Inutile girarci attorno, la proposta a Cinque stelle è entrata profondamente in agonia. Benché travagliata e per tantissimi aspetti corretta, la decisione di aver salvato Matteo Salvini dal processo sul caso Diciotti, avvolge la compagine guidata da Luigi Di Maio in una coltre di stress a cui non erano ancora decisamente pronti. Si è detto e scritto di “perdita della verginità” o “d’ingresso nell’età matura” per il movimento fondato da Grillo e Gianroberto Casaleggio. E in parte è così. Ma a che prezzo?
LA LOTTA NON E’ IL GOVERNO
Il punto è che è assai difficile per qualsiasi forza politica al mondo mantenere in un unico contenitore coerente tutti i fronti di protesta possibili e immaginabili, così come ha fatto l’M5s finora. Soltanto una leadership assai più forte di ogni travaglio interno può reggere a tutta questa tensione, soprattutto se il sentire del movimento non ha alcuna rappresentanza autorevole nei salotti mediatici.
PIACE LA LEGA, NON IL M5S
I nodi vengono al pettine, nonostante i risultati del governo giallo-verde non siano avvertiti in maniera malevola dagli italiani. Lo dicono i sondaggi e soprattutto il test abruzzese, dove l’M5s non ha perso gradimento rispetto alla sola tornata del marzo scorso, ma anche in relazione al voto regionale di cinque anni fa. Cresce la Lega e cresce FdI, le due forze che, manco a dirlo, sulla questione migranti hanno le idee più chiare. E sta appunto lì la diatriba: se le mosse condivise da Salvini sono state collegialmente prese anche dai ministri pentastellati, perché l’elettorato premia soltanto i primi? Una risposta potrebbe essere che il contraente in giallo del governo Conte, su tutto (Ilva, Tav, NoVax), ha trasmesso un’idea pressapochista. Anche nella partita sul reddito di cittadinanza, benché vinta, hanno dato l’impressione di aver concesso tantissimo alla Lega.
VERSO LE EUROPEE
Se confermato il trand attuale, da qui alle Europee sarà una continua emorragia. Soltanto la riscossione delle prime mensilità del reddito di cittadinanza potrebbe contenere questo flusso in uscita. Perché è chiaro che con i soldi in tasca, segnale visibile dell’efficacia di un provvedimento, ogni distinguo vada a farsi benedire. Ma non totalmente. Perché tra coloro che hanno votato finora per il M5s, solo una parte – e non maggioritaria – vive sotto la soglia di povertà. Intanto, il voto sulla piattaforma Rousseau favorevole a Salvini, rende evidente l’opa leghista sull’elettorato grillino.
IL DESTRACENTRO
Il possibile ridimensionamento alle Europee aprirebbe uno scenario assai inquietante per Di Maio e soci. Dove l’unica opportunità disponibile sarebbe la sopravvivenza per inerzia del contratto di governo. Sempre che Salvini ci voglia ancora stare. Qualora crescesse il peso di sovranisti, conservatori e popolari alla Orban in tutto il Continente, l’idea di ridisegnare il centrodestra italiano su posizioni più identitarie sarebbe assai più concreta e necessiterebbe di un immediato passaggio elettorale.
VOTO ANTICIPATO
A quel punto, a impedire il ritorno anticipato al voto ci sarebbe soltanto il presidente Mattarella. Che intanto però dovrebbe fare i conti con la necessità di dare all’Italia un esecutivo che possa far fronte alla recessione in corso o alla necessità di una manovra correttiva tutt’altro che espansiva. Neanche l’ipotesi di un’intesa parlamentare tra i cinque stelle e un Pd post renziano (probabilmente a guida Zingaretti, espressione della vecchia classe dirigente di Ds più Margherita) aiuterebbe Di Maio e soci a rimanere a galla, che a quel punto sarebbero costretti a cestinare definitivamente qualsiasi velleità di auto-rappresentarsi come forza innovatrice.
VICOLO CIECO
Insomma, mai come ora il Cinque stelle è al bivio. Il peggio per loro è che nessuno scenario immaginabile attualmente promette di mantenere le percentuali, forse dopate, che hanno segnato le ultime due elezioni Politiche. Rileggere sin da ora l’esperienza grillina in vista di una normalizzazione elettorale, con percentuali assai simili a quelle della vecchia Rifondazione o Idv, eviterebbe al suo gruppo dirigente una nuova overdose di stress.
Magari una parte assai consistente dei suffragi 5* andasse al centro-destra… A me sembrano essenzialmente dei voti dati da sinistroidi e poltronacci aspiranti al RdC…
Non è da escludere una scissione da parte della componente “di sinistra” del M5S, almeno stando a quelli che sono gli ultimi eventi. Detto questo, parliamoci chiaro, se i pentastellati avessero votato favorevolmente all’autorizzazione a procedere contro Salvini alla giunta del Senato, sarebbe caduto il governo. Il M5S non ripeterà più l’exploit delle politiche del 2013, quando ottenne il 32% dei voti, per cui non gli convenivano le elezioni anticipate.