I precedenti sono numerosi, a partire dal mitico Sherlock Holmes che vanta più tentativi di imitazione della Settimana Enigmistica. Si prende un investigatore famoso ormai scomparso dagli scaffali delle librerie (di solito a causa del decesso del suo autore), ci si accorda con gli eredi che ne detengono i diritti, si cerca un editore e, voilà, ecco varata l’Operazione Lazzaro. La riesumazione del cadavere illustre da riproporre come un santino agli orfani inconsolabili del vecchio personaggio, cioè i lettori.
L’ultima Operazione Lazzaro è la resurrezione di Pepe Carvalho, il famoso detective-gourmet nato dalla penna ispirata dello spagnolo Vàzquez Montalbàn verso la metà degli anni Settanta e prosperato, successo dopo successo, fino al 2005, quando sono usciti “Millennio 1” e “Millennio 2”, i due romanzi postumi (l’autore ci aveva prematuramente lasciato nel 2003, stroncato da un infarto all’aeroporto di Bangkok). Da allora, il silenzio. Soltanto le riletture dei diciotto romanzi con Pepe protagonista e dei numerosi racconti scritti nel tempo da Vàzquez Montalbàn per giornali vari, perché l’editoria è come la norcineria: dell’autore (di successo) non si butta via niente.
A riaprire il sepolcro di Pepe Carvalho è stato lo scrittore catalano Carlos Zanòn, che a inizio anno ha pubblicato per il colosso spagnolo Planeta il romanzo “Carvalho, problemas de identidad”, da poco tradotto e pubblicato in Italia da SEM con lo stesso titolo: “Carvalho, problemi di identità” (330 pagine, 18 euro, traduzione di Bruno Arpaia).
Premessa: in passato ho letto tutti i romanzi di Vàzquez Montalbàn con protagonista Pepe Carvalho e anche un paio senza. È uno dei miei detective di carta preferiti. Per indole sono poco propenso alle riesumazioni letterarie, ma la carne è debole perciò senza troppa resistenza mi sono fatto convincere dall’amico libraio a comprare il libro di Zanòn. L’ho letto. L’ho “digerito” e ci ho pensato sopra per alcuni giorni. Queste sono le mie impressioni.
Zanòn è bravo, scrive molto bene e si sforza di trattare la materia Carvalho con tutta la delicatezza del caso. Intanto il romanzo è scritto in prima persona (anziché in terza), cioè a parlare è lo stesso Pepe, quasi a voler prendere le distanze dalla descrizione che di lui faceva l’autore nei libri precedenti. E ogni tanto il detective parla con nostalgia proprio dello Scrittore, colui che suo malgrado lo ha reso famoso.
L’intreccio è “carvalhiano”, forse anche troppo. Nel senso che il percorso esistenziale dell’investigatore, sempre più vecchio e imbolsito, prevale sulla trama poliziesca, che pure in Vàzquez Montalbàn c’era e aveva una certa rilevanza. Dei personaggi di contorno c’è un Biscuter molto diverso dall’originale, non c’è più Charo se non nei ricordi del protagonista e non c’è più neppure l’amico vicino di casa Fuster. Compaiono un paio di nuove figure non particolarmente rilevanti. Invece sullo sfondo c’è sempre Barcellona: una città molto cambiata (del resto sono passati più di quindici anni), descritta sull’orlo di una crisi di nervi a causa del processo di separatismo ormai prossimo al referendum del 2017.
Logorato dalla relazione pericolosa con un’amante madrilena, che sembra giocare con lui al gatto e al topo, Pepe affronta stancamente un paio di indagini che nel corso del romanzo si avvitano senza troppa convinzione, sino ad arrivare a un risultato finale più o meno prevedibile. Ma per Zanòn la trama gialla è poco più di un pretesto per far muovere al rallentatore l’investigatore gallego-catalano (forse malato e vicino alla fine) nella città che l’ha reso noto. Anche i classici riti della preparazione di manicaretti gastronomici e dei libri bruciati nel camino sembrano più che altro una stanca abitudine che si ripete per noia.
Insomma, il romanzo non è male e in certi momenti Pepe Carvalho riprende vita e assume i suoi veri connotati, ma in generale la narrazione si trascina per le 330 pagine con una certa fatica e una volta chiuso il libro a prevalere è l’istinto di andarsi a rileggere una delle vecchie indagini di Vàzquez Montalban. Io Lazzaro l’avrei lasciato chiuso nel suo sepolcro.