Il nasello lesso alla napoletana – racconta Aldo Buzzi – viene servito come un anello, la coda chiusa nella piccola bocca da squalo, contornato da quarti di limone. Ed è l’immagine che dà “Quasi” (La nave di Teseo) il libro di poesie/pensieri di Oscar Farinetti. E, nonostante nella postfazione Massimo Donà scomodi Don Chisciotte, Giordano Bruno e Giacomo Leopardi per un «filetto di baccalà / dissalato lentamente / e cotto al forno / senza niente», il risultato non solo è scarso, ma grottesco. Canta Farinetti di vita e imperfezioni e fa sembrare Jovanotti un Whitman, scambia l’amico Sandro (Baricco) – che gli spiega lo Storytelling – per Omero: «Un fatto se non è raccontato / non esiste […] / detto da lui non è più una opinione»; prende per mano Eugenio (Montale) e Pablo (Neruda) “colleghi” di versi: «quante volte vi ho immaginato / a chiacchierare, voi due. // Ok ok me ne vado / Scusate, vi lascio tranquilli / Grazie»; si rivolge al Papa che prima gli era sembrato marketing dopo no: «Poi hai incominciato a parlar di terra, / di migranti e di rispetto. / Ti sei schierato con una potenza che mi ha / colpito il petto»; a Guevara: «Il Che / ma quanto era figo il Che / quanto è figo»; un po’ vorrebbe essere Gianni Rodari molto Tonino Guerra, in realtà appare come Brunello Robertetti il poeta di Corrado Guzzanti o nel migliore dei casi il cameriere ne “La cena” di Ettore Scola, ammonito da Vittorio Gassman: «Un casino. Tu stai ancora alle rime». E dopo, indicandogli un verso: «Senti come è bolso, come è banale». [da IL MESSAGGERO]
*“Quasi” (La nave di Teseo) di Oscar Farinetti