La Marina Militare accompagna gli internauti in un’emozionante “tour by video” su ciò che resta di un simbolo della Seconda Guerra Mondiale, da 75 anni tomba di oltre mille marinai.
Nave fra le più blasonate della storia della marineria italiana, per decenni ossessione di appassionati studiosi che ne hanno invano cercato il relitto la Corazzata “Roma”, 46 tonnellate e una tecnologia d’avanguardia per i tempi, è l’icona delle drammatiche conseguenze dell’Armistizio dell’8 Settembre 1943, siglato il 3 e comunicato cinque giorni dopo con colpevole (e tragico) ritardo.
Impostata nel 1938 e varata nel 1940 fa parte con la “Vittorio Veneto” e la “Littorio” della moderna classe “Littorio”. Tre unità che all’inizio della loro vita operativa sono le unità di superficie con il più potente armamento al mondo. Bisognerà attendere, infatti, l’entrata in scena della Classe Yamato e della Classe Iowa per vedere in azione una più potente artiglieria navale.
La “Roma”, inoltre, dispone di un piccolo apparecchio detto “Gufo” (EC3/ter), risposta nostrana ai radar britannici; imbarcati ci sono degli aerei catapultabili, idroricognitori IMAM Ro. 43 e caccia Reggiane Re 2000. In altre parole la nave avrebbe dovuto mostrare all’Italia e al mondo che il paese, non ancora sconfitto, era capace di sviluppare tecnologia e sistemi di qualità pari a quella del nemico e del potente alleato germanico.
Un gioiello, dunque, ma dalla breve storia operativa: in rada fino al settembre 1943, il 9 settembre salpa da La Spezia per congiungersi alle altre navi della Regia Marina in navigazione verso La Maddalena.
Ciò che segue è noto: un attacco tedesco, con ricorso a bombe filo guidate (usate per la prima volta proprio sulla squadra navale italiana), provoca l’affondamento della “Roma” che cola a picco portando via con sé l’Ammiraglio di Squadra Carlo Bergamini (Comandante delle forze navali da battaglia), il suo stato maggiore, il Comandante della nave Capitano di Vascello Adone Del Cima e 1393 uomini dell’equipaggio.
Ritrovato nel 2012, lo scafo è stato documentato nel 2013 e poi nel 2018 dagli operatori subacquei della Marina Militare, ricorrendo ad un drone sottomarino considerata la profondità proibitiva di mille metri.
A settantacinque anni le immagini spettacolari messe in rete dalla Marina rappresentano un omaggio importante ai marinai italiani vittime del conflitto e, come nel caso di Regia Nave “Roma”, di scelte diplomatico-militari condizionate dall’italianissimo eccesso di prudenza che, in pace e in guerra, produce danni incalcolabili.