In questa “guerra dei vent’anni” con la magistratura Silvio Berlusconi ne ha beccati sette (di condanna) dalla procura di Milano. La sentenza di primo grado sul caso Ruby – più pesante addirittura di quel provvedimento «già scritto» che l’imputato eccellente temeva ormai come certo – certifica come il processo giudiziario sia risoluto nel mantenere la sua autonomia rispetto a quello politico in corso con il governo delle larghe intese.
Netta la presa di posizione da parte dei magistrati giudicanti che hanno condannato l’imputato per entrambi i reati contestati – concussione e prostituzione minorile – con l’interdizione perenne dai pubblici uffici.
Da parte del Pdl non sono mancate le prese di posizione irritate: «Sentenza politica», «Attentato alla democrazia», «Colpevole senza vittima né prove», così parlamentari e ministri del centrodestra hanno commentato la decisione, concentrando l’attenzione sul fatto che i principali oggetti dell’indagine – gli agenti di polizia e la giovane marocchina – non abbiano testimoniato contro l’ex premier. Tutto ciò – la mancanza della “pistola fumante” – con tutta evidenza, non è bastato a convincere i giudici: e in molti fanno osservare maliziosamente come solo adesso – in questo processo – siano stati rispettati i tempi “europei” della giustizia.
Fatto sta che adesso il quadro per il governo – nonostante le rassicurazioni di questi giorni – si complichi e di parecchio. Le incognite, infatti, sono tutte di natura politica dopo l’uno-due della Consulta e del tribunale di Milano che hanno complicato la posizione di Berlusconi. Non ha funzionato, insomma, la moral suasion di Giorgio Napolitano sul tema della giustizia, mentre il premier Enrico Letta ha manifestato fin da subito un distacco evidente per le sorti giudiziarie di Berlusconi. Non c’è stata, insomma, quella “pax” che secondo l’inner circle dell’ex premier – così come del premier attuale – avrebbe dovuto chiudere una stagione di conflitto con l’appoggio al governo di responsabilità nazionale. Da oggi per Letta si apre un fronte di crisi in più. La “Seconda repubblica”, come una maledizione, continua…