A cinque anni dall’annus horribilis della destra italiana, costretta a fare i conti con la sconfitta elettorale e la diaspora politica, i nuovi scenari nazionali, segnati dalla nascita del governo giallo-verde, impongono una riflessione generale sulle identità e le strategie del centrodestra o almeno di quel che rimane.
In particolare del ruolo di Fratelli d’Italia, erede di una tradizione culturale e politica dalle radici profonde e nobili, ma che ha oggettivamente la necessità di trovare una rotta.
Troppi i cambiamenti di percorso, le repentine frenate e le accelerazioni nei tre mesi di vuoto governativo, seguito al voto di marzo: dalle critiche contro il partner leghista, accusato di connivenza con il “nemico” pentastellato (la solita sindrome da otto settembre) all’ astensionismo, tutte le opzioni sul tappeto sono state declinate. A pagarne le conseguenze l’immagine di un partito sempre sul filo del 4%, oggi schiacciato tra l’opposizione “non pregiudiziale, ma senza sconti” di Forza Italia ed un populismo di governo, a trazione leghista, tutto da verificare. La domanda sul “che fare ?” è perciò d’obbligo all’interno di un ambiente già segnato dall’effervescenza salviniana, pronta a drenare non solo consensi quanto quadri dirigenti ed eletti, specie in periferia.
Nel Dna della “destra all’italiana” c’è l’idea fusionista che Giovanni Sartori poneva alla base del fascismo: “Mutuano da nazionalismo miti e simboli combattentistici e autoritari, dal socialismo la spinta partecipazionistica e la polemica anti-capitalista, dal centro l’esigenza di una stabile governabilità”. Da lì bisognerebbe partire a livello simbolico. Non certo per riperpetuare modelli ed esperienze già viste, quanto per ritrovare l’essenza di un percorso politico che sappia essere simultaneamente nazionale e sociale, identitario e partecipativo, meritocratico ed inclusivo.
Giorgia Meloni ha dichiarato che mette a disposizione del nuovo governo le oltre cento proposte di legge depositate da Fdi in Parlamento. Il problema vero è ora di trasformare quelle proposte in strumenti politici, in parole d’ordine, intorno a cui mobilitare l’opinione pubblica ed impegnare il nuovo esecutivo.
In sintesi: tornare a quelle idee lunghe, al “disegno generale” di sistema su cui – per decenni – si sono misurate le forze politiche (da destra a sinistra), uscendo finalmente fuori dalla politica spot e “ad effetto”, che sembra caratterizzare, con alterne fortune, l’attuale stagione politica.
Meno tatticismi e più strategie di fondo, insomma, per la destra politica. Su questi crinali si giocano i destini del Paese e la possibilità, per chi si sente portatore dell’Idea Nazionale, di svolgere ancora un ruolo da protagonista. Pena un’irreversibile tramonto.