L’immaginario artistico della psicomachia del cavaliere cristiano contro il drago appare sterminata e amplissima nei secoli: a partire ai primi secoli del medioevo fino alla modernità, dall’oriente all’occidente, tradizionalmente connessa con la figura di San Giorgio. Vorrei riflettere sulla simbologia di questa feconda tradizione iconografica, spirituale e iconologica, affrontando due esempi specifici: un affresco della chiesa di Santa Maria dei Canali (detta Canale) in Tortona (AL) (seconda metà del XV secolo – nella prima campata della navata di destra,) e un affresco dello stesso periodo dell’abbazia di San Alberto di Butrio in provincia di Pavia (oratorio di S. Antonio cioè nel vestibolo della cappella dell’abbazia), vicino a Varzi (PV). La più antica chiesa tortonese sopravissuta, i capitelli sono del 1000 ma fu edificata su chiesa del V secolo, e un abbazia che ospitò Federico Barbarossa e Dante Alighieri, protetta dai Malaspina.
Entrambi gli affreschi rappresentano un cavaliere cristiano al culmine della sua vittoriosa battaglia contro un furente drago. Ciascuna opera presenta tratti tradizionali comuni ma pure elementi caratterizzanti unici: sintetizziamo e approfondiamo entrambe le dimensioni. Il cavaliere della Chiesa tortonese, come pure l’eroe dipinto nell’abbazia, presenta i tipici tratti simbolici della cavalleria cristiana: cavalca un cavallo bianco, proprio del Cristo dell’Apocalisse, è armato di una lunga lancia, e la tunica bianca appare adornata da una croce vermiglia greca. Accanto a lui, concentrato nel combattimento, sereno nel viso di bellezza giovanile, spirituale e ideale, con lo sguardo determinato, fisso e dritto, dall’alto verso il basso, verso il mostro infero, appare una Dama/Principessa.
La Donna, angelica e solennemente nobile, rivela una postura fissa, a differenza del dinamismo composto del cavaliere. In particolare l’affresco di Tortona manifesta una particolare delicatezza e distinzione di tratti affascinante e ricca di forza mistica. Qui la Donna non appare solo quale semplice vittima e prigioniera del drago, prossima ad essere liberata dall’eroe della Fede, ma rivela un ruolo coessenziale al combattimento spirituale. La Dama appare partecipare al combattimento sia pregando per la vittoria del cavaliere, le sue mani solo sacralmente giunte e sembra in ginocchio (parte dell’affresco è mancante), sia immedesimandosi nella battaglia stessa con un atteggiamento contemplativo e di interiore partecipazione. Non appare spaventata o timorosa ma misticamente certa dell’imminente vittoria. Il suo rapporto con il cavaliere di Cristo si può apprezzare anche quale riflesso del rapporto corredentivo fra Maria e Cristo.
Il cavaliere è figura Christi, e il suo impegno militante equivale ad una partecipazione attiva all’efficacia esorcistica della Redenzione, come equivale al ministero angelico. La Dama che il cavaliere difende, come Cristo con Maria, anch’essa combatte contro il drago e il suo ruolo e la sua natura appaiono intimamente vicini alla figura del cavaliere e ad essa partecipi. Le peculiarità dell’affresco tortonese rispetto al topos ne confermano e arricchiscono l’importanza spirituale: la Dama vestita di una tunica vermiglia con sottoveste bianca e capelli aurei è l’Amata del Cantico dei cantici nei medesimi colori mistici, che troviamo anche nella descrizione della Ginevra dell’Orlando Furioso, mentre il cavaliere indossa un mantello verde, segno del Nuovo Adamo e dell’amore sacro cosmico. Non a caso la lancia trapassa la bocca spalancata del mostro, come ad inchiodarlo a terra, a significare una vittoria totale scevra di compromessi, indecisioni o difetti. Dietro la Donna si ammira una bella città elevata, murata e turrita, posta sopra un verde e dolce colle. Una preziosa e gradevole esemplificazione del topos della Città santa, epifania di Sion, della Città di Dio. Anche fra la Donna e la Città si sottintende un rapporto mistico e simbolico pregnante e caratterizzante. I colori della città sono il rosso e il rosa, anch’essi espressione di trasfigurazione e unione mistica. In un senso di logica spaziale la Città è trinitariamente fra la Dama e il cavaliere, segno di ideale da raggiungere e nel contempo Centro e Realtà già compiuta, segno della Gerusalemme celeste, delle nozze regali, della Sposa adorna per il suo Sposo. Enigmatica e per ora non decrittabile appare la figura alla destra del cavaliere: un altro cavaliere, di spalle e su cavallo scuro. Nell’affresco dell’abbazia di San Alberto il cavaliere appare più precisamente identificabile con il tipico San Giorgio, munito quì di scudo crociato e ansato. L’elemento estremamente interessante, e raro, di questo affresco è rappresentato dal guinzaglio verde con cui la Dama tiene il drago verde fermo e legato al collo mentre il cavaliere lo trafigge. Una variante applicativa dell’ “Ipsa conteret” della Genesi. Anche quì la Donna collabora con il cavaliere cristiano nella vittoria sul mostro diabolico, come Maria opera a favore di Cristo e l’anima si muove verso lo Spirito. La terna trinitaria è completa: cavaliere, dama, cavallo cioè Spirito anima e corpo. Due stili differenti, due datazioni contemporanee, una resa schematica, popolare, tardogotica, e fortemente allegorica nell’abbazia (la mano è simile a quella degli affreschi della Pieve di Volpedo e dell’abbazia cistercense di Rivalta Scrivia presso Tortona) a fronte di un affresco tortonese raffinato, poetico, dotato di maggior finezza ed intensità psicologica, per esprimere i medesimi insegnamenti mistici propri della migliore Tradizione medioevale.
La trilaterazione/quadrilaterazione Cavaliere/Donna/Drago/Città può essere apprezzata anche in senso ermetico secondo la seguente trasposizione: il cavaliere rappresenta lo Zolfo, la dama il Mercurio, la Città elevata (regale e nuziale nei colori) la Pietra filosofale, e il drago il sale volgare, rozzo, informe e bruciante, il quale trafitto vittoriosamente dal cavaliere, cioè fissato (crocefisso) dallo Zolfo, si trasformerà nel Sale filosofale. L’affresco dell’abbazia ricorda il “San Giorgio e il drago” di Paolo Uccello. Identica la struttura compositiva. L’unica differenza la grotta del drago al posto della reggia/podio dal sapore arturiano, da dove Re e Regina assistono al trionfo del cavaliere. In Paolo Uccello la grotta e i colori delle ali del drago rafforzano ed evidenziano il senso ermetico. La grotta grande, selvaggia e aspra, appare nerissima la suo interno e di roccia bianca all’esterno, colori dell’Opera. Mentre il drago, colpito dall’aurea lancia nella testa grondante sangue, munito di sei artigli, presenta nelle ali sei decorazioni circolari, “cauda pavonis”, tre rosse con un nucleo verde e tre bianche con un nucleo blu cinerino, lo stesso colore della tunica della Dama con guinzaglio, ricca di un manto rosso. Basti qui un altro solo rinvio: la Storia di Nastagio degli Onesti del Botticelli, dove ogni movimento e ogni colore e dettaglio è un inno all’Arte della tintura.
* direttore del polo museale della Certosa di Pavia
Grazie per l’interessante contributo.