Uno dei più bei miracoli dell’arte è il nascere di poesia dalla poesia, di figura dalla figura, di musica dalla musica: quel che gli antichi sintetizzano nella sentenza dell’artifex artifici additus. Ennio compone gli Annali quale omaggio insieme ed emulazione di Omero. Lucrezio, autore del più grande poema scientifico mai composto, La natura, rende omaggio a Omero e Ennio e li emula. Virgilio crea l’Eneide quale omaggio insieme ed emulazione a Omero, a Ennio, a Lucrezio. Gran parte della poesia epica successiva è un omaggio ed emulazione a Virgilio, e il conto enorme va da Dante all’Africa di Petrarca (un capolavoro latino sovente sottovalutato), al poemetto Sarca di Pietro Bembo (un capolavoro latino per lo più ignorato), alle due Gerusalemme di Tasso, che di Virgilio si considerava figlio. E così Camoes con la Lusiade. Di più: Virgilio diviene il modello per ogni tipo di successiva poesia, in ogni lingua; l’ultimo dei grandi poeti latini, Pascoli, ancora da lui rampolla.
Fra i miei libri di una vita è Virgilio nel Medio Evo di Domenico Comparetti. Quest’opera fondamentale si ferma a Dante. Ma la sua fiaccola venne raccolta e la fiamma arse luminosamente. Questa storia mostra la ricchezza di una universitas delle lettere e della cultura la quale è il vero seme della fratellanza fra etnie e popoli diversi. Vladimir Zabughin si laureò a Pietroburgo con una tesi su Simmaco, scritta in latino ciceroniano. Si trasferì in Italia; poliglotta, s’ inserì nella nostra Università, sotto l’auspicio di grandi come Nicola Festa, Ettore Romagnoli e Remigio Sabbadini. Durante la Prima Guerra Mondiale, lo Stato Maggiore italiano lo inviò nella sua patria con la missione di caldeggiare presso Kerenskij, del quale era amico, una più forte offensiva russa in Galizia, per alleggerire la fronte alpina orientale; ma vi giunse in piena Rivoluzione, dalla quale si salvò a stento. Divenuto italiano, diede alle stampe nel 1921 presso la Zanichelli, che Carducci aveva reso l’editrice elettiva della cultura classica, Vergilio nel Rinascimento italiano. Da Dante a Torquato Tasso. Due anni dopo, quarantatreenne, morì per un incidente alpinistico.
Zabughin scrive in italiano: un italiano dotto, elegante, corsivo; e la sua pagina luminosissima è piena anche d’un’ironia che a tratti diresti cechoviana. Dalla sua sapienza si resta abbagliati, ma il suo stile rende piacevole qualsiasi arduità. Il suo Vergilio nel Rinascimento non dovrebbe mancare nella biblioteca di ogni persona amante della poesia. E racconto di come sono venuto a conoscenza della sua recente (2017) ripubblicazione (pp. 453, euro 35). Esiste a Napoli, e ha sede a pochi passi da casa mia, una piccola casa editrice, La scuola di Pitagora. In “internet” è possibile sfogliare il selezionatissimo catalogo, del quale fanno parte due classici dell’umanesimo cinquecentesco, il Thesaurus graecae linguae di Henricus Stephanus (9 volumi) e il Thesaurus linguae latinae (2 volumi) del Gesner. Il Zabughin è curato da Bruno Basile, che vi premette una splendida introduzione, e da Gerardo Fortunato. Ma io, dopo aver letto nel 2013 l’importante libro di Mario Andrea Rigoni Il materialismo romantico di Leopardi, da questo editore pubblicato, da sciocco m’ero dimenticato dell’esistenza de La scuola di Pitagora. A farmela tornare alla mente è stato un libello dello stesso Rigoni, appena uscito, Una rivelazione minacciosa: il nostro scrittore vi si dimostra il degno fratello del suo amico Cioran, da lui in Italia introdotto.
*Da Il Fatto Quotidiano