Nell’introduzione del Cardinale Gualtiero Bassetti alla recente Assemblea Generale della C.E.I., un’introduzione dedicata in larga parte alle fragilità culturali e sociali del nostro Paese, un richiamo del tutto particolare è stato fatto al beato Giuseppe Toniolo, a cent’anni dalla scomparsa (7 ottobre 1918). In tempi di amnesie culturali, anche da parte di un mondo cattolico a cui spesso piace più baloccarsi con un sociologismo di maniera che con le grandi questioni di principio, parlare di Toniolo, dopo decenni di oblio, significa riportare all’attenzione generale un intellettuale, a cui il mondo cattolico è stato debitore per le sue intuizioni politico-sociali (Pio XII lo definì “maestro dei cattolici italiani in campo sociale”) e che – come ha dichiarato il Cardinale Bassetti – ha ancora molte cose da dirci. Basta saperlo ascoltare – aggiungiamo noi. Magari superando certe stantie preclusioni.
Toniolo non è infatti un generico assertore dei principi di sussidiarietà e solidarietà. Allievo di Werner Sombart, l’autore de Il capitalismo moderno, egli è l’iniziatore delle “Settimane Sociali”, il cui primo congresso , avvenuto a Genova nel 1892, individua – su sua indicazione – nella soluzione corporativa la sola idonea a risolvere la “questione sociale”. L’idea di fondo è quella di una convergenza tra struttura sociale ed impianto statale, sia a livello territoriale che “di classe”, con un richiamo alle persone reali, viventi nelle categorie produttive, nelle famiglie, negli enti locali.
L’ordine corporativo immaginato da Toniolo è interno al progetto di Restaurazione cristiana, in grado di riparare ai danni spirituali e materiali provocati dalla rivoluzione liberal-borghese, sulla via – egli scrive – di “…. quella politica cristiana per eccellenza, per cui da Costantino (274-337) a Clodoveo (466 ca. – 511), a Carlomagno (742-814), ai princìpi feudali e alle repubbliche guelfe d’Italia, tutti i reggitori degli Stati, accanto all’ufficio di tutelare gli interessi della nazione, assumevano il comune dovere di difendere e promuovere gli interessi di tutta la Cristianità e della Chiesa”.
Questi insegnamenti saranno confermati , in occasione del quarantesimo anniversario della Rerum novarum di Leone XIII (1891), dall’enciclica Quadragesimo anno (1931), emanata da Pio XI, per il quale il “vero e genuino ordine sociale” nasceva dalla coesione tra datori di lavoro e prestatori di lavoro, impegnati a “promuovere più che mai intensamente la cooperazione della intiera corporazione dell’arte al bene comune, cioè alla salvezza e prosperità pubblica della nazione”.
E’ giunto il tempo per ridare nuovo slancio ad un’idea sociale messa, da decenni, sotto silenzio, sull’onda di più facili convergenze politiche e culturali (pensiamo all’egemonia classista e marxista subita, durante gli Anni Settanta-Ottanta dal mondo politico, sindacale e culturale di estrazione cattolica) ? Non c’è niente da inventare. Basta tornare ai “fondamentali”. Toniolo – da questo punto di vista – offre grandi occasioni di riflessione per l’attualità, in particolare a chi continui a coltivare l’idea partecipativa, costruita sulla libera associazione dei lavoratori; sul lavoro e capitale anche in relazione reciproca; sul prevalere dell’etica sulle dure leggi dell’economia.
Pur nel mutare degli scenari, i grandi temi del rapporto tra etica ed economia, produzione e giustizia sociale, partecipazione e accesso alla proprietà, restano all’ordine del giorno del Sistema-Italia. Bisogna solo trovare le giuste chiavi di lettura. Toniolo ne offre certamente più d’una.