Un’estate bruttissima. Dopo Bari e Cesena anche la Reggiana sparisce dal calcio professionistico. I granata non saranno iscritti alla serie C. Una “morte” sportiva che fa malissimo anche perché piomba, tra capo e collo di tifosi e appassionati, a due mesi dal 100esimo anniversario del club emiliano.
Altro giro, altra corsa: ma la storia è sempre la stessa. Un comunicato stringato e asciutto, quasi un necrologio, scolpisce la lapide reggiana: “La Reggiana Calcio comunica che in data odierna non presenterà ricorso in merito all’esclusione dal campionato di serie C, poiché sono caduti i presupposti per la cessione del pacchetto di maggioranza al gruppo referente a Pablo Victor Dana”.
Il patron della squadra, l’ex campione americano di baseball Mike Piazza ha rinunciato quindi a proporre il ricorso contro l’esclusione decretata dalla Covisoc e, intanto, le trattative incardinate con il finanziere Pablo Victor Dana – che sarebbe stato interessato a rilevare il 60% delle quote sociali – sono andate a farsi benedire. Dana, origini ferraresi, era già noto al pubblico sportivo italiano: fu tra gli intermediari della trattativa per il Milan tra Silvio Berlusconi e l’imprenditore tailandese Bee Taechaubol.
La Reggiana era stata anche al centro di un altro caso, quello dello stadio che il Sassuolo utilizza per la Serie A con la denominazione di “Mapei Stadium”. Gli ultras erano ormai stufi della coabitazione forzata con i neroverdi, poi – nei mesi scorsi – la grana dell’affitto dell’impianto è scoppiata in tutta la sua virulenza, opponendo la società italoamericana al Comune.
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Finisce nel peggiore dei modi, dunque, l’ennesima storia di pallone nella provincia italiana. Stritolato dalle logiche e dalle scelte sballate di dirigenze evidentemente non all’altezza del ruolo che s’erano scelte di assumere. Piazza, divo chiacchieratissimo e sopra le righe dello show-biz sportivo americano, voleva comprarsi il Parma poi decise di ripiegare sulla Reggiana. Il suo arrivo, a giugno di due anni fa, fu salutato con l’entusiasmo del ritorno in paese dello zio d’America, quello che s’è tolto dalla faccia gli schiaffi della miseria.
Ai proclami di vittoria e di potenza ha fatto seguito la scena che, in queste ore, racconta – meglio di ogni altro tuitt, video o conferenza stampa – l’anima del futbol. Un tifoso, coi capelli bianchi, che abbraccia la bandiera granata. Non può finire così. Non può, il calcio italiano, continuare così.
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