Alain De Benoist ha recentemente definito il movimento dei giubbotti gialli, populismo puro. Un fenomeno completamente non mediato, diretto, fondamentalmente antisistema. Insomma qualcosa che va oltre le dinamiche dialettiche fino ad oggi osservate elettoralmente e mediaticamente: non più popolo contro elite, quale schema inserito nelle istituzioni, ma rabbia antisistema. Non pochi hanno rivisto in queste giornate parigine alcune delle più belle pagine di Gilles, quando La Rochelle auspicava che il fuoco di Place de la Concorde unisse definitivamente nazionalisti e comunisti nella rivolta contro il sistema liberal-democratico. Ma al di là di pugni chiusi e croci celtiche apparse assieme sugli Champs Elysées, l’intuizione di De Benoist suggerisce un mutamento di schema importante.
Se, infatti, le grandi distorsioni della globalizzazione obbligheranno il populismo puro ad abbandonare ogni tentativo riformista, allora non solo le società europee vedranno il ritorno sulla scena dell’ambito politico, ma, inevitabilmente, le guide e le gerarchie di tale ritorno avranno il crisma di una rivoluzione conservatrice.
L’uscita dal sistema del consumo a usura, del pil dopato a iperfiscalità e debito, non potrà avere per leader dei semplici gestori del conflitto, ma veri capi di comunità, responsabili diretti delle scelte fatte da una società in conflitto con due secoli di storia.
Il populismo puro descritto da AdB rappresenta così un fenomeno prodromico non del cesarismo spengleriano, non del ritorno novecentesco delle grandi organizzazioni di massa, ma di una democrazia organica capace di politicizzare i grandi temi previsti dalla Nuova Destra: piccole patrie, decrescita, ecologia, comunitarismo.
È dunque evidente e ben spiegata quella sensazione di incertezza e tensione più culturale, meno politica o partitica, che attraversa l’Europa oggi; che rende gli schemi di potere sempre più fragili e i leader sempre più degradabili nel giro di pochi mesi.
Con maggiore chiarezza si intravedono tempi in cui ogni lettura tipicamente ottocentesca e novecentesca cederà il passo di fronte alla complessità della vita reale: il conflitto creato dal grande inganno ingegneristico, totalitario, del progetto globalista apre nuove vie al ritorno di una storia in divenire, dentro alla quale molto più del conveniente tornerà a decidere ciò che è giusto.