Non solo Fornero, flat tax, migranti, Sud e “Lega delle leghe” in vista delle prossime europee. L’ondata blu nazionale dei sessantamila di Pontida, forse, passa anche da un rinnovamento culturale. Nel suo lungo discorso, Matteo Salvini – prima in bermuda e maglietta del neonato movimento “Giovani Lega”, poi, sul palco, in camicia bianca – ha ridisegnato parte dell’immaginario di riferimento del nuovo leghismo, legittimando e recuperando figure non imbrigliate nei vecchi steccati.
Sotto l’egida delle intuizioni di Miglio, evocate a gran voce anche ieri, il superamento post-ideologico della vecchia stagione – Bossi e Maroni i grandi assenti – si è inaugurato con il richiamo alla figura di Simone Weil. Della filosofa francese, “lontana da ogni accusa di populismo o marzianismo”, il leader del Carroccio ha ripreso due passi nodali: da un lato l’idea che “i doveri vengano prima dei diritti” e, dall’altro, che è “criminale ciò che sradica un essere umano”. E questa non è stata la sola pennellata comunitarista: qualche minuto dopo è stato chiamato in causa Adriano Olivetti e l’umanesimo esemplare del movimento Comunità, proprio in questi giorni che hanno visto trionfare Ivrea come patrimonio dell’umanità. Linea dura sulla lotta alla mafia, anche qui con una novità: accanto a Falcone e Borsellino c’è stato il ricordo della morte del “giudice bambino” Rosario Livatino, “un giudice integro, onesto, coraggioso, che non andava in tv, non faceva interviste sui giornali, non ha fatto milioni di euro grazie all’antimafia delle parole”. Spazio all’ormai consueto omaggio al mondo conservatore – il tema è sempre il “diritto a non emigrare” di Benedetto XVI. Poi, con in mano un rosario “confezionato da una donna nigeriana sfruttata e illusa”, la chiusa leggera, con il “se puoi sognarlo, puoi anche farlo” di Walt Disney.