A Napoli è nato il Centro Studi dedicato alla memoria di Pietro Golia. Si trova a via Renovella, a pochi passi da piazza del Carmine. Un luogo fisico che va oltre il pur grande valore simbolico. Ospita una libreria, una sala creativa con pianoforte e tavolini e un centro convegni dove ha trovato collocazione la grande e bellissima biblioteca personale di Golia. Un’iniziativa, questa, ambiziosa. Per il dovere nei confronti della memoria, per quello dell’amicizia e per la necessità di dover superare l’impasse stagnante del pensiero corto e della politica che ha smesso di ragionare. Seppur aperto da poco, è già diventato un punto di riferimento al quartiere del Pendino e per il mondo intellettuale e culturale di Napoli.
Amedeo Laboccetta, volto storico della destra napoletana e già parlamentare, spiega come è stato possibile, al tempo della digitalizzazione degli spazi, aprire una struttura fisica culturale che promette di essere davvero importante.
Come e quando nasce il centro studi Pietro Golia?
“L’idea nasce dopo la morte di Pietro Golia. Subito dopo i funerali, con un gruppo di amici, ci siamo riuniti a casa mia. Abbiamo riflettuto a lungo su tutto quello che era stato il suo impegno, soprattutto culturale. E ci è sembrato giusto e doveroso creare un centro studi dedicato alla sua figura.
Pietro Golia è venuto a mancare circa due anni fa. Da qualche mese abbiamo individuato questa struttura ampia oltre 200 metri quadri. In questi spazi ospitiamo la libreria con la casa editrice Controcorrente che lui riuscì a fondare partendo dai Quartieri Spagnoli a Napoli dove negli anni ’70 aveva aperto un centro librario e fondato Radio Sud 95. Una casa editrice che nel corso del tempo ha pubblicato oltre 500 titoli ed è considerata la più importante del Sud Italia”.
Uno degli ultimi pubblicati è “La Riscossa Populista” di Emidio Novi…
“Emidio Novi ha creato con noi questo centro studi. Purtroppo non ha potuto veder realizzato questo sforzo perché, a causa di un tragico e strano incidente è venuto mancare l’estate scorsa. Pochi giorni prima della sua morte era riuscito a finire di scrivere il libro “La riscossa populista”. Un vero e proprio testamento politico e metapolitico. Credo che sia uno strumento molto dinamico, a mio avviso tutti coloro che si occupano di politica dovrebbero leggerlo perché ci sono spunti e analisi molto interessanti”.
Di cosa scrive Novi?
“Il sottotitolo del libro dice tanto: “la sconfitta dei banchieri, la grande paura degli euroburocrati, il risveglio identitario”. In questi tre concetti ci sono gli argomenti sui quali il lettore troverà grandi spazi di ragionamento e riflessione per capire cosa è accaduto in Italia, in Europa e nel mondo. Emidio Novi aveva tantissime qualità e tra queste una in particolare: sapeva fare analisi politica. Precorreva i tempi, riusciva a leggere gli scenari del futuro. Questa caratteristica straordinaria che ha avuto da sempre, anche da giovanissimo.
A Napoli abbiamo presentato il libro lo scorso 25 gennaio, lo presenteremo il 23 febbraio a Foggia, il 28 febbraio a Caserta, il 15 marzo a Benevento e poi continuerà il tour di presentazione dell’opera di Novi in giro per l’Italia”.
Chi era Emidio Novi?
“E’ sempre stato un irregolare del pensiero e io ho avuto la fortuna, il privilegio e il piacere di essere sin da giovanissimo amico suo. Per capire Emidio Novi fino in fondo bisogna leggere un’altra sua opera, pubblicata ancora da Controcorrente, che si intitola: La dittatura dei banchieri. Sono convinto che vada studiato seriamente, come quest’ultimo. Parla dei nazionalpopulismi, il successo di questi movimenti e la necessità di tornare a un percorso identitario. È uno sforzo notevole per chiunque e che a lui risulta facile: è sempre stato un grande ragionatore. Ha lasciato un grande segno del suo passaggio politico e professionale”.
Quanto mancano Golia e Novi alla cultura e alla destra italiana?
“Mancano tantissimo, per una serie di motivi. Pietro Golia era un animatore culturale e un grande organizzatore. Novi invece un grande analista politico. Si sposavano bene. Si integravano alla perfezione. Negli anni ’70 nacque il sodalizio di cui ho fatto parte: oggi mi sento un po’ orfano non solo perché ho perso due fraterni amici ma anche perché se la politica non riparte da un progetto culturale non va da nessuna parte. In questo tempo di mediocrità dibattute, penso che la politica se vuol ritornare deve farlo con un grande progetto culturale. E nel nostro piccolo, con il centro studi, diamo un segnale in questo senso. Tra i contatti abbiamo Paolo Isotta, Pietrangelo Buttafuoco, Marcello Veneziani, Giordano Bruno Guerri. Vorremmo ospitare sempre persone di questa levatura anche per dimostrare che la destra, dal Sud Italia, ha saputo far crescere capacità ed eccellenze”.
Un progetto culturale al Sud al tempo in cui l’identità nazionale scricchiola. Perché?
“Sulla grande questione del Sud il testamento che hanno lasciato al Sud Golia e Novi va rilanciato attraverso lo sforzo di mettere insieme i tanti cespugli sparsi qua e là, di riunire quella galassia di circoli e club in un grande contenitore culturale da cui sia possibile lanciare un nuovo manifesto del Sud. Non per fare il nuovo partito del Mezzogiorno ma per costruire un movimento di opinione che partendo dal Sud e in maniera positiva, senza alcun complesso, si metta a ragionare e confrontarsi con le altre realtà del Paese.
Questo è possibile. Il Mezzogiorno è pieno di eccellenze che hanno un solo, grande difetto: la mancanza di rete e sinergia. Se ci riuscissimo, renderemmo un grande servizio alla nazione e al Sud”.