Napalm51 non frequenta Twitter. Nè è diventato così cinguettando. Questo è poco ma sicuro. Se nei Paesi di cultura angloamericana si utilizza molto questo social, in quelli latini – tra cui l’Italia – ci si scanna (virtualmente) su Facebook. Magari su Instagram ma di sicuro non su Twitter. Perciò è ben poco probabile che si riescano a mutare, manipolare, plasmare le coscienze pubbliche e private accedendo a un social che, piano piano, s’è fatto sempre più una nicchia per addetti ai lavori.
Basta farsi un giro in strada, chiedere a qualcuno alla fermata del tram. In tanti risponderanno di averlo provato e di aver poi desistito. Moltissimi altri, invece, non vi si sono proprio avvicinati. È un luogo del quale s’ha conoscenza perché ne parla la tv o perché i profili polemici che impazzano su Facebook postano schermate di sagaci risposte a questo o a quell’altro avversario. Un posto in cui, per dirla in termini sicuramente poco aulici, gli attori del mondo della comunicazione (dai giornalisti ai politici, dagli addetti stampa agli autori tv e a prescindere dagli schieramenti) se la cantano e se la suonano da soli
Lo ha confermato, in un’interessante intervista al Fatto Quotidiano, Andrea Barchiesi che è esperto del settore nonché amministratore delegato di una società che si occupa di intelligence in rete e di reputazione sul web. E commentando, dal punto di vista dell’esperto di dinamiche social, la notizia relativa all’inchiesta sulle offese al presidente della Repubblica Mattarella e il presunto coinvolgimento di hacker e troll russi, ha spiegato che “Twitter non è la parte più aggressiva (dei social ndr) ma è la parte che arriva direttamente a politici, giornalisti e opinion maker. Arriva a quei soggetti che poi creano un’onda emotiva. Non alle persone comuni ma a chi prende le decisioni. È come un tiro mirato”.
In buona sostanza, Twitter – direttamente – non influenza (quasi) nessuno. Ma esercita il suo fascino sugli addetti ai lavori del mondo della comunicazione che su questo social costruiscono (parte) della loro visione della realtà.
Il suo potere di plasmare le coscienze è infinitamente minore a quello di Facebook e persino di Instagram, il social delle fotografie su cui invece passano molto tempo la stragrande maggioranza di cittadini italiani (e perciò decine e decine di politici hanno iniziato a iscrivercisi) a farsi consigliare creme di bellezza e posti di villeggiatura da tizi (più o meno) famosi.