L’auspicio è di passare dalle parole ai fatti, quanto prima. Mafia e antimafia. È qui che sta o cade la tenuta legalitaria del governo gialloverde. Al netto dei risultati ottenuti finora sul fronte della gestione migranti, c’è ancora tanto lavoro da fare sull’intero versante sicurezza. “Trattare di mafia non è una questione siciliana, ma deve interessare il Paese”. Lo ha detto il sottosegretario Stefano Candiani (Lega) e vice di Matteo Salvini al Viminale a margine delle commemorazione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente Domenico Russo, uccisi da Cosa nostra nel settembre 1983 a Palermo.
L’analisi è lucida e supera molti luoghi comuni in salsa padana. “Il generale Dalla Chiesa – spiega Candiani – ci ha insegnato che le ramificazioni delle cosche si sono ben estese anche fuori dal Paese. Noi dobbiamo essere molto determinati a rispettare la memoria a chi ha perso la vita per difendere i cittadini andando a colpire la mafia dove ha gli interessi più forti”. E ancora: “Bisogna rendere le persone libere con il lavoro – ha aggiunto il sottosegretario – bisogna rendere libere le persone dalla dipendenza economica. Bisogna fare in modo che quei diritti che i cittadini chiedono allo Stato non vengano assicurati loro dall’associazione mafiosa”.
Insomma, è l’occasione che consente agli esponenti dell’esecutivo Giuseppe Conte di parlare di lotta alla mafia, argomento finora assente nella grande narrazione del cosiddetto governo del cambiamento, nonostante esso sia tra i punti non trascurabili del ‘contratto’. Di tempo ce n’è ancora per farlo, perché è chiaro che dal 13 giugno a ora, l’avventura gialloverde non è neanche alla prima curva.
Come sempre però saranno i risultati a contare. Fosse arrestato Matteo Messina Denaro, la primula rossa della mafia siciliana, la bacheca del governo si riempirebbe di un trofeo prestigioso. “La determinazione con la quale le forze dell’ordine, con la quale il governo, ma anche tutti i governi passati, hanno perseguito i latitanti e’ totale. Noi non faremo un passo indietro”, ribadisce Candiani.
Intanto però c’è da fare i conti con un caso che sfiora il non senso, la revoca della scorta al “capitano Ultimo”, l’ufficiale dei carabinieri che ha arrestato il capo dei capi Salvatore Riina. “Ci sono delle circostanze che vengono valutate. Lo Stato non abbandona nessuno”. Ecco la rassicurazione di Candiani.