Quando sento parlare di funerali fascisti, mi viene da sorridere per due motivi. Intanto perché mi ricordo la cinica invettiva usata durante l’ultima guerra dai romani per mandare a morire ammazzato qualcuno: “Che te possino di’ presente!” E poi perché su Raistoria andò in onda qualche anno fa il video dei funerali di Pablo Neruda, morto pochi giorni dopo il golpe di Pinochet. In una spettrale Santiago, un manipolo di coraggiosi percorreva dietro il feretro le strade, scandendo uno slogan pressoché identico a quello dei funerali fascisti: “Camarada Neruda, presente!” Naturalmente, il pugno chiuso sostituiva il saluto romano, ma il rituale era il medesimo. Camarada o camarade, in spagnolo e in francese, significano “compagno”, il che ha dato spesso luogo a incresciosi equivoci.
Vorrei consigliare la visione di quel filmato, reperibile facilmente su youtube, a quanti hanno invocato sanzioni draconiane per i giovani che, rispettando le sue ultime volontà espresse al figlio, hanno salutato romanamente la salma del professor Todini, stimato docente dell’ateneo di Sassari e commendatore della Repubblica. Dall’Iliade in poi, la letteratura e la storia c’insegnano che il rispetto per i morti è uno dei fondamenti della civiltà. Nemmeno Pinochet ebbe il coraggio di impedire il canto dell’Internazionale e i saluti col pugno chiuso ai funerali di Neruda: la democrazia italiana dovrebbe essere meno tollerante di una dittatura? Giampiero Todini non era un grande poeta come Neruda, ma uno stimato studioso e un docente integerrimo. Che senso ha infierire su chi gli ha permesso di affrontare la morte fedele alle idee a cui aveva dedicato la vita?