Come o peggio di Rosario Crocetta, in Sicilia?
Tale e quale alla Buttanissima, quindi alla Strabuttanissima oppure – nove mesi di governo regionale per partorire una sola legge, quella sulla Tutela dei Beni della Seconda guerra mondiale – Inutilissima?
Immobilissima e dunque Inutilissima, la Sicilia, con neppure un solo disegno di legge da presentare in quel parlamento di cui è presidente Gianfranco Micciché, arcigno alleato del governatore Nello Musumeci costretto al ruolo di elegante ventriloquo di questa paralisi. Musumeci – tra i più specchiati leader della destra – con una maggioranza risicata e l’ opposizione consociativa del Pd, naviga a vista mentre Matteo Salvini, ai microfoni di Maria Latella su Radio 24, consuma la salvifica minaccia: “Le Regioni incapaci di gestire i fondi comunitari saranno commissariate”.
Un campanello d’ allarme per la Regione siciliana dove pure non mancano risorse e persone di qualità, a cominciare dallo stesso Musumeci che – perché no? – dovrebbe mettere a frutto la sua scampagnata a Pontida, presso il popolo leghista, congedarsi da Micciché (e da Davide Faraone, il leader siciliano del Pd), siglare un contratto con il M5S di Giancarlo Cancelleri e fare il governo gialloverde a Palermo.
È il cosiddetto centrodestra, oggi, a fare opposizione a quella che per i siciliani, nel dopo-Crocetta, doveva essere con Musumeci la speranza di fare almeno una cosa, una. La Sicilia scivola nel baratro del sempre peggio.
Tutti i numeri che Musumeci non può avere dall’ alleanza con Forza Italia sono nel forziere dei Cinque Stelle, il primo partito nell’ Isola. Tutta la buona volontà di fare – e l’ urgenza del dover fare – si risolve nell’ unico possibile atto di coraggio: cancellare questi primi nove mesi e ricominciare.
Cancelleri, a Musumeci, un primo avviso l’ ha già recapitato: “Se non togli Gaetano Armao, il controllore voluto da Berlusconi alla vicepresidenza della Regione, il dialogo non si può avviare”. E non si tratta di fare ribaltoni.
Chi tradisce chi, è argomento fuori luogo quando ormai il centrodestra a trazione “nazarena” – con Micciché nel solco di una Maria Elena Boschi – ha già scelto l’ élite e non certo quel popolo, perfino quello del suo stesso ventre panormita descritto da Franco Maresco nel film Belluscone.
Certo, non c’ è la Lega tra i fichidindia ma c’ è una destra pronta a emanciparsi dagli Zii di Sicilia, i soliti, quelli del granaio clientelare a disposizione dei capintesta e c’ è una svelta realtà trasversale che va da Diventerà Bellissima a Movimenta.
La prima è la sigla elettorale di Musumeci (un movimento ispirato a Paolo Borsellino, fondato da Fabio Granata, oggi assessore di una giunta di sinistra a Siracusa), la seconda, Movimenta, è un laboratorio che raduna le esperienze di Andrea Bartoli – il mecenate che a Favara, nell’ agrigentino, ha realizzato il Farm Cultural Park – e di ragazzi straordinari come Peppe Zummo, già assessore a Gibellina, la città simbolo della rinascita dal terremoto del Belice.
Tre sono i mondi apparentemente lontanissimi ma affini per sensibilità, stima e perfino amicizia se fa testo l’ antico impegno culturale e sociale di Claudio Fava e di Musumeci che con Forza Italia, ormai, non ha più niente in comune.
E così Fava, con il Pd. Forse il presidente attuale non riesce a superare le asprezze consumate durante la campagna elettorale con Cancelleri ma è certo che i due – anzi, i tre – hanno molte più cose da dirsi tra loro di quante possano averne coi rispettivi interlocutori nei recinti “ideologici”.
E tante più cose da fare hanno per la Sicilia se Cancelleri, libero di geografie e simboli, se lo sente chiedere dai siciliani: “Fatelo un governo come quello di Roma”.
Un governo odiato dagli Zii, ma fortemente voluto dal popolo. Impossibile? (da Il Fatto Quotidiano del 6 settembre 2018)