Ancora una volta, la magistratura – almeno, una parte di essa – si segnala come forza politica di opposizione. Tale funzione indebita e surrettizia fu chiara – ed efficace – nel periodo berlusconiano; ora la storia si ripete: questo Ordine dello Stato promuove azioni in contrasto con altro Organo dello Stato (non ci riferiamo soltanto al Tribunale dei Ministri di Catania, ma anche al discorso del Procuratore Generale della Repubblica), nel segno di una contrapposizione ideologica.
Autorevoli giuristi (e fra questi anche magistrati o ex magistrati) ritengono quella dei giudici di Catania un’indebita intromissione nella sfera politica, che è per sua natura materia opinabile; i pareri discordi di giuristi nei confronti della presa di posizione di quel Tribunale dimostrano che anche quest’ultima è da considerarsi opinabile ma, in virtù del potere attribuito all’Ordine giudiziario, tale iniziativa è in grado di influire pesantemente sulla situazione politica nel suo complesso, ben più della normale partita fra maggioranza e opposizione.
Questo lo scenario che appare dunque al cittadino in buona fede: di fronte all’inefficacia dell’opposizione parlamentare, subentra la parte politicizzata della magistratura, allo scopo – almeno questa è una lettura plausibile – di rovesciare non tanto il risultato delle urne, quanto la libera contrattazione fra le forze politiche che su quella base formarono il governo in carica e, soprattutto, ignorando (o paventando?) il largo consenso attestato quotidianamente dalla maggioranza del popolo.
Del resto, i conflitti istituzionali esplosi intorno alla questione migranti non si limitano al ruolo esercitato da questi magistrati: ne abbiamo avuto e ne abbiamo altri esempi, forniti dai sindaci “disobbedienti” e dai parlamentari che sono saliti a bordo della Sea Watch, violando i divieti stabiliti dall’Autorità competente (ed è grave che fra questi vi sia una deputata di Forza Italia, che con la Lega governa alcune regioni fra le più importanti della Repubblica e fra pochi giorni con la stessa Lega presenterà un candidato unitario per le consultazioni regionali in Abruzzo). Ma lo statuto dei partiti non prevede sanzioni in casi come questo?
Quanto alle minoranze rumorose (e rabbiose) che in questi giorni sbandierano un superficiale umanitarismo (in alcuni casi, anche interessato…), vorremmo sapere a che punto è, nella sensibilità comune e nel discorso pubblico, il senso di appartenenza ad una patria comune, vilipesa da Stati presunti alleati come la Francia, l’Olanda, la Germania. E’ vero: la nostra storia nazionale è recente, e si è costituita per lo più attraverso guerre perdute o vinte da altri per noi, e ora è anche compressa da pur lodevoli istanze europeiste (ma attenzione a non confondere l’Europa con questa Unione Europea!); tuttavia, crediamo sia ancora prevalente l’orgoglio di appartenere ad una civiltà che viene da lontano e che si basava sulla fierezza e la difesa dell’identità.
Questo governo, pur con i suoi limiti, dovuti principalmente all’inesperienza di tante sue componenti, ci sta provando, e lo attesta, da ultimo, questo caso Sea Watch: nessuno vuol capire che cedere al ricatto delle ong e dei loro sostenitori – italiani e stranieri – prepara altre partenze di altri disgraziati, altri naufragi, altre controversie internazionali, altri ingressi irregolari nel nostro paese, che ha dimostrato limitate capacità se non di accoglienza, certo d’integrazione. Quindi, il problema non è quello delle poche decine di sventurati in stallo sulla nave olandese. Pertanto, sostenere fosse pure soltanto per questo aspetto l’azione governativa, più che un’opzione di parte, dovrebbe essere un dovere patriottico.
Sul piano squisitamente politico quest’azione della Magistratura non fa altro che squalificare ancor di più se stessa agli occhi dell’opinione pubblica ormai stanca del buonismo d’accatto dilagante e opportunistico, inoltre e soprattutto fornisce un grandissimo assist a Salvini che da politico incredibilmente furbo sfrutterà a suo vantaggio tutto ciò, la tentazione di farsi processare è palese con lo scopo di arrivare a maggio da “martire”, ed in ciò ha il sostegno di Di Maio che bisogna riconoscere sta reggendo alle pressioni di alcune componenti del suo partito e sta mantenendo fede al patto con Salvini… Io l’ho sempre detto e lo ripeto, se cade Salvini, pur con tutti i suoi manifesti difetti, la sostituzione etnica e la creazione di un “afroitalia” diventa realtà nel giro di pochi anni, quindi al di là di ogni sacrosanta divisione e legittimo dubbio(soprattutto sui 5stelle) bisognerebbe sostenere in tutti i modi questo governo e fare proprio quel motto che i kompagni usavano un tempo non conoscendone forse l’origine prussiana ovvero “Marciare divisi, colpire uniti”, infine cito il titolo di un articolo del Magistrato Augusto Sinagra:”DIFENDERE MATTEO SALVINI NON É UNA SCELTA POLITICA. É UN DOVERE CIVILE”
Stefano. Purtroppo gli italiani non marciano mai uniti….
Infatti,Salvini sa’benissimo che ha e può fidarsi più della Meloni che una parte del suo stesso partito…Se Giorgia non è potuta entrare nel governo lo deve e solamente al nostro carissimo Mattarella,al suo senso integerrimo di democraticità e dei suoi valori..