E’ morta Ilaria Occhini, artista e attrice italiana.
Era nata a Firenze il 28 marzo 1934, aristocratica per parte paterna, figlia del nobile Barna Occhini, e nipote dello scrittore Giovanni Papini per parte di madre.
Il suo ricordo indelebile lo lasciamo a qualche brano della sua autobiografia (“La bellezza quotidiana. Una vita senza trucco”, Rizzoli, 2016), ricordi legati alla sua famiglia:
“Il nonno [Giovanni Papini] abitava in un villino di via Guerrazzi, non lontano dalla casa dei miei genitori. Quel villino, di due piani e poche stanze, con un piccolo giardino intorno, lo ricordo ancora bene: c’erano due enormi tigli e lì, sotto quei tigli, il nonno riceveva gli amici” (….) “Spesso trovavo il suo salotto pieno di gente, e anni dopo avrei saputo chi erano quelle persone, i loro nomi erano ben conosciuti a Firenze, erano quelli che avevano animato le maggiori riviste letterarie del tempo, “La Voce”, “Leonardo”, “Lacerba”, partecipato alle battaglie futuriste, fatto conoscere Apollinaire, Rimbaud, Laforgue e i simbolisti francesi. Io amavo soprattutto Ardengo Soffici, e gli sono restata sempre amica, perché mi piaceva il suo carattere e poi più tardi mi sarebbe piaciuta la sua pittura. Ma venivano in tanti: Prezzolini, Cicognani, Pancrazi, Bargellini, Lisi, Luzi, Spadolini, Primo Conti, Amendola… Insomma, tutti gli scrittori e gli intellettuali più in vista a Firenze erano ospiti del nonno. Lui era un uomo spiritosissimo, sempre allegro, non gli ho mai sentito dire qualcosa di malevolo, eppure nell’ambiente fiorentino era facile il pettegolezzo e perfino la maldicenza”.
(…) “Mio padre Barna e mia madre Gioconda, figlia di Papini, erano tutt’e due bellissimi. Lui per me era come un attore del cinema degli anni Trenta, ma aveva un’aria seria e riservata, a volte corrucciata. Era un critico d’arte, amava soprattutto la pittura del Quattrocento, ma anche la letteratura, i grandi libri russi, alcuni dei quali mi fece leggere quando ero ancora giovanissima. In un suo scritto parla della beatitudine di lui giovane, in giardino, rapito dalla lettura di “Guerra e pace”. Mia madre era splendida con la sua chioma d’un colore ramato e due grandi occhi verdi che le illuminavano il viso. Erano una bella coppia e si amavano moltissimo, erano tanto presi l’uno dell’altra che io credo noi figli venissimo dopo. Intendiamoci, non voglio dire che io e i miei fratelli Simone e Alvise non siamo stati amati abbastanza, ma quel che c’era tra loro due sembrava avere un’altezza e un’aura irraggiungibili, almeno io così sentivo allora”. (…)
Ma poi ci furono anche i tempi tristi e drammatici, quando il nonno Papini e il babbo Barna pagarono il loro impegno nel fascismo, compreso l’ultimo, quello repubblicano, quello più difficile. Così ricordava quel tempo Ilaria:
“Sul finire della guerra a mio padre toccò il campo di prigionia, per essere stato il fondatore e il direttore della rivista “Italia e Civiltà”, che ebbe per collaboratori Soffici, Spadolini, Gentile e altri rappresentanti di un fascismo di sinistra che, nel pieno della guerra civile, fece sentire la sua voce. Si esposero così a rappresaglia, e mio padre fu spedito ad Amelia, insieme a Soffici. Soprattutto in quel periodo, ricordo che mia madre fu naturalmente obbligata a dedicargli attenzioni particolari che la portavano lontano da noi (…) Di questa situazione, non lo nego, abbiamo sofferto. Conservo il ricordo molto preciso di un episodio di quegli anni: mentre mio padre era ancora ricercato e costretto a vivere nascosto, io mi aggiravo sulla bicicletta nel tratto di strada tra la mia casa e quella del nonno, e proprio lì un uomo con un fazzoletto rosso al collo mi chiese: “Bambina, sai dirmi dov’è la casa di Barna Occhini?”. E io, pronta, risposi senza abbassare gli occhi: “Non lo conosco”. Avevo già imparato a recitare, con naturalezza, mentre il cuore mi batteva forte.”
(….) “Penso allo zio Oddo, il fratello di mio padre, un uomo bello e affascinante, a quando ritornò dopo gli anni passati in Africa orientale e un lungo internamento in un campo di prigionia inglese, e vidi il suo viso rinsecchito per gli stenti, e che gli mancavano tutti denti. Anche lui era stato fascista entusiasta, e con quell’entusiasmo era stato di leva nella guerra in Etiopia. E penso a mia madre, alla sua fine così tragica”.
Addio Ilaria, non ti dimenticheremo.
Bellissima donna, peccato che ha rovinato la sua bellezza con la sua militanza nei Radicali, ovvero il male assoluto della politica italiana.
Werner. Non esageriamo…
Leggo che nel 2008 ha sostenuto la lista Pro Life di Ferrara…ad ogni modo, la ricordo con piacere in una commediola natalizia di alcuni anni fa, “Una famiglia perfetta”.