Famosissimo al suo tempo quale straordinario e prolifico scrittore (creatore del romanticismo letterario francese), politico, diplomatico, il visconte di Chateaubriand, del quale ricorre il 250 anno della nascita (ed il 170mo della morte) è forse oggi noto ai più per aver dato il nome al…filet o steak Chateaubriand! Cioè quella bisteccona di circa mezzo chilo, derivante dal “cuore” del filetto di bovino adulto, leggermente rosa all’interno e ben cotto all’esterno, alla griglia, preferibilmente accompagnato dalla salsa bernese, che pare essere stato creato da M. Montmireil, cuoco dello scrittore, amante della buona tavola ça va sans dire... Paternità messa in dubbio da coloro che ritengono il gran piatto, universalmente apprezzato, posteriore al decesso del visconte di circa trent’anni. L’opera del quale è oggi poco diffusa e conosciuta.
Colui che personificò la réaction au monde moderne, François-René de Chateaubriand nacque, ultimogenito di dieci fratelli e sorelle, in parte deceduti infanti, da un’antica famiglia nobile bretone di Saint-Malo – già nota nell’undicesimo secolo, con un Geoffroy de Chateaubriand che aveva accompagnato San Luigi IX alle Crociate –impoverita, che aveva ritrovato il lustro di tempi passati grazie all’abilità imprenditoriale del padre René-Auguste, armatore, corsaro e commerciante, anche di schiavi negri. Il padre aveva acquistato, poco dopo la sua nascita, il castello e la contea di Combourg, ove il piccolo François crebbe. Vitrascorse un’infanzia ed un’adolescenza malinconiche, solitarie, innamorandosi delle lande della campagna bretone,sorretto dall’intenso rapporto con la sorella maggiore Lucile. Per la madre, Appoline Jeanne Suzanne de Bédée, pia e di malferma salute, egli non sentì da bambino un particolare affetto, essendo allevato, come era consuetudine aristocratica, da personale del servizio domestico.
Da adolescente egli sviluppa una sensibilità acuta, fantasiosa, esacerbata, ed il suo ideale di donna, la Sylphide. L’ispiratrice è la sorella Lucile (1764-1804), sua compagna di passeggiate e fantasie, che lo incoraggia a scrivere, nevrastenica, forse poi morta suicida a quarant’anni:
“Je parlais peu, je ne parlais plus; j’étudiais encore, je jetai là les livres; mon goût pour la solitude redoubla. J’avais tous les symptômes d’une passion violente; mes yeux se creusaient; je maigrissais; je ne dormais plus. J’étais distrait, triste, ardent, farouche”
scriverà nei suoi Mémoires. Tentò pure il suicidio.
Il padre sognava di fare di lui, figlio cadetto e, quindi, destinato ad ereditare solo una misera parte del patrimonio familiare, secondo gli usi, un ufficiale di marina.Chateaubriand meditò invece d’intraprendere la carriera ecclesiastica; infine si lasciò convincere ad iniziare quella militare. Arruolatosi, ottenne il brevetto di sottotenente nel reggimento di Navarra, a diciassette anni, e poi di cadetto-gentiluomo a diciannove. Una volta congedato, perso il padre nel 1786, si trasferì a Parigi alla vigilia della Rivoluzione. Subì in particolare l’influsso dell’opera di Corneille (dal quale mutuò l’amore per i classici) e di Rousseau. Godette della protezione dell’insigne giurista e politico Guillaume-Chrétien de Malesherbes, che era il nonno della moglie del fratello Jean-Baptiste e bisnonno, altresì, di Alexis de Tocqueville. Jean-Baptiste lo presentò a Luigi XVI ed alla Corte, che gli causò disgusto per la malsana atmosfera d’intrigo, depravazione, falsità.
Nella primavera del 1791, in piena Rivoluzione – dalla quale all’inizio si era sentito attratto, come quasi tutti gli aristocratici, stanchi del dispotismo monarchico e della licenziosità di Versailles, avendo pure assistito, con due sorelle, alla presa della Bastiglia – si allontanò dalla Francia,impressionato dagli eccessi dei sans-culottes, e s’imbarcò per il Nuovo Mondo. Percorse per un anno luoghi e foreste dell’America Settentrionale, vivendo (anche se qualcuno lo ha posto in dubbio) con gli indios tra Stati Uniti e Canada, edabbozzando un poema dedicato ai Natchez, una piccola tribù amerinda del Mississippi che si ritiene estinta nel 1944.Trovava in quei paesaggi – forse più immaginati che visti – il riflesso del suo sentimento d’esilio e di solitudine. Incontrò George Washington a Filadelfia, benché tale colloquio sia poi stato messo in forse.
Chateaubriand rientrò dall’America all’inizio del 1792 e, dopo l’arresto della Famiglia Reale a Varennes, raggiunse a Coblenza l’Esercito degli Emigrati, composto da nobili e da truppe monarchiche che avevano lasciato la Francia. Nel settembre 1792, egli fu ferito ad una gamba durante l’assedio di Thionville. L’episodio porrà fine alla sua breve esperienza nell’esercito. Al suo ritorno sposò Céleste Buisson de Lavigne, un’ereditiera bretone (ma la dote fu un’illusione passeggera) poco attraente, i capelli biondi, ma il naso lungo, magra, energica, con spirito e carattere. Si trattò di un matrimonio combinato dalla sorella Lucile, ed i rapporti fra i due coniugi furono sempre freddi o conflittuali, soprattutto a causa dei ripetuti tradimenti del focoso e galante marito, sempre con uno stuolo di ammiratrici. Non avranno prole, chissà se ebbero sesso…
Installatosi in Inghilterra per sfuggire alle leggi criminali del Terrore, Chateaubriand visse a Londra in uno stato di grande precarietà economica che lo costrinse a campare di traduzioni e, in un secondo tempo, ad insegnare in una scuola privata, dove apprese la morte sul patibolo del fratello e della cognata. I suoceri del fratello furono ugualmente decapitati, e così l’ormai anziano Malesherbes. Ivi pubblicò nel 1797 la sua prima opera, Essai sur les révolutions. Degli inglesi egli ammira la disciplina ed il senso civico. Sta maturando il suo rifiuto della modernità. Una lettera della madre in fin di vita, nel 1797, lo riavvicina alla religione. In effetti il giovane si converte: «Sono diventato cristiano. Non ho per nulla ceduto, lo ammetto, a delle grandi forze soprannaturali; la mia convinzione è uscita dal mio cuore: ho pianto e ho creduto» scriverà. Muta profondamente la sua vita interiore e pure quella letteraria.
Tornato in Francia, nel maggio del 1800, Chateaubriandre dirige per qualche anno il Mercure de France. In tale rivista viene pubblicata, nel 1801, Atala, un’originale creazione letteraria che conserva echi della concezione rousseuiana del ‘buon selvaggio’ e che viene accolta con molto favore. Nella novella è dominante la volontà di purezza della protagonista sullo sfondo di magnifiche descrizioni di una natura esotica; vibra in essa una sensibilità nuova nella quale si mescolano religiosità ed inquietudine, il desiderio sfrenato dell’amore giovanile e la pace solenne della fede; schiuse le porte al sentimentalismo, che non era una novità in assoluto, ma, a partire da quel momento, sotto il segno di una passionalità individualista. Nello stesso periodo egli dà alle stampe René, un’opera semi-autobiografica impregnata di una malinconia sognante, che diventerà un modello per gli scrittori romantici.
Chateaubriand, Germaine de Staël e Benjamin Constant sono i ‘padri fondatori’ del primo romanticismo, un movimento culturale e letterario non francese o tedesco o britannico, ma europeo, che contagia tutte le arti e supera la tradizione classica ed il razionalismo delle Lumières. Questa nuova sensibilità è certamente stimolata dall’influenza inglese. Il soggiorno a Londra avvicina sicuramente Chateaubriand a Burke, ai teorici antirivoluzionari, ma anche agli scrittori romantici. Il giovane impulsivo, curioso del mondo, infaticabile viaggiatore, è romantico sia per il suo talento che per i suoi eccessi.
Nell’aprile 1802 Chateaubriand pubblicò il Génie du Christianisme, che aveva in parte scritto a Londra, e di cui Atala e René erano degli episodi. Con quest’opera, probabilmente la sua più famosa, ispirata dal pensiero di Pascal, lo scrittore orientò le ispirazioni religiose di molti suoi contemporanei non più verso un vago cristianesimo o un deismo come quello proposto da Rousseau, ma verso la Chiesa Cattolica tradizionale, con i suoi dogmi, i sacramenti, i riti, le liturgie; abbatte contemporaneamente i pregiudizi che la Rivoluzione aveva fatto sorgere nei confronti del cristianesimo, associandolo alla barbarie, all’intolleranza oscurantista; al contrario, secondo Chateaubriand, il cristianesimo era favorevole all’arte ed alla poesia molto più del paganesimo. L‘opera apologetica – aspra critica alle aspirazioni illuministiche finite nel bagno di sangue rivoluzionario – il cui autore diventa l’écrivain de la foi, che difende a spada tratta la saggezza e la bellezza della religione cristiana, riscuote un grande successo.
Il 4 maggio 1803 Chateaubriand, che si era fatto apprezzare dall’entourage del Primo Console Napoleone Bonaparte, restauratore del cattolicesimo, sia pure con limiti, fu designato perché affiancasse il ministro plenipotenziario cardinale Fesch, zio di Napoleone, a Roma in qualità di segretario di legazione. Nel gennaio del 1804 fu promosso ministro plenipotenziario ed ebbe l’incarico di rappresentare la Francia presso la Repubblica del Vallese, in Svizzera. Lasciò quindi Roma per trasferirsi a Parigi in attesa di raggiungere la nuova destinazione, ma il 22 marzo 1804, venuto a conoscenza del rapimento, seguito dall’esecuzione, per ordine di Bonaparte, del duca d’Enghien, presentò le sue dimissioni. Passò quindi tra gli oppositori dell’Impero.
Chateaubriand concepì poi il progetto di una epopea cristiana, in cui sarebbero stati presenti il paganesimo ormai agonizzante e la religione nascente; egli stesso volle visitare i luoghi in cui avrebbe dovuto svolgersi l’azione, e nel corso del 1806 viaggiò attraverso la Grecia, l’Asia minore, la Palestina e l’Egitto. Nei primi mesi del 1807 attraversò la Spagna, ed al suo ritorno in Francia acquistò, indebitandosi parecchio, la Vallée-aux-Loups, una piccola tenuta di campagna a Aulnay (attualmente Châtenay-Malabry), a venti chilometri da Parigi, dove redasse Les Martyrs, pubblicato nel 1809. Dovette venderla nel 1817 per racimolare quattrini:
“La Vallée-aux-Loups, de toutes les choses qui me sont échappées, est la seule chose que je regrette; il est écrit que rien ne m’en restera”, scriverà nei Mémoires d’outre-tombe.
Gli appunti che l’autore aveva raccolto durante il suo viaggio formarono la materia de L’Itinéraire de Paris à Jérusalem del 1811. Lo stesso anno, Chateaubriand fu eletto membro dell’Académie française.
Chateaubriand accolse con entusiasmo il ritorno dei Borboni: il 14 aprile 1814 egli aveva pubblicato contro l’ormai ex Imperatore un virulento pamphlet, De Buonaparte et des Bourbons, di cui furono diffuse migliaia di copie. Inizia una brillante e caotica carriera politica, dove le sconfitte contribuirono alla sua gloria non meno che i successi…Nominato visconte (il titolo di conte era stato trasmesso al primogenito del fratello ghigliottinato nel 1793) eAmbasciatore di Francia in Svezia, non aveva ancora lasciato Parigi quando Napoleone fece ritorno in Francia nel 1815. Durante i Cento giorni, Chateaubriand seguì Luigi XVIII a Gand, divenendo uno dei membri del suo gabinetto. In quell’occasione gli trasmise il celebre Rapport sur l’état de la France. Il 9 luglio 1815, dopo la sconfitta del Bonaparte a Waterloo, fu designato Ministro di Stato.
Il successivo 17 agosto Chateaubriand fu nominato anche Pari di Francia; ma avendo attaccato, ne La Monarchie selon la Charte, l’ordinanza del 5 settembre 1816 che smembrava la ‘Camera introvabile’, cadde in disgrazia e perse la carica onorifica di Ministro di Stato. Si buttò allora nell’opposizione ultra-realista e divenne uno dei principali redattori del Conservateur, il più potente organo di quella fazione. Risale al 1817 l’inizio della sua relazione sentimentale con Juliette Récamier, amica di Madame de Staël, una delle donne più belle del suo tempo ed una figura chiave nell’opposizione al regime di Napoleone, grazie al suo celebre salotto, che fu un centro politico ed intellettuale. La relazione durò fino alla fine dei suoi giorni. Chateaubriand ebbe numerose altre relazioni, più o meno all’insaputa della moglie Céleste, con la quale convisse fino alla sua morte, nel 1847. Avventure passeggereo legami più duraturi che contrastano con la serietà ed il moralismo dei suoi scritti. Sul gran seduttore Chateaubriand si accumularono all’epoca pettegolezzi, dicerie e falsità, come quella di aver intrattenuto una relazione incestuosa con la propria amata sorella Lucile.
L’attentato e la morte del duca di Berry, figlio del conte d’Artois, il 14 febbraio 1820, lo riavvicinarono alla corte. Nel settembre redasse le Mémoires, lettres et pièces authentiques touchant la vie et la mort de S. A. R. (le) duc de Berry e, il 30 novembre, il visconte fu designato Ministro Plenipotenziario di Francia presso il regno di Prussia. Il 1º maggio 1821 Luigi XVIII gli restituì la dignità di Ministro di Stato e lo nominò cavaliere della Legion d’Onore. Il 21 dicembre 1821 fu quindi nominato Ambasciatore presso la Corte di San Giacomo, a Londra. Il ruolo politico di Chateaubriand fu assai rilevante nella questione riguardante la restaurazione del potere assoluto di Ferdinando VII, re di Spagna, ed il rovesciamento del governo liberale. Chateaubriand, infatti, fu uno dei due plenipotenziari francesi che, al Congresso di Verona, ottennero il consenso delle potenze continentali alla Spedizione di Spagna. Il 28 dicembre 1822, al suo rientro in Francia, ottenne il portafoglio di Ministro degli Affari Esteri.
In quel periodo, specialmente, egli fece incetta di onori ed onorificenze: già Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine di San Luigi nel 1814, fu insignito, tra le altre, del Supremo Ordine della SS. Annunziata dal re di Sardegna, del Toson d’Oro di Spagna, di Sant’Andrea dallo zar russo, di San Michele e dello Spirito Santo dal re di Francia, dell’Ordine del Cristo portoghese, dell’Aquila Nera dal re di Prussia, dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme dal Pontefice.
L’avventura spagnola si concluse con un successo grazie alla conquista di Cadice nel 1823. Ma a causa di dissapori con il Capo del governo Jean-Baptiste de Villèle, suo ex alleato, il 6 giugno 1824, poco prima dell’avvento di re Carlo X, egli fu rimosso dall’incarico. Passò subito nell’opposizione, ma stavolta per unirsi al partito liberale, e combatté ad oltranza il ministero Villèle, sia dal suo scanno alla Camera dei Pari, sia dalle pagine del Journal des débats. Si mostrò a quell’epoca come un difensore accanito della libertà di stampa e della indipendenza della Grecia, cosa che gli diede grande popolarità. In effetti Chateaubriand fu un convinto legittimista, un conservatore, un antimoderno, ed allo stesso tempo un fautore delle libertà proprie di un regime liberale, all’inglese. Pur se il suo pensiero politico non fu lineare egli non fu un nostalgico dell’Ancien Régime, un teorico della reazione. Elegante, raffinato, il visconte non era certo un mistico insensibile alla fama, alla notorietà, e neppure modesto. Malignamente Talleyrand dirà di lui: «Monsieur de Chateaubriand croit qu’il devient sourd car il n’entend plus parler de lui».
Alla caduta del de Villèle, Chateaubriand fu nominato, il 1º giugno 1828, Ambasciatore a Roma presso la Santa Sede.Per non molto tempo, al solito. Il 30 agosto 1829, a seguito dell’avvento del ministero Polignac, diede le dimissioni. Sempre più in contrasto con i partiti conservatori, disilluso sull’avvenire della dinastia, il visconte si ritirò dalla vita politica all’instaurazione della ‘Monarchia di Luglio’ nel 1830, allorché Luigi Filippo d’Orléans -figlio del regicida Philippe Égalité – diventa Re dei Francesi; dimettendosi dalla Camera dei Pari, dopo aver pronunciato il 7 agosto un memorabile intervento. Non giura lealtà al nuovo sovrano e rinuncia anche alla dignità di Ministro di Stato, perdendo,quindi, ogni fonte di reddito. Il denaro non era certo la prima preoccupazione dell’irruento aristocratico, che poi farà visita a Carlo X in esilio, a Praga. Ben prima venivano le lettere, i viaggi, la botanica e, naturalmente,… le sottane! A seguito di quella visita pubblicò un Mémoire sur la captivité de la duchesse de Berry nel 1833, a causa della quale subì anche un breve arresto.
Dirà nel 1831, con la solita franchezza:
«Quant à moi, qui suis républicain par nature, monarchiste par raison, et bourbonniste par honneur, je me serais beaucoup mieux arrangé d’une démocratie, si je n’avais pu conserver la monarchie légitime, que de la monarchie bâtarde octroyée de je ne sais qui» (De la nouvelle proposition relative au bannissement de Charles X et de sa famille, 1831).
Chateaubriand si ritira dalla politica dopo aver conquistato un posto nel pantheon dei maggiori letterati francesi d’ogni tempo. I suoi detrattori gli hanno rimproverato uno stile ampolloso ed una vanità eccessiva. Così come una religiosità troppo impregnata di estetica. Al lettore odierno ripugnano alquanto il suo fervore retorico, la dizione solenne e sonora, ma, ancorchè aulico, il suo stile rimane quasi perfetto, insuperabile. Passò i suoi ultimi anni a Parigi in compagnia della moglie Céleste, alla cui morte, nel 1847, riconoscerà, con un po’ di cinismo:
«Je dois une tendre et éternelle reconnaissance à ma femme dont l’attachement a été aussi touchant que profond et sincère. Elle a rendu ma vie plus grave, plus noble, plus honorable, en m’inspirant toujours le respect, sinon toujours la force des devoirs».
Riceveva le visite degli ammiratori, liberali e romantici per lo più. Nonostante ch’egli fosse un conservatore, la sua personalità di grande enchanteur riscuoteva, infatti, ammirazione anche nella parte politica opposta. Victor Hugo aveva detto, quattordicenne aspirante al Parnaso, mitologica residenza delle Muse: « Je veux être M. de Chateaubriand ou rien». «Noi siamo tuoi figli. Le tue idee, le tue passioni, i tuoi sogni non sono più solo i nostri, ma tu ci hai indicato la strada e seguiamo le tue tracce! », proclameràil sommo critico Charles–Augustin Sainte-Beuve. Il mondano abate Arthur Mugnier scriverà dal canto suo, quale aspirazione massima:
«Oh! Être dans un vieux château assis près d’un bon feu avec des fenêtres donnant sur de grands et vieux arbres moussus et lire seul, tranquillement toute une correspondance intime et inédite de Chateaubriand! Ce serait une volupté suprême».
Il visconte si recava quasi ogni giorno, dall’appartamento au rez-de-chaussée de l’Hôtel des Missions Étrangères, au 120 rue du Bac, al convento poco distante dell’Abbaye-aux-Bois, dove risiedeva Juliette Récamier, cui rimase legato fino all’ultimo. Nel salotto della Récamier, dove faceva bella mostra di sé il ritratto di Chateaubriand di Girodet De Roussy-Trioson, si riuniva l’élite del mondo letterario. La sua ultima opera pubblicata in vita sarà, nel 1844, la Vie de Rancé, riformatore della Trappe, ordine cistercense di stretta osservanza, scritta su suggerimento del suo confessore.
Chateaubriand, che aveva cominciato a scrivere nel 1811le sue memorie, si rimise al lavoro e portò a termine la sua opera monumentale. Essa fu intitolata Mémoires d’outre-tombe, vasto progetto ed affresco autobiografico di trent’anni di vita. Queste memorie sarebbero dovute apparire in pubblico solo 50 anni dopo la sua morte; tuttavia, spinto da quella necessità di denaro che lo perseguitò per tutta la vita, ne cedette i diritti nel 1836 ad una società di estimatori che gli assicurò un congruo sostentamento economico per il resto dei suoi giorni, fissandone la pubblicazione al suo decesso. Ne usciranno degli estratti e poi ben 12 volumi, tra il ’49 ed il ’50.
Victor Hugo ricorderà che all’inizio del 1847Chateaubriand era rimasto semi paralizzato e Madame Récamier era ormai cieca. Tutti i giorni, alle tre pomeridiane, il vecchio scrittore, lucido solo a tratti, si faceva portare presso il letto dell’amata: “La femme qui ne voyait plus cherchait l’homme qui ne sentait plus”. La donna gli sopravviverà dieci mesi.
François-Rene de Chateaubriand morì il 4 luglio 1848 al N.120 di Rue du Bac, quasi ottantenne, facendo quindi in tempo ad assistere alla caduta del detestato Luigi Filippo,travolto dalla ‘Rivoluzione di Febbraio’. Con lui finiva la monarchie bâtarde ed aveva inizio la II Repubblica, che ebbe corta e travagliata esistenza.
La salma fu trasportata a Saint-Malo e sepolta di fronte al mare, secondo la sua volontà, sulla rocca del Grand Bé, propaggine romantica situata sulla rada della città natale, alla quale si accede a piedi da Saint-Malo, una volta che la marea si è ritirata. “Éternellement tourné vers la mer et la tempête dont le bruit berça mon premier sommeil”, come disse lo scrittore al scegliere il luogo della propria sepoltura.
Uomo della tradizione, Chateaubriand non era peraltro ottimista e fu buon profeta:
«Io non credo nella società europea. Fra cinquant’anni non ci sarà più un solo sovrano legittimo, dalla Russia alla Sicilia, non prevedo che dispotismi militari. E tra cent’anni…può darsi che noi stiamo vivendo non solo nella decrepitezza dell’Europa, ma in quella del mondo»
(dai Mémoires d’outre-tombe).
L’anniversario della sua nascita sarà ricordato e festeggiato con esposizioni ed iniziative culturali, in vari luoghi, con la cura e la passione con la quale i francesi onorano i figli illustri della loro patria a partire da Saint-Malo e Combourg. E nella residenza amata, al cui giardino dedicava cure maniacali, dov’egli iniziò la redazione dei Mémoires d’outre-tombe, Vallée-aux-Loups a Châtenay-Malabry: “Goethe-Chateaubriand, regards croisés devant les paysages”.
Quando viaggiare non era né agevole, né comodo e per questo aveva un senso! Non mancherà Roma, città particolarmente amata dal visconte bretone. Il Lycée Chateaubriand, prestigiosa istituzione educativa, vi è stato creato fin dal 1903, per iniziativa dell’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede. All’Università di Roma–Tre,Guy Berger, presidente della Société Chateaubriand di Saint-Malo disserterà ad ottobre su “Chateaubriand, Rome et l’Europe”.
Il 4 settembre 1768 nasceva François-René de Chateaubriand: 250 ans, ça se fête!