C’è un riflesso pavloviano quando sui giornali spunta qualsiasi campagna moralizzatrice. C’è una ripulsa fortissima appena ci si accusa, a nostra insaputa, di qualsiasi peccato (mortale ché di veniali non ce ne sono più) che finisca in –ismo.
L’ultimo, in ordine di tempo, è quello che riguarda la Fifa. Il massimo organo del calcio avrebbe intenzione, stando a quanto riporta l’Associated Press, di evitare che sugli spalti dei mondiali vengano riprese le tifose sexy perché le telecamere che indugiano su di loro si farebbero veicoli di intollerabile sessismo.
La notizia ha suscitato un coro di indignate polemiche, di peana alla libertà di costume e di pensiero. Però la questione merita di essere pensata un momento in più. A costo di essere impopolari.
In prima battuta occorre dire che davvero non se ne può più dei pittoreschi tifosi da mondiale, i “clienti” del sistema globalizzato del pallone, quelli sponsorizzati dalle lobby del body-painting (esisteranno? Boh!) che si tingono di mille colori e si presentano agli stadi travestiti in mille modi differenti. Roba che, se provassero a farlo in qualsiasi stadio della nostra sfigata penisola, si troverebbero fermati, daspati e perquisiti da battaglioni di steward a piedi e cavallo.
Queste note di colore, quelle che riempiono di clic i siti sportivi di tutto il mondo, rappresentano un affare. Al punto che alcuni di questi tifosi ultravariopinti – dei quali noi sentiamo ormai stanchezza – sono diventati famosi (più o meno), qualcuno s’è aperto un blog, qualche altra (specialmente le signore wags, compagne-mogli-fidanzate persino sorelle dei calciatori) s’è messa a fare l’influencer. E a fatturare soldoni.
Insomma, fenomeni ultramoderni che calzano a pennello per un movimento che punta a capitalizzare tutto e, se potesse, venderebbe anche l’aria degli stadi. Che col calcio, quello che piace a noi, non c’entrano proprio niente.
Ma la saggezza popolare, che ha fatto la fortuna di qualche politico che ormai ci guarda frignare dal mondo della verità, ci consiglia che, seppur si fa peccato, a pensar male a volte la si azzecca. Tutto
E allora bisogna chiederci se c’entri qualcosa il fatto che, dopo la finale di Russia, il carrozzone mondiale si darà appuntamento fra quattro anni nel deserto rovente del Qatar. C’entra qualcosa? Chissà.