La Sala Forum del Palazzo delle Esposizioni a Roma ha ospitato mercoledì 7 novembre la conferenza stampa di presentazione e l’anteprima della mostra: Roma fumettara, a cura della Scuola Romana dei Fumetti (Srf), per celebrare i venticinque anni dalla fondazione, essendo stata ufficialmente istituita nell’ormai lontano ottobre 1993.
La scuola
La SRF venne creata da un gruppo di autori (sceneggiatori e disegnatori) già a suo tempo molto attivo nel panorama fumettistico capitolino. Nel tempo, sono entrati a far parte del corpo docente della Scuola diversi ex-allievi affermatisi in quella che è conosciuta anche come la Nona Arte. Oggi, questo rinomato centro di formazione artistica e creativa propone corsi di vario tipo, dai più classici percorsi sul disegno o la sceneggiatura, sino a settori più “moderni” come l’animazione e i videogame.
Da questa esperienza, forse unica, nel panorama italiano, prende vita la mostra proposta adesso a Palazzo delle Esposizioni e che vuole essere qualcosa di più di una semplice celebrazione. Innanzitutto per il tema: Roma. Una città che nel suo centro storico non solo ospita la Scuola, la cui sede si trova da ventitré anni in via Flaminia, ma che ha soprattutto generato l’essenza stessa della SRF, come ha ricordato al momento della presentazione Stefano Santarelli, dicendo che questo Istituto ha: “un’anima romana”. Del resto, tra i tanti luoghi in Italia in cui è oggi possibile studiare il fumetto, quello del quale stiamo parlando si differenzia da tutti gli altri per l’idea fondante alla sua base, che, nelle parole di Massimo Vincenti, può essere così riassunta: “Il fumetto oltre il fumetto”, ossia l’aprirsi a tutte quelle possibilità professionali che tale settore è capace di offrire: il cinema, le serie TV e, persino, la pubblicità. Potrebbero, questi, sembrare termini eccessivamente “benevoli”, ma così non è, giacché circa diciotto anni or sono, noi stessi avemmo modo di frequentare il corso di sceneggiatura proprio della SRF, tenuto dai suddetti Santarelli e Vincenti. Quello fu per noi un anno di intensi scambi culturali, i quali andarono, per l’appunto, ben oltre il fumetto. Ragion per cui, questa esperienza didattica ci ha sì formato come sceneggiatori e scrittori, ma ci ha anche aiutato a comprendere a essere sempre “plastici” nella creazione e immaginazione. Invero, la lezione più importante che ci venne insegnata è che fare fumetti è prima di tutto un mestiere, e non un solipsismo artistico. Passano gli anni, e la Scuola ripropone con gaudente coerenza – già, visto che la SRF è un luogo dove ci si deve divertire – le idee che l’accompagnano sin dai suoi inizi; cosa che possiamo notare pure nel titolo della mostra, con quel “fumettara” che è la quintessenza di quell’aspetto ludico che è spirito e cuore di chi si cimenta con la Nona Arte. Tale concetto è chiaramente illustrato in un recente libro sempre di Stefano Santarelli (Raccontare a fumetti. Il linguaggio dei comics dall’idea al disegno, Roma, Audino Editore, 2017), e al quale rimandiamo il lettore.
Concludendo, Roma, con la sua grande e dannata Bellezza, mostrata in modo fenomenale nel film (2013) di Paolo Sorrentino, è raccontata con la solita ironia che caratterizza i docenti e collaboratori della Scuola Romana dei Fumetti in settanta opere, che saranno visibili con ingresso libero dal 9 novembre 2018 al 6 gennaio 2019. La Città Eterna è il centro del mondo, essa è una occasione continua di riflessione, di gioia e di dolore. Roma richiede puntualmente un ricordo, una annotazione, un commento; nella necessità di rammentare dove ci troviamo e, per quanto concerne i fumetti, è giusto riaffermare che se Milano, con l’“imperatrice” Bonelli, è la capitale economica del grande fumetto italiano, Roma lo è dal punto di vista artistico. “Io disegno/scrivo bene”? Ecco, non sono queste le cose che si apprendono alla SRF, poiché nel mestiere vi sono scadenze, imposizioni e cose simili. Di Hugo Pratt – a nostro personalissimo avviso il più grande fumettista di sempre – ce ne è stato soltanto uno, quindi imitare il talento è arrogante e stupido. Per converso, imparare a fare un lavoro, benché di tipo creativo, è un qualcosa di nobile e sano.