Obiettivo del mio articolo è raccontare la storia di un genere cinematografico che oggi molti considerano finito se non addirittura in crisi. Cominciamo col dire che il genere cinematografico western è un contenitore con moltissimi sottogeneri come il western classico, che rappresenta l’età dell’oro del genere e che racconta il mito della Frontiera e la nascita di una nazione; in questo periodo abbiamo capolavori come Ombre Rosse e Sentieri Selvaggi di John Ford e Quel treno per Yuma di Delmer Daves.
A seguire dalla fine degli anni sessanta abbiamo il western crepuscolare che racconta il lato oscuro dell’America e del mito della frontiera in cui l’America mostra il suo vero volto di potenza imperiale e capitalista, i film che al meglio rappresentano questo periodo sono Butch Cassidy e Sundance Kid di George Roy Hill e il Mucchio Selvaggio diretto da un grande regista della ribellione che fu Sam Peckinpah. Vi è il sottogenere rappresentato dal Western Militare rappresentato dalla Trilogia della Cavalleria; i tre capolavori di John Ford sono Il massacro di Fort Apache, I cavalieri del Nord Ovest, Rio Bravo e Soldati a cavallo in cui sempre John Ford racconta i rapporti tra bianchi e nativi americani dal punto di vista dei militari nella trilogia mentre in Soldati a cavallo racconta il terribile conflitto che sconvolse gli Stati Uniti della Guerra di Secessione tra il 1861 e il 1865. A seguire abbiamo il western dalla parte degli indiani con cui il cinema rappresenta la tragedia del popolo pellerossa con capolavori come L’ultimo apache di Robert Aldrich, Il grande sentiero che è un omaggio di John Ford ai nativi americani, agli inizi degli anni settanta abbiamo Soldato blu e Piccolo grande uomo in cui Hollywood rappresenta il conflitto del Vietnam attraverso il massacro dei nativi americani, negli anni 90 abbiamo il capolavoro diretto e interpretato da Kevin Costner Balla coi lupi, vincitore di ben 7 premi Oscar e quello che io considero un capolavoro purtroppo snobbato dalla critica che è Geronimo diretto da Walter Hill del 1993 che annovera tra i protagonisti un giovanissimo Matt Damon.
Abbiamo il western dedicato agli eroi della frontiera come Buffalo Bill, Wild Bill Hickok, Wyatt Earp che nell’immaginario collettivo rappresentavano la legge, l’ordine e lo stato di diritto nei territori selvaggi della Frontiera oppure agli antieroi come Jesse James, Billy the Kid e Butch Cassidy considerati nei territori dell’Est dei nemici pubblici da combattere ed eliminare mentre nell’Ovest sono considerati dei giustizieri che riparano ai torti che i farmers della frontiera subivano dagli agenti della Pinkerton spalleggiati dall’esercito che non è più al servizio dello Stato ma dei grandi proprietari terrieri e dei costruttori di ferrovie.
Abbiamo il western nichilista e celiniano ispiratore del cinema western crepuscolare del grande maestro italiano Sergio Leone rappresentato dalla Trilogia del dollaro con capolavori come Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto e il cattivo e dalla Trilogia del Tempo con C’era una volta il West, Giù la Testa e C’era una volta in America e infine Il mio nome è nessuno prodotto da Sergio Leone e diretto da Tonino Valerii con Terence Hill che riprende il personaggio scanzonato e strafottente di Trinità ma stavolta non è affiancato da Bud Spencer ma da Henry Fonda già reduce del successo di C’era una volta il west che interpreta un malinconico cow boy sulla via del tramonto che desidera uscire di scena, questo film nonostante dosa comicità e malinconia rappresentando un ritratto triste sulla fine della frontiera, accompagnato sapientemente dalle musiche di Ennio Morricone. Vi è poi il sottogenere del western messicano dedicato al Messico e ai suoi conflitti durante la guerra di intervento in Messico tra il 1863 e il 1867 e la Rivoluzione Messicana che dilaniò il Messico tra il 1910 e il 1920, il titolo che lo rappresenta al meglio è Giù la testa di Sergio Leone.
Concludiamo questa carrellata dedicata ai sottogeneri western con il Western civile in cui si rappresenta l’arrivo della civiltà e dello Stato di diritto, vi cito in questo caso tre capolavori che hanno rappresentato al meglio quel momento, il primo è Mezzogiorno di fuoco di Zimmerman con Gary Cooper e Grace Kelly, L’uomo che uccise Liberty Valance di John Ford con John Wayne, James Stewart, Lee Marvin e Vera Miles e infine I cancelli del cielo di Michael Cimino, un film che all’epoca l’America Reaganiana snobbò perché vedeva in quel film il tradimento del Sogno Americano, le conseguenze furono la fine della carriera di Michael Cimino e il fallimento della casa di produzione United Artists, oggi questo film è stato recuperato e rivalutato positivamente da tutta la critica.
Il cinema western ha una valenza mitica e fantastica che è un po’ il Medio Evo del Nuovo Mondo. E’ un genere cinematografico in cui l’uomo si confronta con un ambiente naturale ostile, in una lotta senza quartiere per civilizzare il territorio prima con la violenza e poi con i codici etici. Ma il cinema western non è solo questo, è anche l’esaltazione di valori positivi come il coraggio, l’onore, la forza, la perseveranza, i vincoli di amicizia, la curiosità e il desiderio di conoscenza che si contrappongono ai vizi peggiori come la brutalità, la prevaricazione, l’avidità, la bramosia, la sopraffazione e l’ossessione che rimandano al mito.
Il genere western che noi percepiamo attraverso la lettura del testo filmico non si basa sulla realtà storica o su eventi reali ma su opere che trattano la natura dell’uomo come i testi sacri, le leggende e le tragedie shakespeariane. Attorno alla storia si aggiunge l’ambiente in cui si muovono i protagonisti che possono essere cowboy, indiani, trappers, bounty killers, sceriffi, coloni, prostitute, soldati e cercatori d’oro. Il Grande Paese si presenta in tutte le sue sfaccettature e i suoi cambi di paesaggio come i canyon desertici, le praterie sconfinate, le montagne granitiche in cui vivono comunità isolate in cui vige la legge del più forte, lontane dal progresso eccetto per le armi da fuoco che non mancano mai e per le comunità un po’ più avanzate per la ferrovia, la stampa che crea le “leggende” o per il telegrafo che è l’unico mezzo con cui le comunità possono comunicare fra di loro in un territorio senza confini.
Chiaramente il western che la mia generazione ha conosciuto soprattutto attraverso la televisione è un western alimentato dal mito e dalla leggenda, un fondamento di verità si comincerà ad avere con il western crepuscolare di Peckinpah in cui il ruolo uomo bianco/buono, indiano/cattivo verrà ribaltato.
In particolare sarà in Europa Sergio Leone che rivoluzionerà il genere western inserendo elementi della commedia dell’arte, della mitologia omerica e anche del nichilismo celiniano ispirato alla maggiore opera di Louis Ferdinand Celine Viaggio al termine della notte.
E’ uno scenario che si ripete nei film di John Ford, di Howard Hawks, di Raoul Walsh, il teatro di ogni storia di quell’umanità che da un saloon fumoso parte ricerca della propria identità o per qualcosa di cui “sia valsa la pena”.
Quello che ci piace del genere western è la fuga dalla realtà in cui Wyatt Earp è un marshall integerrimo e tutto d’un pezzo e non un maneggione che attraverso l’incarico di Marshall controllava gli affari e gestiva i suoi traffici nella città di Tombstone, possiamo sognare di lanciarci al galoppo alla testa di uno squadrone di giacche azzurre sollevando la polvere della pista che ci brucia gli occhi e la gola, possiamo sognare di muoverci con prudenza tra i boschi delle grandi foreste del Nord come Daniel Boone e Davy Crockett armati di coltello Bowie e fucile all’avancarica, oppure possiamo avanzare nella Hill Street con la Colt sei colpi al fianco pronti a fronteggiare il prepotente di turno.
Il western che ci piace è quello dei bivacchi notturni durante le soste mentre spostiamo una mandria di migliaia di capi da un punto all’altro del Grande Paese sorseggiando un caffè per restare svegli mentre si sorveglia la mandria o nella locanda mangiando i fagioli in compagnia di Terence Hill, è il western delle risse nei saloon a fianco di Lee Van Cleef o di Giuliano Gemma, è la ricerca del carico d’oro perduto di una compagnia mineraria su cui tutti vogliono mettere le mani per potersi ritirare a vivere tranquilli in un ranch.
In questo mondo possiamo inventarci nuove mitologie, in un viaggio che va dallo sterminio dei nativi americani a fianco di personaggi come Buffalo Bill, Wild Bill Hickok, Jesse James come ce li ha presentati il cinema.
Oggi si parla erroneamente di morte del genere western per via di nuovi generi che vanno dal fantascientifico, ai thriller, ai polizieschi, ai cinepanettoni nostrani, ma siamo stati contraddetti tante volte grazie a capolavori come I cavalieri dalle lunghe ombre di Walter Hill, Balla coi lupi di Kevin Costner, Gli spietati di Clint Eastwood e Tombstone di George Pan Cosmatos.
In realtà il western non è morto e non è nemmeno in crisi, si è semplicemente trasferito in altri generi e finché l’uomo sarà alla ricerca di nuove frontiere, il western non morirà mai.