Nell’epoca definita “postmodernità”, in cui sembra dominare il consumismo anche dal punto di vista del pensiero, il cinema rischia di essere vissuto come un mezzo di riflessione poco incisivo. Se invece è la pubblicità ad emozionare e contemporaneamente a suscitare riflessioni, c’è un nuovo campo da esplorare
La realtà rappresentata nello spazio di trenta secondi, circa. Condensata, ovviamente. Stereotipata, per forza. La rappresentazione della realtà (o per lo meno di un’idea di essa) è una delle esperienze chiave che il cinema ha cercato di riprodurre, esperienza replicata anche dalla televisione, tramite gli spot pubblicitari. Non serve di certo il contributo del compianto Umberto Eco per sottolineare come la televisione tramite la pubblicità possa rappresentare la cassa di risonanza del contesto culturale dando voce al tempo stesso ad una dinamica sociale già esistente. Il contributo di Gabriele Salvatores all’interno di tale logica colpisce al centro entrambi i bersagli. Il regista di Nirvana realizza un quadro in cui ritrae un sud (che tra l’altro è il titolo di un suo film) intarsiato di prodotti locali e di famiglia tradizionale. La scelta di questa rappresentazione è stata oggetto di svariate polemiche, perché considerata foriera di sessismo e messaggi stereotipati, esito probabilmente lontano dalle intenzioni del regista, noto comunque per uno stile comunque orientato ad un cinema di ricerca.
Polemiche a parte, allo spettatore viene presentata una sequenza di vita quotidiana. Ci troviamo infatti in presenza di una famiglia che assiste alla partenza improvvisa del figlio verso nord per motivi lavorativi. L’apprensione, la malinconia e la gioia per l’avvenire incerto sono incisi in sottofondo ma sono altrettanto marcatamente presenti trasferendo, agli occhi dello spettatore, il prodotto o il marchio pubblicizzato su un piano secondario, lasciandogli un’emozione agrodolce, impastata di ricordi, nostalgie e narrazioni familiari. Nella sua brevità lo spot sintetizza così due situazioni, una letteraria, esemplificata dal sentimentalismo di fondo ed una di stampo sociologico, l’emigrazione intra nazionale, verso nord.
Il fatto che esista ancora una situazione economica devastante è una tesi sostenuta dai dati. Secondo una elaborazione tra il 2008 e il 2017 il Mezzogiorno d’Italia ha perso 310.000 occupati. Le cause sono tante, dal sommerso alla presenza della criminalità organizzata, alla mancanza di politiche mirate. Resta il fatto che il fenomeno esiste ancora. E senza dare spazio alla demagogia, in una società sommersa dall’iperconnessione e dall’ipervelocità il cinema rischia di rappresentare un fenomeno di stretta attualità come questo in maniera meno incisiva, creando un impatto inferiore, correndo il rischio di cadere nello scontato. Magari non sostenuto da motivazioni sociologiche ma semplicemente narrative, Salvatores confeziona un prodotto adatto alla postmodernità, veloce e tagliente al tempo stesso, che regala emozioni, sollievo e pone però lo spettatore nell’ottica e nella condizione, seppur sommerso nel suo quotidiano, di riflettere su una condizione che riguarda, piaccia o no, il suo quotidiano.