
La palla non vuole saperne di rotolare al Monumental tra i piedi dei calciatori del River Plate e quelli del Boca Juniors. Dopo l’uragano, gli incidenti, il rinvio a un tempo migliore. Quando entrambe le squadre saranno nella stessa condizione. La più temibile delle soluzioni, ma anche quella con più costruzione romanzesca. Perché nell’attesa si produrrà epica, mentre si è sfasciata la magia. Nel paese dei paradossi, niente come questa partita restituisce quanto tutto nasca e viva in bilico tra violenza e stupore, bordeggiando la leggenda mentre si soccombe. È già la partita più lunga del mondo, al carico del doppio incontro – ultima volta di una formula pensata per generare narrazione, come se la Copa Libertadores con le sue squadre ne avesse bisogno – si è aggiunta la straordinarietà, tipica dei racconti di Osvaldo Soriano, che aveva immaginato “Il rigore più lungo del mondo”, ma ora si vede scavalcato: in finzione, dramma e persino comicità. Con violenza e sotterfugi, dove lacrime e risate si mischiano senza morale. Quello che poteva essere pensato in provincia viene riscritto nel campo più grande e al livello più alto. La letteratura fantastica perde la sua partita con la cronaca, ritrovandosi l’impensabile davanti agli occhi, nemmeno quelli di tutti, per dire il capitano del Boca Pablo Pérez è bendato al momento per un colpo alla cornea, proprio come se avesse giocato una partita su uno sperduto campo della Patagonia e non al centro di Buenos Aires, nello stadio dove l’Argentina vinse un mondiale e dove è scomparsa una partita.
Per due volte si è cercato di giocarla, ma niente da fare, anche qua dribblando un racconto di Bustos Domecq – il nome di gioco di due scrittori come Adolfo Bioy Casares e Jorge Luis Borges – “Esse est percipi”, dove si immaginava che il Monumental fosse scomparso. L’Argentina ha fatto di meglio: ha fatto sparire il match. Il fatto stesso che il presidente del River, Rodolfo D’Onofrio, e quello del Boca, Daniel Angelici, andranno in Paraguay, a cercare un giorno per giocare finalmente questa gara, sembra un accordo di pace dopo una guerra. Lo stadio pieno di gente e i calciatori altrove racconta proprio di una guerra persa: quella del calcio contro la violenza. Se è vero che la palla va e viene, nel bene e nel male, è anche vero che non riuscire a giocare la più importante delle partite del calcio di club argentino, è una andata a monte dell’epica che lo caratterizza, seppur rimpolpando la letteratura che lo consola.
Angelici (Boca) ha detto che loro andranno a richiedere la vittoria per 3-0 a tavolino, non a concordare una data per la partita. Ma si chiamerà poi Angelici o Moratti?
Prima che contro la violenza, certo deprecabile, la partita va vinta contro le mafie poderose che controllano gran parte del football argentino…Chi vuol capire…
Pablo Perez non ha mai avuto nulla all’occhio… Certificato medico estorto (e rilasciato da un centro privato, probabilmente “amico”): infatti i dirigenti del Boca non hanno permesso che i medici della Conmebol si avvicinassero al giocatore… Parte della sceneggiata… Perchè Conmebol abbozza e pure Fifa (Infantino), che pure aveva chiesto sabato di giocare? Perche Angelici è – tra le altre cose, padrone di sale da gioco, uomo di collegamento tra il sempre potente peronismo e l’attuale Presidenza della Nazione. Mauricio Macri, figlio di un muratore calabrese, Franco, che è diventato ricchissimo in Argentina, è stato Presidente di Boca come trampolino di lancio… – Vice Presidente della AFA, della quale è Presidente un certo Tapia, proveniente dal sindicato, genero a sua volta del potentissimo capo della CGT Hugo Moyano. Questo non è complottismo, ma solo pesatura del potere in Argentina e pure fuori di essa…
A chi interessa: https://www.laizquierdadiario.com/Daniel-Angelici-el-hombre-que-no-delega-y-tiene-todo-bajo-control