Dobbiamo all’ammirevole onestà intellettuale di Luciano Canfora, autore pochi anni fa per Adelphi dello studio sul Papiro di Dongo, se il nome dello studioso Goffredo Coppola è stato tolto dall’immeritato oblìo, dove giaceva dal 1945. Classe 1898, Coppola è uno dei più grandi filologi classici del Novecento; docente in varie Università prima di essere eletto Rettore Magnifico dell’Ateneo di Bologna, succedette a Giovanni Gentile alla Presidenza dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista. Il suo impegno intellettuale, infatti, andò di pari passo con la passione politica che lo portò, il 28 aprile 1945, ad essere fucilato a Dongo insieme ai gerarchi fascisti che avevano seguito Mussolini fino alla tragica fine. Dimenticato, o meglio, rimosso anche dai “suoi ex-sodali –come ricorda sempre Canfora – rimasti per lo più al vertice della cittadella universitaria, egli divenne una non persona, con una inaccettabile cancellazione dello studioso, il cui lascito subì una dilapidazione che Il papiro di Dongo cerca almeno in parte di riconoscere”.
E’ quindi una buona occasione per riconciliarsi con il filologo e classicista questa nuova edizione di Augusto appena pubblicata da Historica (pp 240, € 18), elegantemente curata da Gennaro Malgieri, che sottolinea come, quello di Coppola, sia un esercizio di ammirazione, lontano da qualsiasi goffo tentativo di presentare l’Imperatore come un precursore del fascismo, ma collocandolo invece nella sua epoca, dove fu costruttore di uno Stato forte e inclusivo: “Augusto raccoglie nel nome di Roma tutte le genti e appare Padre della Patria, Imperatore di immensi territori che i suoi eserciti e la sua burocrazia, le armi e la giustizia contengono nei limiti del diritto e della civiltà”.
Biografia snella ed essenziale, oltre a fornire tutti i dati biografici dell’Imperatore in modo esauriente e scorrevole, Augusto è il ritratto di un protagonista della Storia che seppe distinguersi per abilità politica e volontà costruttrice, in grado di superare le divisioni superficiali e neutralizzare le oligarchie danarose:
“Gli autentici difensori della cosiddetta libertà, in realtà erano difensori di un patrimonio, che in tanto si accresceva in quanto fossero possibili le speculazioni che la cosiddetta libertà favoriva. (…) Aveva dimostrato che in un solo modo di mantiene l’autorità della Stato, creando una classe politica superiore a tutte le classi economiche, essa sola arbitra della decisioni supreme”.
Fu il fondatore della Civiltà Romana, una res publica che ancora oggi si erge a modello di uno Stato giusto e inclusivo, in sintonia con il suo popolo senza per questo cedere a tentazioni demagogiche o, come diremmo oggi, populiste:
“Augusto era Roma, era l’Impero; egli era tutti ed era dovunque, tutela presens dell’umanità che si raccoglieva nell’ordine nuovo da lui costruito e stabilito (…) opera che egli stesso riassume così: Con leggi nuove da me promulgate richiamai in vigore le consuetudini antiche dei padri, che già cadevano in oblio nella nostra generazione, e io stesso ho lasciato alle generazioni avvenire esempi di molte cose, degni di essere imitati”.