Pubblichiamo l’introduzione di Cristina Di Giorgi al saggio “Cesare Amé e i suoi agenti” edito da Idrovolante
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Spie, segreti, avventure, imprese militari, sabotaggi, sconfitte evitate, ambasciate straniere, telegrammi, cifrari, stazioni radio in territorio nemico. Nel libro che state per leggere c’è tutto questo. E anche molto altro. Gabriele Bagnoli ha voluto infatti raccontare una pagina di storia d’Italia piuttosto poco conosciuta. Avvolta nel mistero insomma. Una definizione quanto mai appropriata, visto che il protagonista, o meglio, i protagonisti, sono Cesare Amé e gli uomini che, ai suoi ordini, hanno operato in qualità di agenti dell’intelligence tricolore su tutti i fronti in cui le truppe del nostro Paese hanno dato prova di sé nel corso del secondo conflitto mondiale. Uomini coraggiosi che, guidati da un Generale tanto astuto quanto lungimirante, si sono resi attori degni delle migliori spy stories. Eppure le loro vicende non sono il frutto della mente geniale di qualche romanziere. Sono storie vere di rischi corsi, scommesse vinte, battaglie perse. E in alcuni casi anche di sangue versato. E di decorazioni al Valore più che meritate. L’autore di Cesare Amé e i suoi agenti ha letto, ricercato e studiato una immensa mole di documenti e materiale. Che ha riordinato e sintetizzato seguendo un ordine sia geografico sia cronologico: le storie delle spie italiane, infatti, sono raccolte per scenario di operazioni e per data. L’intenzione di Gabriele Bagnoli, in tutta evidenza, è quella di fornire al lettore la possibilità di avvicinarsi a questi uomini i cui nomi non sono stati quasi mai sotto la luce dei riflettori. Anche se ne avrebbero avuto, storicamente, militarmente ed eticamente parlando, tutti i diritti. Grazie a questo volume verrete forse per la prima volta a conoscenza di nomi che non avevate ancora incontrato sui libri di storia”.
L’autore stesso, in più parti del volume, ricorda come, “in altre parti del mondo, di tali eventi ne avrebbero tratto pellicole cinematografiche e film di successo: il Maggiore Manfredi Talamo, il Capitano Francesco De Martini, il Tenente Colonnello Fettarappa Sandri e i loro uomini, portarono a termine azioni segrete che sembrano, oggi, uscite dalla penna di Jan Fleming”. Vinicio Araldi, giornalista e scrittore, nel 1969, anno buio nella storia d’Italia, a cui si fa risalire l’inizio della strategia della tensione con l’orribile attentato stragista del 12 dicembre alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano, scriveva in Guerra segreta in tempo di pace: “I nostri servizi di sicurezza, nati praticamente con lo Stato, sono stati considerati sempre tra i più efficienti. Raramente le loro gesta sono arrivate fino alla cronaca dei giornali e questo non certo per la loro inerzia, ma per la discrezione che ne ha circondato le gesta e per la quasi assoluta mancanza, nella loro storia, di clamorosi smacchi. Ciò anche in periodi, come quello bellico, nei quali l’attività istituzionale si è rivelata particolarmente impegnativa e si è svolta in condizioni di marcato svantaggio rispetto a quella di potenze tanto più forti e ricche”. Noi Italiani, purtroppo, abbiamo la memoria corta e tendiamo a dimenticarci, a scordarci, della nostra storia e di coloro che fecero grande questa nostra Italia. Gli uomini guidati dal Generale Cesare Amé, operarono e agirono nell’ombra e, spesso, nell’ombra sono rimasti. Nel libro Cesare Amé e i suoi uomini sono narrate le loro storie e le loro avventure oltre le linee nemiche, tra i vicoli di Roma, dove avevano sede le ambasciate straniere, e nelle zone più remote del pianeta, passando dal Medio Oriente e arrivando fino a Shangai. Molti furono coloro che restarono uccisi e che vennero fatti prigionieri. Tanti altri, infine, assistettero impotenti alla sconfitta dell’Italia nel conflitto.
Sì, forse bisognerebbe, per completezza, anche ricordare quanto su di lui scrisse Ciano nel suo Diario e del Processo dopo la guerra sull’affaire dei Fratelli Rosselli…Ma forse tutto c’è nel libro…
Mi sa che forse ti confondi con il predecessore di Amé, il Generale Giacomo Carboni. Su Amé, Ciano nel Diario ebbe solo parole di elogio per il lavoro svolto. In compenso ne ebbe quasi di deplorevoli per lo stesso Carboni. Per quanto riguarda il caso dei Fratelli Rosselli, avvenuto negli Anni Trenta, Amé ricoprì incarichi presso reparti operativi, tra cui la divisione di fanteria Murge e Legnano, per essere assegnato al SIM solo nel settembre 1939
Semmai con il colonnello Santo Emanuele, che Ciano elogia in quanto “con pochi scrupoli”. Su quella vicenda Ciano è contraddittorio, ambiguo e forse riscrisse alcune parti del Diario. Prima dice che il duce era molto preoccupato per l’agguato e l’omicidio della Cagoule e poi un enfatico: “comunque noi non c’entriamo!”. Stranamente, il nome di Emanuele fu il nome fatto, e poi negato, proprio da Amè durante il giudizio che dapprima si concluse con una condanna all’ergastolo per il colonnello… Personalmente credo che l’assassinio dei Rosselli fu simile a quello di Matteotti (o se vogliamo di Pecorelli): volevano inguaiare Mussolini, così come volevano poi inguaiare Andreotti. SIM o altri. Far fuori un notorio nemico di un potente è un’operazione che può sempre dare buoni dividendi… Chissà Carboni, che era comunista…
Guido ho letto questo libro. Posso dirti che la ricostruzione si concentra sulle azioni del SIM durante la seconda guerra mondiale, ripercorrendo la carriera di Amé da quando venne chiamato in qualità di vice capo dal Generale Carboni, fino alla data dell’8 settembre 1943, in quanto Amé venne defenestrato da Badoglio. Se cerchi qualcosa sui fratelli Rosselli, l’era Roatta e i processi che si sono celebrati, mi dispiace non ne troverai, semplicemente perché non è un libro sulla storia del SIM ma sugli agenti che presero parte al secondo conflitto mondiale. Sarà una delusione per te? È semplicemente il periodo diverso…