“Gli eroi son tutti giovani e belli”, cantava Guccini. Taluni però, oltre che giovani e belli, si elevano a martiri, quando, vilipesi dal Sistema che vanamente tende ad offuscarne la memoria, guidati dal probo fato, rifuggono ancora una volta da quell’ingrata umana giustizia e, affidandosi ad un più patrizio giudizio, si siedon, come pari, al banchetto degli Dei. Il greco Mikas Mantakas, assassinato qualche mese prima del compimento del ventitreesimo anno di età, rappresenta uno di loro.
Uno dei tanti che, in nome della propria fede ed estraneo a qualsivoglia colpa, pagò con la vita il prezzo ed il peso delle proprie idee. Nei tempi in cui gli iniziali frutti di un lento ma costante affermarsi di un nichilismo assoluto iniziarono a sfociare, coinvolgere e sconvolgere anche il concetto stesso di rilevanza della vita, l’assassinio di uno “sporco fascista” traeva facile giustificazione, se non addirittura spregevole mistificazione. In tutto ciò, la “relatività della vita umana” trovò pieno compimento.
Date le premesse, risulterebbe del tutto superfluo ricordare che i carnefici di Mikas, noti esponenti di “Potere Operaio”, seppur riconosciuti colpevoli in secondo grado di giudizio grazie al notevole sostegno di amici, familiari e parlamentari, non scontarono nemmeno un giorno tra le patrie galere.
Se tra le basi ed i principi dei Sistemi democratici vi è la certezza del diritto, e se la certezza del diritto si basa anche sulla certezza della pena, ci si potrebbe domandare come possa esser accaduto che, nei confronti di determinati esponenti istituzionali sia stata acconsentita, da parte degli organi preposti alla vigilanza, la pauperizzazione dei principi fondamentali su cui si basa il nostro ordinamento democratico senza che venisse preso alcun provvedimento ai loro danni. In taluni, come risulta evidente dagli ultimi fatti di cronaca, il tempo purtroppo non ha indotto ad un mutamento di mentalità a tal riguardo.
L’emblematico caso del terrorista Cesare Battisti, ed i relativi malumori inerenti alla sua estradizione, del resto ha evidenziato quanto, ancora tutt’oggi, determinate frange politiche e partitiche, schiave ideologiche del proprio passato e perennemente impegnate alla relativizzazione del “giusto”, si mostrino estremamente affaccendate in una indecorosa quanto meschina difesa nei confronti di chi, armato di puro odio ideologico, fu principio e causa di delitti e di sofferenza altrui.
Mantakas come Ramelli e tanti altri che li hanno preceduti, sebbene caduti non son morti. Il loro“pensiero”, libero dalle mortali membra, benedetto dagli Dei, si innalza a sommo esempio di libertà e giustizia per chi ancor oggi combatte in nome di ciò che è giusto ma soprattutto per ciò che è vero. (Stanza101)