Non è da sottovalutare l’ultimo libro di Miro Renzaglia, Residui di Stato – Terrorismo, Immigrazione, Debito, Internet; uscito recentemente per Castel Negrino.
Anzi, esso risulta lavoro di grande interesse poichè capace di innovare una delle intuizioni sociologiche fondamentali nello studio della globalizzazione. Se infatti Debord e Pasolini indicavano nella società dello spettacolo il frame dentro il quale osservare la società capitalistica, atomizzata, di-stratta e di-vertita, e governata attraverso la separazione fra la vita e le immagini dello spettacolo, Renzaglia offre una chiave di lettura attualizzata.
Se la società dello spettacolo era la società televisiva, è la società dello psicodramma il risultato della società iperconnessa; nella Rete la separazione svanisce del tutto, i social mescolano gli autori, gli attori, gli spettatori e le comparse dei grandi drammi mondiali. Qui, nel settimo continente, ciascuno è psicologicamente connesso all’altro; se quindi Debord denunciava i meccanismi di creazione/organizzazione del desiderio, nel suo lavoro Renzaglia analizza la paura e l’ansia quali meccanismi di controllo delle decisioni collettive.
Non è un caso che terrorismo, immigrazione e debito siano le grandi aree tematiche dentro le quali si evidenziano gli psicodrammi individuali e collettivi attraverso cui si snoda l’attuale dibattito pubblico; ciò che resta, in senso appunto residuale, degli stati nazione, entra in conflitto con la realtà dei fatti causata dal medesimo percorso storico della società occidentale.
Renzaglia non dà scampo, in questo senso, all’Occidente liberaldemocratico, ed in coerenza con un pensiero rigorosamente terzista fra destra e sinistra, denuncia la società dello psicodramma populista come destinata a scomparire di fronte ai grandi rivolgimenti dello Stato mondiale nascente.
Vi è nel libro, quindi, una certo distacco analitico ed un cauto ottimismo jungeriano: l’uscita dalla storia, la globalizzazione della Cosa Pubblica, l’accelerazione tecnologica della Rete sembrano per l’autore un destino ineluttabile e, tutto sommato, preferibile al totalitarismo psicodrammatico dentro il quale oggi viviamo.
Risplende così quel che lo stesso Junger affermava in via ultimativa nelle righe dello Stato Mondiale: non si tratta di porre resistenza, ma di capire cosa si sarà in grado di portare all’interno della casa nuova. Allo sforzo di comprensione e ricerca del quid, Renzaglia offre il suo prezioso contributo.
*”Residui di Stato – Terrorismo, Immigrazione, Debito, Internet” di Miro Renzaglia per Castel Negrino