Difficile sorvolare sulla presenza di Steve Bannon ad Atreju2018, festa militante di Fratelli d’Italia. Il fondatore di “The Movement” va a fare il capopopolo di una destra alla ricerca di una nuova dimensione affrontando tematiche attuali.
A colloquio con Giuliano da Empoli, sulle colonne de Il Foglio, Bannon riflette sulla sovranità come farebbe un filosofo della dottrina politica. A suo dire l’Italia è la patria di un rinnovato «American Dream» per essere riuscita, con il governo Di Maio-Salvini, «a coagulare il consenso delle forze del sud e quelle del nord, della destra e della sinistra, del populismo e del nazionalismo».
La sua analisi immagina l’attuale scenario politico europeo come una sorta di gioco di scacchi nel quale è in ballo la natura profonda della sovranità. Quando Bannon dice che «dall’esito di questa esperienza dipendono le sorti della rivolta dei popoli che vogliono riprendersi il potere dalle mani delle élite globali che glie l’hanno sottratto», definisce una linea di trincea molto precisa. Trasferisce nella dialettica politica democratica tutto l’immaginario rivoluzionario della storia europea che ha animato moti, rivolte, battaglie, assalti più o meno vincenti alle autorità costituite dai Gracchi in poi.
Bannon oggi può permettersi di assimilare il sistema finanziario delle banche ad un potere dittatoriale e liberticida che condiziona in modo subdolo ma oramai esplicito, persino il modo di pensare e di affrontare i problemi economici e sociali. A Giuliano da Empoli, che gli fa notare che il debito va pur finanziato, risponde: «È questa mentalità il problema: non dovreste andare dai banchieri centrali con il cappello in mano».
Bannon fa riferimento alla «natura» della sovranità perché pone sul tavolo del dibattito politico europeo la domanda cruciale: la sovranità, cioè la potestà decisionale di un governo, sta nelle mani di chi presta i soldi agli stati oppure nelle istituzioni politiche animate e volute dai cittadini?
Certo è curioso che sia proprio un americano a solleticare queste corde patriottiche e rivoluzionarie anti-elitarie. Perché se è vero che lui è figlio di operai, è vero pure che fa parte integrante di una nazione che da decenni assomiglia più ad un impero. Una nazione che si è fatta un baffo della sovranità politica di ognuno degli Stati Nazionali del pianeta imponendo la sua volontà in nome di principi di libertà molto spesso pretestuosi.
«I banchieri centrali vi hanno messo in testa un meme per farvi il lavaggio del cervello!» rintuzza al giornalista che gli parla dello spread.
Grazie al suo passato da «capitalista» in Goldman Sachs, è perfettamente credibile quando con grande semplicità, come fosse cosa scontata, evoca il partito di Davos e le élite finanziarie come quelle entità «che hanno causato la crisi finanziaria del 2008creando armi di distruzione economica di massa e provocato l’immigrazione in Italia ed in Europa al fine di tenere basso il costo del lavoro» Il nuovo imperialismo con i suoi schiavi.
Nella sua immagine di yankee bonario, Bannon si rivela rappresentante consapevole e lucido delle nuove ideologie e ridefinisce i contorni dei soggetti politici che le incarnano. L’Italia è lo scenario fertile e magmatico nel quale si sperimentano dimensioni che la parola politica non ha ancora categorizzato.
Bannon prende l’esperienza dell’attuale “lega Italica” gialloverde e la idealizza indicandola come un modello riproducibile ovunque. Soggetti diversi dal partito di Davos, che ha decostruito la società e rastrellato le risorse delle popolazioni europee, potranno accedere finalmente al potere. Niente più destra o sinistra: «i populisti hanno accettato di mettere da parte le loro differenze e di unirsi per restituire il potere al popolo italiano contro i poteri stranieri che lo avevano usurpato».
«Finora le élite hanno offerto solo la gestione del declino, l’antidoto è l’azione». Salvini e Di Maio sono per Bannon i Gracchi del XXI secolo, e sono passati all’azione per difendere il cittadino medio, il lavoratore medio, per proteggere chi si sente indifeso ed ignorato da legislatori troppo ricchi e troppo potenti.«Se funziona in Italia può funzionare dappertutto, per questo siete il futuro della politica mondiale. Il modello è questo al cento per cento: sovranisti contro globalisti».
Anche il fronte occidentale si sposta e si riposiziona a seconda della volontà dell’Impero Americano e dei suoi consiglieri. San Pietroburgo e Mosca sono ormai Occidente. Il progetto di Trump è «trasformare Giappone, Corea, paesi del NAFTA e Unione Europea in un blocco che abbia la forza di riorientare la catena di produzione in senso meno favorevole alla Cina» per «contrastare i loro progetti di nuove vie della seta».
Bannon è nella Roma del 2018, ma sembra alla corte di Daimyo Hidetora Ichimonji (feudatario raccontato da Kurosawa in “Ran”).