Anche da Genova, città simbolo delle gravissime mancanze decennali di Stato ed Imprenditoria, in occasione dell’assemblea pubblica di Confindustria, Vincenzo Boccia ha preso le distanze dalla manovra del governo giallo-verde.
I punti critici restano sempre gli stessi; secondo il leader degli imprenditori italiani, infatti, i provvedimenti del Def non aiutano la crescita. Mancano gli investimenti, le grandi opere infrastrutturali e soprattutto le risorse utili ad abbassare il cuneo fiscale che fra tasse e versamenti rende il costo del lavoro nazionale insostenibile.
Tutte realtà innegabili, di fronte alle quali il grande tema del reddito di cittadinanza sembra completamente fuori contesto e prospettiva. Da ciò, tuttavia, non si capisce dove voglia andare la classe imprenditoriale italiana. La sensazione è che le idee di Confindustria siano ancorate al progetto globalista degli anni ‘90: basso costo del denaro, delocalizzazioni, grande attenzione all’export, e nel complesso la ristrutturazione del sistema-paese da grande potenza PMI a piattaforma logistica, di trasformazione e consumo di prodotti non nazionali.
In buona sostanza, seppur Boccia apporti critiche di rappresentanza anche corrette, Confindustria sembra portare avanti quella visione ottusa, priva di impegno, che ormai da anni caratterizza tutto l’ambiente detto Mainstream. Gli imprenditori rischiano così di andare fuori sintonia rispetto alle esigenze di partecipazione e crescita interna che il Popolo italiano sta cominciando a pretendere con sempre più chiarezza.
Così, se persino gli imprenditori, storicamente il gruppo sociale più razionale, perdono il contatto con la realtà rischiando di divenire una delle tante caste racchiusa nella torre d’avorio, come quella dei giornalisti, dei magistrati e delle istituzioni costituzionali, allora è chiaro il problema ideologico e culturale dentro il quale tutte le nostre elite si sono impantanate.
Lo diciamo da cultori della cultura della sintesi, del funzionamento organico delle parti; lo diciamo da ultimi conoscitori e sostenitori di una visione corporativa della società e dell’impresa. Che oggi tanta sicumera ideologica e tecnocratica possa portare a nuove forme di conflitto fra capitale e lavoro rappresenta una regressione culturale ed antropologica che l’Italia deve lasciare alla follia fallimentare del progetto globalista e dei suoi cattivi maestri.
Titolo sbagliato: falsa dicotomia. La tecnologia ed i capitali sono il supporto indispensabile di qualsiasi impresa. Il popolo-lavoro è indispensabile, ma in una posizione inevitabilmente dipendente. Altrimenti sognamo impossibili corporativismi teorici (anche belli, forse, ideologicamente) ma mai attuati, né attuabili. Come le cooperative per la sinistra. Non servono. Il Governo giallo-verde è il nulla, viene dal nulla e va inevitabilmente verso il nulla.
Ciao Felice. Infatti il pezzo vuole essere uno stimolo alla classe imprenditoriale: forse nessuno se ne è ancora reso conto ma la globalizzazione ha annientato l’assunto di Schumpeter. Fra l’altro quando si parla di corporativismo si fa riferimento a modelli economici in essere come in Germania e Giappone (e nord-est italiano). Nulla di esoterico. Se Confindustria pretende riforme senza uscire dallo schema tassi bassi, export, salari bassi, bassa domanda interna ecc. credo faccia male il suo mestiere. Saluti. G P
Comparati a quelli USA i salari italiani non sono da Terzo Mondo. Poi viene l’Amministrazione Pubblica cattiva, talora dissennata, gli sprechi, l’esagerata pressione fscale ecc. I salari potrebbero aumentare, certo, ma elevando anche la produttività (rendendola simile a quelle di Germania e Giappone), limitando la burocrazia farraginosa, le interferenze sindacali gratuite, e, diciamocelo, l’ “onere corruzione”, il pizzo, la mazzetta ecc. La domanda interna non la puoi far crescere a base di pensioni sociali regalate a moltitudini e redditi di cittadinanza, comunque si chiamino. Noi non abbiamo imprenditori e lavoratori tedeschi o giapponesi. Se una persona ha la gobba, come diceva Giolitti, il sarto deve tener conto della gobba… Saluti!
La Confindustria ha fondamentalmente ragione. Il resto è velleitarismo populista, dannoso, senza sbocchi. Nel Veneto vige il corporativismo? Dove?
Felice. Si rilegga il pezzo. Siamo più in sintonia di quanto scrive. Nord-est. È pieno di aziende ad alta produttività e grande coesione ( investimenti) comunitaria. Un saluto
Sì, ma non è corporativismo: è semmai corretta dialettica (o relazioni) proprietà-maestranze…