A volte vado ai concerti a scatola chiusa, non mi voglio rovinare eventuali sorprese. Potente, esaustiva, vitale. Thalia Zedek, icona, fenomeno cult, se si parla di scena di Boston. La sua musica riporta in un’era postpolitica, postrock e postideologica, gli anni novanta, in cui il rock ed i suoi derivati sembra aver cantato le ultime note insieme ad un cigno scomposto, che prende il nome di autenticità, per relegarsi in un riflesso eternamente uguale a sé stesso.
Thalia Zedek taglia le incongruenze, il già visto, lo stantio e si crea la sua nicchia, autentica e spessa. Con una delicata sfrontatezza postpunk, con il massimo dell’urgenza espressiva, assembla una band (anche se preferisce la definizione di “collettivo”) a suo nome, come fece Jim Carroll, con musicisti fidati che ne assecondano le frequenze e propone pezzi tirati, non fluidi, confusi, scomposti ma, in un qualche modo, provenienti da un passato che sembra ritornare. Sembra pescare suoni ed emozioni direttamente da una zona grigia che si connette a intermittenza con un dentro e un fuori che cambiano di continuo, spostano l’orizzonte, un macigno verso cui l’hard rock cerca sempre di dirigersi. Fighting seasons, l’album del tour, può fare tante cose. Deludere, sorprendere, rivelare, a seconda dei punti di vista, spiragli nuovi, orizzonti, emozioni. L’incertezza dei tempi induce a stare sulla difensiva. Un adesivo impresso sulla chitarra spezza il flusso dei suoni graffianti ma lucidi, di fondo. Fck nzs. Non serve tradurre, l’impatto è sufficiente.
Sul palco Thalia Zedek non cede a retoriche di sorta, lascia che sia la musica a parlare. Del resto sono stagioni di combattimento. Genera un vortice emotivo che sembra rompere un muro, ma anche un velo, una convinzione, un pensiero fisso. Un punk gentile che non distrugge. Punk non per forza nello stile, ma nell’indole, nell’essenza, che distrugge la conformità del concetto di rock, ormai invecchiato dopo cinquanta e più anni di vita.
Un album intenso, a partire dalla struttura, sostenuta da strumenti essenziali per una band che si rispetti, come la viola di David Michael Curry e pianoforte di Mel Lederman completano la trama della chitarra di Zedek, con cui si accompagna e sostiene nel turbine emotivo del live e il basso di Winston Braman e la batteria di Jonathan Ulman conferiscono potenza e dinamismo, capaci di alternare onde calme a violente esplosioni sonore compattate in emozioni che riemergono dal gorgo.
Fighting seasons forma un impatto emotivo, per guardare oltre, per guardare al dopo.
Album: Fighting seasons
Etichetta: Thrill Jokey