EFFEMERIDI – 1 Gennaio 1972. A Parigi muore a 83 anni il cantante Maurice Chevalier. Era nato in un quartiere popolare di Parigi, Ménilmontat, nell’anno del completamento della Tour Eiffel (“E’ la mia sorella” era uso dire). A quattordici anni esordì come cantante; il “petit Chevalier” salì lentamente la china passando da un cabaret a una rivista, perfezionandosi fino a divenire a 20 anni la spalla di Mistenguett, la bellissima diva delle Folies-Bergère, con la quale visse per molti anni. Durante la Grande guerra fu combattente al fronte, fu ferito e finì in un campo di prigionia tedesco. Tornato in patria, imparò l’inglese e si trasferì a Londra per poi ripartire da capo a Parigi come chansonnier, divenendo presto famoso, sempre indossando paglietta e smoking. Al punto da attrarre l’attenzione dei registi cinematografici. Ernst Lubitsch lo volle protagonista del suo “Il principe consorte” in divisa con scintillanti decorazioni. La nuova professione non lo spinse però a lasciare le scene del teatro e il suo pubblico di ammiratori. Fu quello il tempo di “Valentine” e di “Paris je t’aime”. La sua prima tournée in Italia negli anni del fascismo fu costellata di polemiche; in particolare furono fatte circolare voci di cachet pagati a peso d’oro e di sue forse non vere affermazioni non lusinghiere a proposito del carattere italico. Durante l’Occupazione della Francia, continuò a lavorare, facondo la spola tra Parigi e la Zona Libera amministrata dal Governo che aveva posto la sua sede a Vichy. Invitato dai tedeschi a cantare per le truppe e per i prigionieri di guerra nei campi, rifiutò l’offerta tranne che per una esibizione nel campo di Altengrabow dove era stato in prigionia durante la Prima guerra mondiale. Nonostante il suo comportamento al di sopra delle parti, Radio Londra e il magazin americano “Life” lo condannarono a morte come “collaborazionista”. Finì quindi nelle liste nere degli artisti e degli intellettuali da abbattere, assieme a Corinne Luchaire, a Sacha Guitry e la stessa Mistenguett. Al momento della Liberazione, si rifugiò in Dordogna ma iniziò nei suoi confronti la caccia all’uomo. Alcuni poveretti che gli somigliavano furono uccisi, uno linciato a Parigi, uno fucilato dai partigiani nella regione dove effettivamente si era rifugiato. A un certo punto la feroce Radio Londra annunciò la sua esecuzione; a Périgueux, un comune della Dordogna, finì in una lista dei già giustiziati. Chissà chi finì al suo posto! In Francia il terrore post Liberazione raggiunse livelli di repressione maggiore che altrove nell’Europa occidentale. Per ammissione dello stesso Governo francese gli uccisi furono più di centomila. Chevalier si salvò, grazie alla giovane compagna ebrea, Nita Raya, che lo mise in salvo portandolo in auto a Tolosa, la “rouge Toulouse”, (al contrario di Parigi nota come “ville réactionnarie”) dove nessuno avrebbe pensato si potesse nascondere.
Alla fine fu catturato, dopo l’ondata della ferocia. I suoi amici si dedicarono a smentire le accuse contro di lui e riuscirono a riabilitarlo. Riprese finalmente l’attività artistica e cercò di tornare a Londra ma gli fu rifiutato il visto. Dopo nuove esibizioni in Francia e in Belgio il regista René Clair lo volle come protagonista de “Il silenzio è d’oro”. La vita e la sua musica ripresero come ai tempi del bel tempo andato, sempre con il suo famoso inconfondibile sorriso. Di trionfo in trionfo artistico fino al musical “Gigi” diretto da Vincente Minnelli.
La repressione gaullista e comunista fu particolarmente stupida e feroce in Francia. Pétain era a capo di un governo legittimo, votato dal Parlamento. La ‘colaboration’ era legittima. De Gaulle uno che si cavò dagli impicci e pensò al suo futuro tornaconto…Bisogna diffidare dei mangiatori di baguettes…