Quando scrivo, prevedo tutti i dettagli e tutte le possibilità allo stesso modo con cui un ladro prepara un colpo. Per le scene di furto, ragiono come un delinquente. Credo che potrei essere un eccellente malavitoso. Ma agisco così anche per le altre sequenze. La scrittura della sceneggiatura è fondamentale. All’interno del meccanismo che sto costruendo, devo continuare a sorprendermi. E non è facile. Mi può succede di rimanere bloccato per molte settimane su una singola scena. E ogni volta che trovo un modo per proseguire, devo prima convincermi che è proprio ciò che serve in quel momento della storia. l’importante è non tradire mai la linea ideologica, morale e realista del film. Ed è la sfida più difficile. Se il mio cinema piace a tutti, è forse perché è un congegno perfetto, nonostante i colpi di scena che accumulo. E tutto questo conservando il mio discorso autoriale. Al punto che molti spettatori vogliono rivedere lo stesso film per comprendere meglio com’è stato consegnato. Quando lo guardano la prima volta, vengono travolti dalle immagini. Apprezzano, senza capire tutto. E l’abbondanza di sequenze inattese fa prevalere la sorpresa sulla comprensione. Al secondo giro colgono meglio il discorso che accompagna le immagini. So bene di non fare un cinema in cui è possibile individuare tutti i livelli di lettura al primo colpo. L’essenziale è che la mia estetica tocchi tanto l’astrazione quanto i sentimenti del pubblico popolare.
[da C’era una volta il cinema – I miei film, la mia vita, a cura di Noël Simsolo, il Saggiatore]
La prima volta che lo vidi non ci capii nulla! Poi lo rimontarono senza eccedere in lunghi e problematici flashback e mi piacque. Di lì a fare di Leone un gandissimo regista ce ne corre, a mio avviso. Era un regista di qualità, conosceva il mestiere, ma insomma, la sua dimensione più autentica e di successo rimane la ‘trilogia del dollaro’…
La “Trilogia del dollaro” rappresenta sicuramente un unicum ed ha ispirato in seguito molti cineasti anche se il mio preferito di Leone è “Giù la testa!”, per il resto ho sempre amato però lo spaghetti western più spartano e oscuro come il primo Django di Corbucci con Franco Nero o “I quattro dell’apocalisse” di Lucio Fulci, ma ce ne sono tanti carini considerati di “serie b” come quelli di Freda, Dessari, Squitieri, Margheriti,Bava etc… Il western all’italiana è stata una grande palestra di artigiani del cinema, come tutto il cinema di genere italiano…
La penso abbastanza come Stefano. Leone è stato certamente un bravo regista, ma nelle sue pellicole si fa troppo leva sui (buoni) sentimenti, si tende a stimolare la parte più emozionale della psiche, e poi la distinzione tra bene e male non è sfumata come la farei io. Altri film italiani, considerati di serie B, sono sicuramente più oscuri e lasciano intravedere un lato cattivo delle persone che è ineliminabile. Naturalmente si tratta di film da vedere, anche più di una volta.