Tra le tante chiavi di lettura della rivolta dei “gilet jaunes”, l’analisi di Toni Negri, intervistato, su “HuffPost”, da Angela Mauro, offre una prospettiva inusuale e – come vedremo – con delle ricadute immediate sulla nostra realtà nazionale. Macron – secondo Negri – perde nei consensi e rischia di portare alla disintegrazione la stessa Francia perché “ha distrutto i corpi intermedi” , ritrovandosi senza possibilità di mediazione.
L’attacco ai corpi intermedi è storia vecchia. Senza andare alle origini dello Stato borghese, frutto della Rivoluzione dell’’89 e delle sua volontà di azzerare ogni “intermediazione” tra individuo e Stato, è sufficiente considerare, lungo tutto il Novecento, lo storico confronto tra due idee di capitalismo, con da una parte il “neoamericano”, fondato sui valori individuali, sulla massimizzazione del profitto a breve termine, sul potere finanziario, e dall’altro il “renano” incardinato sull’economia sociale e di mercato, sul consenso sociale, sulle prospettive a lungo termine.
Per Margareth Thatcher, paladina del primo “modello”, “la società non esiste”. Più precisamente: “Non esiste una cosa come la società. Ci sono uomini e donne, e le famiglie”. Su questa idea la Thatcher costruì il suo successo e fece proseliti. Macron forse ne è l’ultimo epigono. Matteo Renzi, il penultimo, ci aveva provato con la sua riforma costituzionale, poi sconfitta per volontà popolare, figlia dell’idea di una confusa volontà “disorganizzatrice” (nel segno dei “poteri forti”) delle istituzioni e del Corpo Sociale (con l’attacco alle autonomie locali e alle identità diffuse).
Con queste esperienze alle spalle e con una Francia, ancora dilaniata dalla rivolta, l’idea di Matteo Salvini di riabitare l’utilità del “dialogo con i corpi intermedi”, va visto come un segnale in controtendenza, rispetto alla volontà di “disintermediazione” che ha segnato l’ultimo decennio italiano e non solo. L’incontro al Viminale tra lo stesso Salvini e le associazioni d’impresa, che, giusto una settimana fa, si erano date appuntamento contro il governo, è qualcosa di più che un atto di buona volontà tra le parti.
Lo ha detto lo stesso Salvini, ospite di Mezz’ora in più : “Ascoltare è fondamentale, io ho bisogno di incontrare i corpi intermedi, serve l’ascolto”. Lo ha confermato il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, all’uscita dall’incontro, parlando di un rapporto “riallacciato”.
L’augurio è che, al di là delle buone intenzioni, si passi dalle parole ai fatti. E non solo per “concertare” possibili integrazioni alla manovra finanziaria. La questione è “strutturale”, come dimostra l’attuale rivolta dei “gilet jaunes”, frutto proprio delle debolezze, non solo genericamente politiche, del Presidente Macron, e della volontà di “disintermediare” i rapporti tra Stato e cittadini, “liberando” il cittadino dai “vincoli” tradizionali e rendendolo formalisticamente uguale al suo simile (gli stessi diritti/gli stessi doveri), ma sostanzialmente più debole, come lo sono la massa di “dimenticati”, evocata da Salvini. E poi, ancora più al fondo, c’è l’idea del laisser faire, laisser passer, con la precarietà di massa ed uno “smarrimento” spirituale e sociale dai costi esistenziali e materiali altissimi.
Ecco il senso di una buona battaglia da combattere a livello culturale e ben oltre le vecchie appartenenze (di destra e di sinistra), per provare a ricucire gli strappi di una società lacerata che chiede di “ricomporsi” e che ha perciò bisogno di ritrovare i luoghi spirituali e fisici della sua identità. Non tanto – sia chiaro – per “concertare” genericamente, come è avvenuto nel passato. Ma per costruire luoghi istituzionali in cui riannodare il confronto vivo con le forze sociali, con le categorie sociali, con l’associazionismo diffuso. E’ – in fondo la nuova dimensione populista: un invito a ritrovare fisicamente il Paese reale, le sue domande e le sue aspettative, le sue competenze e le sue speranze, per dargli piena e consapevole voce.