisa d’Austria (1810) la allontanò dai luoghi del potere imperiale, né a riavvicinarla servì a molto la nascita, nel marzo 1811, del ‘Re di Roma’. Fu nella catastrofe finale che Letizia riapparve in primo piano, unendo le preoccupazioni di madre per il figlio ormai caduto, per la famiglia in pericolo, a quelle più strettamente politiche. Nella crisi della primavera 1814 la stessa partecipò – ed aveva già 64 anni – agli inutili tentativi del Consiglio di Reggenza per favorire la successione al trono del piccolo Napoleone II. Al momento dell’abdicazione partì per Roma dove il Papa, come già era avvenuto per Luciano, le offrì accoglienza. Vi giunse il 12 maggio, pronta, però, a rimettersi per strada per raggiungere Napoleone all’isola d’Elba, dove egli era stato, nel frattempo, esiliato. All’Elba Letizia arrivò nei primi giorni di agosto.
“Madame Mère avait une âme forte et trempée aux plus grands évènements. C’est à ma mère que je dois ma fortune et tout ce que j’ai fait de bien”, dirà Napoleone nel Mémorial de Sainte-Hélène, scritto da Emmanuel de Las Cases: “Lei mi comunicava l’orgoglio e mi predicava la ragione; era tuttavia troppo parsimoniosa” anche se, secondo il figlio, la madre “dava molto ai figli in segreto, del resto, questa stessa donna, alla quale difficilmente avrebbero scucito uno scudo, mi offrì tutto per preparare il mio ritorno dall’Elba (…); dopo Waterloo fu condannata a mangiare del pane nero, senza un lamento. Per lei il grande sopravvanzava il piccolo: la fierezza, l’ambizione nobile precedevano ogni avarizia”.
Dopo la sconfitta di Waterloo, Napoleone e la madre si ritirarono alla ‘Malmaison’, una villa a 12 km. da Parigi, già rifugio di Giuseppina di Beauharnais, fino al 19 giugno 1815. L’Imperatore pensava ancora di potersi recare negli Stati Uniti. Imbarcato sul ‘Bellerofonte’ non rivedrà mai più Madame Mère. Malgrado le sue insistenze, a Madame Letizia non sarà mai concesso di recarsi a Sant’Elena. Il 13 luglio la donna ed il fratello Cardinale lasciano Parigi.
Profondamente religiosa, Letizia si mise sotto la protezione del Papa e si trasferì a Roma, abitando prima in via Giulia, a Palazzo Falconieri presso il Cardinale Fesch, grande collezionista d’arte, poi dal 1818 nel palazzo Bonaparte, a Piazza Venezia. Il 16 luglio 1821 si diffonde a Roma la notizia del decesso dell’Imperatore, avvenuta a Sant’Elena il 5 maggio precedente. Quando, il 22 luglio, Madame Letizia ne viene a conoscenza lancia un grido terribile e sviene. Napoleone è morto e la madre ne è annientata. Per lei è come la fine del mondo. Ed altri lutti, Paolina, Elisa, il nipote Napoleone, “Re di Roma”, che mai ha potuto riabbracciare.
L’anziana Letizia usciva ormai raramente dal palazzo di piazza Venezia, sempre controllato dalla polizia pontificia e da quella borbonica, che non cessavano di immaginarla come l’anima di complotti politici tesi al ritorno dei Bonaparte sul trono di Francia. In effetti, da palazzo Bonaparte Letizia divenne, in quegli anni, il punto di riferimento dell’intera famiglia, dei figli e le figlie, tutti banditi dalla Francia, ma anche degli irrequieti nipoti che crescevano nel ricordo e nella rivendicazione della loro tradizione. «La venerabile madre di questi illustri proscritti – raccontò de Bausset, l’antico prefetto del Palazzo Imperiale, che le rese visita nel 1828 – passa l’inverno a Roma e l’estate ad Albano, che non è molto distante. Così tanti dolori hanno toccato il suo animo, che ella non ha trovato altra consolazione che l’esercizio di una beneficenza illuminata e di una pietà melanconica che le hanno meritato la stima e il rispetto di tutta l’Italia».
Figlia di Giuseppe Bonaparte, allora in America, Charlotte già allieva di Jacques-Louis David, realizzò nel 1835 un notevole disegno della nonna, la ‘Mater Napoleonis’, nel quale ella appare molto anziana e fragile, essendosi pure fratturato un femore nel 1831. Nonostante la forzata immobilità e l’età (85), per l’epoca avanzatissima, la donna nulla pareva aver perso della propria lucidità e volontà.
Il 2 febbraio 1836, una notte Madame Letizia parve addormentarsi e morì, in un sonno tranquillo. Così si spense Maria Letizia Ramolino Bonaparte, madre dell’Imperatore Napoleone I, nonna del futuro Imperatore Napoleone III, madre del Re Giuseppe I di Spagna, del Re Luigi d’Olanda, del Re Gerolamo di Vestfalia, della Regina Carolina di Napoli, della Granduchessa Elisa e della principessa Paolina. Tutti i titolo accumulati dalla prole di questa donna assennata e tradizionale non avevano alterato la semplicità dei suoi costumi, né l’austerità della sua attitudine verso la gloria come verso le avversità. Le sue ceneri riposano nell’amata Ajaccio, nella Chapelle Impériale, fatta edificare dal nipote Napoleone III, dal 1857.
(Cfr. Paul Antonini, Letizia Bonaparte, mère de l’Empereur, 1996. http://accademiacorsa.org).
Cfr. anche: https://www.muyhistoria.es/contemporanea/articulo/la-singular-madre-de-napoleon-maria-letizia-ramolino-921503490104; Éric Le Nabour, Letizia Bonaparte: la mère exemplaire de Napoléon Ier, Pygmalion, Paris, 2003. https://forum.napoleon1er.net/viewtopic.php?f=5&t=64134; HTTPS://WWW.NAPOLEON.ORG/HISTOIRE-DES-2-EMPIRES; Edgarda Ferri, Letizia Bonaparte. Vita, potere e tragedia della madre di Napoleone, Milano, Mondadori, 2005.https://fr.wikipedia.org/wiki/Letizia_Bonaparte; https://www.napoleon.org/en/history-of-the-two-empires/paintings/letizia-ramolino-bonaparte-napoleonis-mater-2/ (Sito Fondazione Napoleone) ; http://inmf.org/Vidadenapoleon.htm.