Comunque vada sarà un successo. Che si concretizzi o meno la nomina a presidente Rai di Marcello Foa, i sovranisti hanno già raggiunto un risultato importante. Impensabile, in altri tempi. Quello di aver messo in discussione lo status quo, quella norma non scritta e non detta secondo cui, alla dirigenza della tv di Stato, mai e poi mai sarebbe stato possibile anche solo accostare un nome lontano da quello dei circuiti politici e istituzionali noti.
Che adesso ci sia fuoco di fila su Foa è normale, anzi doveroso. È il gioco delle parti, il valzer della politica che di questo campa. Accuse fortissime, scandali ventilati che domattina saranno già scordati a favore di una nuova battaglia d’indignazione. Cose che interessano ben poco nelle famigerate stanze dei bottoni, per carità. Probabilmente, parlando di politica “vera”, complice la posizione ostile di Forza Italia che continua a voler “staccare” la Lega dal M5S, l’ex caporedattore Esteri per Il Giornale non avrà i numeri per ascendere alla poltrona. Oggi ci sarà il voto decisivo in Commissione Vigilanza, dopo quello positivo di ieri in consiglio d’amministrazione.
Poco male, però. Non ci sarà da fasciarsi la testa per il mondo identitario. Perché, nel caso, potrebbe contare su ben due consiglieri d’amministrazione dal momento che nel CdA Rai è stato indicato anche Giampaolo Rossi che, come emerge in queste ore, potrebbe addirittura correre lui per la presidenza.
Non c’è da arrabbiarsi, dunque. Chi deve, combatta. Fatto sta che la Lega di Salvini (su questo affiancata anche da Fdi) ha scardinato un altro tabù, ha assestato un colpo all’intoccabilità di certe cariche, ha avvicinato i sovranisti all’unica, vera, sfida che debbono vincere: quella di dimostrarsi capaci del governo, di trasferire nella realtà politica le parole della campagna elettorale.
Comunque vada, perciò, sarà un successo. Che sia Foa o meno il nuovo presidente.
AGGIORNAMENTO. La Commissione Vigilanza Rai ha appena rigettato la nomina a presidente Rai di Marcello Foa. I membri indicati da Partito democratico, Liberi e Uguali e Forza Italia hanno lasciato l’aula prima del voto, “negando” a Foa il quorum decisivo acché fosse valida la sua elezione. Un fatto politico, prima ancora che burocratico che sarà foriero di ripercussioni sui rapporti tra partiti e leader.